La pregiudiziale era stata sollevata da un allevatore olandese penalmente accusato di detenere i vitelli con modalità incompatibili con le disposizioni europee: 'i vitelli non debbono essere legati, ad eccezione di quelli stabulati in gruppo che possono essere legati per un periodo massimo di un'ora al momento della somministrazione di latte o succedanei del latte. Se si utilizzano attacchi, questi non devono provocare lesioni al vitello e debbono essere regolarmente esaminati ed eventualmente aggiustati in modo da assicurare una posizione confortevole agli animali. Ogni attacco deve essere concepito in modo tale da evitare il rischio di strangolamento o ferimento e da consentire ai vitelli di muoversi'. Dinanzi al giudice del rinvio l'allevatore aveva sostenuto che i vitelli, stabulati individualmente in recinti di mt 2,50 x mt 1,20 provvisti di tettoia, erano legati per il collo con una corda di circa tre metri di lunghezza e quindi non potevano essere considerati 'legati', data la legatura di una lunghezza di circa tre metri, che consente loro una certa libertà di movimento. Di diverso parere la Corte che, nel fornire una interpretazione alla condizione di legatura, ha osservato che nel determinare il significato del verbo 'legare', occorre, in mancanza di una corrispondente definizione nella direttiva 91/629 modificata, fare riferimento al senso generale e comunemente ammesso del termine e che, in caso di difformità tra le diverse versioni linguistiche di un testo comunitario, la disposizione di cui è causa deve essere intesa in funzione del sistema e della finalità della normativa di cui fa parte.
© AgroNotizie - riproduzione riservata
Fonte: @nmvi Oggi