Con il ripetersi di frodi ed emergenze alimentari e nuovi casi di aviaria scoperti negli ultimi dieci giorni in Francia, Germania e Repubblica Ceca è evidente la necessità per l’Italia di difendere una misura di trasparenza fortemente voluta dai produttori e dai consumatori. Una scelta che ha consentito di superare la psicosi nei consumi familiari di pollo che sono aumentati in quantita’ del 7,7 per cento nel primo quadrimestre del 2007. E’ quanto afferma la Coldiretti nel commentare con preoccupazione la richiesta della Commissione Europea all’Italia di cancellare l’obbligo di indicare in etichetta l’origine dei polli e dei prodotti derivati, entrata in vigore il 17 ottobre 2005, a seguito dell’ordinanza del ministero della Salute del 26 agosto precedente.
"Sulla base dell’ordinanza - afferma la Coldiretti - i produttori italiani e i primi trasformatori di carne di pollame sono obbligati ad indicare lo Stato membro di provenienza della carne, così come la data di importazione della carne e dei prodotti a base di pollo provenienti da altri Stati membri o Paesi terzi. Secondo quanto dichiarato dalla Commissione -prosegue la Coldiretti- queste misure contravvengono alla normativa UE sull’etichettatura alimentare e alla commercializzazione del pollame, e potrebbero causare assurdamente discriminazioni e distorsioni nel mercato interno e in altri scambi. La Commissione europea - conclude la Coldiretti - ha quindi notificato, in data 18 luglio, un parere motivato all’Italia in merito alla sua legislazione che stabilisce un sistema di etichettatura obbligatoria per la carne di pollo e per i prodotti a base di carne di pollo".
Secondo quanto previsto dal regolamento 1906/90 sulla commercializzazione dei prodotti a base di pollame, gli Stati membri possono richiedere l’etichettatura d’origine solo nel caso in cui l’assenza di tale informazione possa indurre in inganno o confondere il consumatore - e questo, a giudizio della Commissione, non è il caso. "Le Autorità italiane - sottolinea la Coldiretti - hanno a disposizione due mesi per rispondere al parere motivato inviato e nel caso in cui non vengono adottate misure per porre rimedio alla situazione, la Commissione adirà la Corte di Giustizia. Si tratta di una minaccia che - sostiene la Coldiretti - deve essere respinta al mittente perché esistono i motivi sanitari, di sicurezza alimentare e di trasparenza delle informazioni ai consumatori sufficienti per difendere l’etichetta di origine, ma anche per estenderla ad altri prodotti. Occorre proseguire, senza attendere le emergenze, il percorso già iniziato a livello europeo per altri settori".