Il costo dei fertilizzanti, nel secondo trimestre del 2022, è aumentato in Europa del 116% rispetto allo stesso periodo del 2021. Lo certifica Eurostat, anche se, per gli agricoltori italiani, il nero su bianco del dato ufficiale non fa molta differenza: gli imprenditori agricoli lo sanno. La responsabilità dei rincari da molti è addossata alla guerra in Ucraina, ma il problema ha radici più profonde. A chiarire il quadro attuale e le prospettive dei prossimi mesi ci hanno pensato Gabriele Canali, professore di Economia ed Estimo Rurale all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza e fondatore dello spinoff Vsafe e Giovanni Toffoli presidente di Federchimica Assofertilizzanti.

 

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Sulle ali della volatilità

 

All'edizione 2022 del Festival Food&Science di Mantova, Canali e Toffoli hanno partecipato all'incontro "La crisi dei fertilizzanti".

 

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"La crisi - ha detto Giovanni Toffoli durante l'incontro - ha origini più lontane e profonde. Almeno qualche anno fa. Intanto possiamo vedere che la crisi del gas era già iniziata a settembre 2021, i prezzi erano già alle stelle un anno fa, se andiamo ai fondamentali del mondo agricolo poi, è una crisi che riguarda la security alimentare, le scorte dei cereali mondiali sono ai minimi storici da qualche anno. Poi la corsa del prezzo del gas e infine la miccia dell'Ucraina che ha bloccato alcune fonti di materie prime, in particolare per quanto riguarda il potassio. Siamo nel mezzo di una tempesta perfetta".

 

Poi, analizzando più nel dettaglio la situazione dei fertilizzanti, il presidente di Federchimica Assofertilizzanti ha detto: "Quando parliamo di nutrizione delle piante, parliamo della necessità di apportare loro sali, i principali sono azoto, fosforo e potassio. L'azoto è il più in crisi in questo momento. Si recupera dall'aria, con un processo di sintesi, usando il metano, non solo come energia ma anche come materia prima. Si trasforma il CH4 (metano) in ammoniaca (NH3) e poi da lì si ricavano tutti i fertilizzanti e i sali che servono. Capite - ha continuato parlando alla platea - che oggi produrre azoto, nella situazione energetica che abbiamo, è praticamente impossibile, in Europa. Gli impianti sono praticamente tutti fermi, compreso quello italiano. Il costo del gas non permette di riattivare gli impianti. Nei prossimi mesi ci potrà essere una carenza di concimi azotati, o bisognerà approvvigionarsi con logistica completamente diversa. Per quanto riguarda il fosforo, per l'Europa del Sud non ci sono particolari problemi, arriva dal Nord Africa. Per il potassio, bisogna considerare che Russia e Bielorussia producono circa un terzo del potassio al mondo e l'Europa è molto esposta alle importazioni di potassio".

 

La situazione attuale dei fertilizzanti

 

Il futuro della prossima stagione si prospetta grigio, il consiglio per le aziende agricole da parte del presidente di Assofertilizzanti al nostro microfono è di approvvigionarsi in tempo, mentre il professore Canali ha spiegato: "Ci sono da considerare i maggiori costi e bisogna quindi lavorare ancora meglio sull'ottimizzazione dei processi di distribuzione che deve essere molto mirata, deve tenere conto anche delle diverse disponibilità presenti nel terreno, delle caratteristiche dei terreni. In altri termini, bisogna affinare ancora di più tutte quelle conoscenze che abbiamo sui nostri terreni, sulle nostre caratteristiche aziendali, per ottimizzare molto bene, molto attentamente, l'impiego di queste materie prime e di questi fattori di produzione. Dobbiamo in sostanza sostituire fertilizzante con più conoscenza".

 

Il ragionamento potrebbe applicarsi anche agli obiettivi della strategia europea Farm to Fork che indica, fra l'altro, una riduzione dell'uso dei nutrienti del 20% entro il 2030 in vista dell'obiettivo di neutralità climatica al 2050. Il professore Gabriele Canali ha spiegato, davanti al pubblico curioso e interessato del Festival, i risultati di uno studio condotto proprio per Federchimica Assofertilizzanti sull'impatto stimabile della riduzione richiesta: "La ricerca ha riguardato diverse filiere, gli impatti sulla produzione vanno dal 10 al 20% di riduzione. Ma c'è poi da considerare cosa succede all'intera filiera, se produciamo meno grano duro, dovremmo comprare dall'estero. Questo vale anche per il mais. Si mettono a rischio anche le filiere subito a valle, le filiere Doc. C'è quindi da considerare, al di là della riduzione della produzione in campo, un impatto strutturale più a lungo termine".

 

Consigli per gli agricoltori