Andando a disegnare alla fine dell'incontro un arcobaleno completo, si dipanano come fossero i raggi che scompongono un fascio di luce quando colpisce un prisma triangolare, le risposte degli esperti alla domanda 'perché insilare?'. Il primo a rispondere è Gianfranco Sartoretto, consulente nutrizionale, che spiega come produrre insilati rappresenti innanzi tutto un modo per valorizzare le produzioni aziendali. "Gli alimenti autoprodotti" spiega l'esperto, "sono la prima e principale risorsa in grado di generare una riduzione del costo di produzione del latte e della carne". 

L'obiettivo è produrre alimenti di qualità ad un costo ragionevole; costo che come spiega Paola Amodeo, specialista SATA, nell'alimentazione dei bovini, sommato a quanto speso per la quota acquistata esternamente, grava sul costo totale di produzione del latte per un 53-55 per cento. 

Scegliere attentamente le sementi, l'epoca di semina e la corretta fertilizzazione sono i primi passi verso un alimento di qualità; tagliare e raccogliere alla giusta epoca, stoccare correttamente e coprire adeguatamente, gli altri consigli di Sartoretto che ragionando sui numeri del mais - 180 giorni di ciclo vitale in campo, 3 giorni per 'fare bene o fare male' e 365 per consumarlo in azienda - punta l'attenzione sull'importanza strategica di quei 3 giorni cardine in cui le scelte fatte condizioneranno, senza rimedio, il risultato finale. "Controllare il meteo, lo stadio fisiologico della panta, la preparazione dei silos e delle trincee, una copertura adeguata, il giusto additivo e una corretta gestione dei prelievi, rappresentano le aree chiave della produzione di insilati" spiega Sartoretto. "La qualità dell'insilato", aggiunge Nicole Hocke, Business Manager Italy di Lallemand Animal Nutrition, "dipende da una rapida acidificazione della massa e dalla capacità di creare rapidamente un ambiente anaerobico così da impedire la proliferazione di muffe e lieviti. Un importante aiuto può derivare dall'impiego di un inoculo che, inoltre, rappresenta un alleato strategico anche quando andiamo ad aprire il silos facendo inevitabilmente entrare l'ossigeno che favorisce lo sviluppo di lieviti e muffe. Non tutti i foraggi sono però uguali", spiega Hocke, che ricorda l'importanza di procedere con estrema serietà nella scelta dell'inoculo. "Le problematiche di acidificazione, conservazione e stabilità degli insilati" continua, "sono diverse in base al foraggio ed al loro contenuto in sostanza secca. La velocità di acidificazione dipende tanto dalla capacità tampone quanto dal contenuto di zuccheri del nostro foraggio. Nel silomais ad esempio, abbiamo un grosso contenuto di zuccheri e per portare il pH da 6.5 a 4 basta un 2 per cento di acido lattico; se" continua, "abbiamo a che fare con erba medica, serve addirittura di un 6 per cento di acido lattico per arrivare al giusto pH. Il trattamento con ceppi batterici adeguati aumenta dunque la stabilità aerobica, riduce le perdite in sostanza secca, aumenta la sicurezza sanitaria e migliora il valore nutritivo degli insilati". L'altro problema, spiega Hocke, è la stabilità aerobica cioè all'apertura del silo, funzione principale del quantitativo di sostanza secca; maggiore sarà il contenuto in ss più difficile è compattare la massa.

"Il fondamento della conservabilità del foraggio insilato in trincea", afferma Mauro Buda, Product Manager dell'unità di Business Agricoltura di Sivam-Sun Company, "è l'anaerobiosi. Per ottenerla occorre comprimere la massa fino ad almeno una densità che superi i 650 chili per metro cubo; un compattamento insufficiente può portare a perdite per respirazione dell'ordine del 10% contro una percentuale dell'1-2 ottenibile in situazioni ideali di compattamento. Per questo" spiega Buda "si deve procedere per strati sottili ed uniformi di 20 centimetri al massimo oltre a scegliere un adeguato telo di copertura ed i giusti appesantimenti. Anche per questi ultimi bisogna considerare che la compressione minima richiesta è di 100 chili per metro quadrato, non certo ottenibile, come spesso accade, con i pneumatici che esercitano un peso di 30 chili per metro quadrato. Sarà necessaria" conclude l'esperto, "una copertura di ghiaia o in quadrelli di cemento capaci di esercitare pressioni fino a 150 chili per metro quadrato". 

Si può dunque concludere, che una scialuppa di salvataggio per i conti sempre più negativi delle aziende da latte, che come spiega Paola Amodeo si sono ridotte dal '97 ad oggi di 50mila unità (a dire una riduzione del 60 per cento sul totale Italia) e che stando alle previsioni continueranno a contrarsi fino al 2020, è data da un alimento di qualità prodotto in azienda. Condizione necessaria perché questo sia vero è quella di possedere una giusta conoscenza dell'alimento di cui si dispone. "Avere a disposizione foraggi di qualità ci permette di somministrare razioni con più foraggio, puntando a razioni con il 60 per cento di ss, a patto però di mantenere gli adeguati apporti energetici e nutritivi" spiega Amodeo. Per conoscere la qualità reale del nostro alimento, spiega l'esperta, "si devono valutare parametri chimici, fermentativi, di inquinamento da micotossine ed il valore nutritivo che, parlando di foraggi, è rappresentato dalla digeribilità della fibra. Le analisi chimiche, ormai affidabili e disponibili a bassi costo" prosegue, "dovrebbero essere fatte ad ogni apertura di trincea, durante l'uso della trincea e addirittura, una volta a settimana quelle della sostanza secca. Completamente inutile ed obsoleto il parametro della fibra grezza che ancora si vede in molte analisi. Di fondamentale importanza, invece, conoscere il pH e la proteina. Di quest'ultima, mi occorrerà sapere quanta è solubile e quanta è bypassante. Nel caso dei foraggi è sufficiente conoscere la proteina grezza, nel caso dei concentrati no; nei cereali è importante la degradabilità dell'amido che rappresenta un discorso primario per la valutazione di un silomais. Estremamente importante, poi, valutare l'ammoniaca e l'etanolo presenti" conclude Amodeo. 

Tanta la responsabilità dunque, che l'incontro lascia nelle mani dell'alimentarista, oggi più che mai, tassello fondamentale per il mantenimento dell'equilibrio tra costi i di produzione e la produttività aziendale.