Un nostro articolo dello scorso settembre "Nuova vita ai corroboranti" si chiudeva con questa affermazione: "Si è voluto redigere un DM molto approssimativo, che crea ulteriori dubbi anziché risolverne e che renderà di sicuro più difficile la vita sia ai fabbricanti di corroboranti sia agli agricoltori di coltivazioni biologiche che desiderano utilizzarli".

Da lì ad un mese si è riunita la "Commissione tecnica interministeriale" che ha rivisto alcuni passaggi del DM 6793/2018 e che sembra abbia fornito spunti per redigere una sorta di circolare applicativa che è però stata inviata ad alcune associazioni lo scorso 28 dicembre, di conseguenza solo dopo le festività si sono iniziate a rilevare le prime criticità.

Sgombriamo il campo da equivoci e precisiamo subito che una semplice circolare applicativa (tra l'altro non ci risulta pubblicata nemmeno in Gazzetta Ufficiale) legalmente non ha valore di cogenza generale, al più si può trattare di un riferimento interpretativo laddove spiega, all'interno dell'amministrazione, come applicare la norma ufficiale nei casi in cui vi sia tale necessità.
Di conseguenza, l'unico atto con efficacia normativa esterna resta il DM 6793/18 come pubblicato sulla GU del 5 settembre 2018.

In virtù di tale premessa, abbiamo estrapolato dalla circolare esclusivamente le parti grazie alle quali si andavano a colmare alcune delle lacune del DM originario.

Il DM 6793/18 ha abrogato il 18354/09 ma nel testo si era omesso di indicare un adeguato periodo per smaltire i corroboranti prodotti fino al settembre 2018. Solitamente i DM relativi ai fertilizzanti, contengono un comma che recita più o meno così: dalla data di entrata in vigore del presente decreto è concesso un periodo di dodici mesi per lo smaltimento dei fertilizzanti nazionali la cui produzione è avvenuta in conformità alla normativa vigente prima di tale data. Dove per smaltimento si intende la prima immissione in commercio in quanto il legislatore non è mai entrato nel merito di quanto accade lungo la catena distributiva imponendo "scadenze" retroattive.

Per meglio chiarire il concetto, prendiamo ad esempio una revoca di fitosanitario del ministero della Salute. Nel comunicato si indica una data relativa alla revoca per il titolare dell'autorizzazione, una data per la commercializzazione da parte dei rivenditori autorizzati e anche un'ulteriore scadenza riferita addirittura all'uso da parte dell'agricoltore, inoltre si impone ai titolari di autorizzazione di informare l'intera catena distributiva in merito a tali scadenze. Nel DM 6793 non v'era traccia di quanto sopra e così la circolare applicativa ha ovviato precisando che si possono smaltire le scorte presenti in magazzino con etichetta non conforme al nuovo DM entro 12 mesi dalla pubblicazione (6 settembre 2019).

Nell'allegato 3 del DM si forniscono le linee guida per la presentazione di un dossier in cui chiedere l'approvazione di un nuovo corroborante, parliamo quindi di un prodotto non compreso tra i quattordici corroboranti elencati nell'allegato 2.
Inspiegabilmente non tutte le sezioni di questo allegato hanno a che vedere col titolo dell'allegato stesso e si alternano senza criterio.
Ad esempio la lettera C parla della commercializzazione di uno dei quattordici prodotti già presenti in elenco e, prima della lettera D ci sono le "condizioni di ammissibilità" riferite però alle integrazioni (e/o modifiche) dell'allegato 2. Insomma, non si comprende il senso (crono)logico di quanto pubblicato.
Con la diffusione della circolare esplicativa ci aspettavamo appunto tali chiarimenti ma purtroppo ci si è limitati a fornire l'indirizzo Pec dell'ufficio ministeriale a cui mandare l'autocertificazione e si è stabilito nel 31 marzo 2019 il termine ultimo per inviare i documenti relativi ai corroboranti già in commercio.

Sempre nell'allegato 3 e sempre non capendo se si parla di uno dei quattordici corroboranti previsti o di uno nuovo, nella sezione condizioni di ammissibilità si introduce il concetto di "Nome commerciale" e si legge testualmente: "Il decreto del presidente della Repubblica n. 290 e s.m.i. vieta nomi di fantasia, ma questo non implica che tutti i prodotti commerciali debbano avere lo stesso 'Nome'".
In altri termini, il nome commerciale non è necessario che coincida con la tipologia di corroborante ma deve agevolmente consentirne l'identificazione.
Se a qualcuno poteva non sembrare chiaro, ecco che la circolare natalizia ha regalato questa interpretazione: "Pertanto, i corroboranti devono essere identificati in etichetta con una denominazione rispondente alla tipologia di appartenenza riportata in colonna 1 della tabella dell'allegato 2 del Decreto in oggetto".
Chiaro, no? Il Dm dice che il nome può non coincidere con la tipologia mentre la circolare impone che la denominazione deve coincidere con la tipologia. Ricordiamo che il DM vince sempre.

La circolare ha ritenuto importante intervenire anche in merito alla "data di scadenza" concedendo di scrivere "nessuna scadenza" per quei prodotti (pensiamo ad una polvere di roccia) per cui non vi sono motivi tecnici connessi alla durata.

Infine si è provveduto a "sistemare" alcuni gravi strafalcioni che sembrano siano comparsi nel DM in fase di Conferenza Stato-Regioni: non si devono considerare il termine "biostimolanti" (citato all'art. 2 c.14) né il riferimento all'inapplicabile Dlgs 194/1995.
Non ci si è accorti, invece, che nei consideranda si cita un inesistente decreto del presidente della Repubblica n. 55/2013 (articoli 1 e 17).

Coloro che hanno ricevuto la circolare applicativa si saranno forse accorti che non abbiamo fatto menzione di altri due "chiarimenti".
La dimenticanza è voluta in quanto da una circolare il cui compito è quello di spiegare meglio una norma tecnica, non ci si aspetta che si arroghi anche il diritto di legiferare: abbiamo detto all'inizio che ciò è illegale. Di conseguenza per noi non ha alcun valore né il termine di 12 mesi per lo smaltimento scorte che viene esteso "alle reti commerciali" né la richiesta di allegare un fac-simile di etichetta unitamente all'autodichiarazione.
In quest'ultimo caso si impone un ulteriore requisito e non si fornisce solo una norma tecnica come può esser, ad esempio, l'indirizzo email a cui inviare il documento. Il DM stabilisce che la dichiarazione deve confermare che il corroborante risponda integralmente alle caratteristiche della tipologia cui appartiene e che contenga esclusivamente le componenti dichiarate in etichetta ma non si accenna in nessun modo al fatto che l'etichetta debba essere allegata.

Assolutamente illegittima, poi, è l'imposizione dei 12 mesi per lo smaltimento estesa anche agli operatori diversi dal responsabile dell'immissione in commercio, la retroattività di una legge deve essere sancita espressamente dal legislatore o comunque, ricavarsi in maniera non equivoca dalla formulazione della norma; nel dubbio, la legge dovrà considerarsi irretroattiva, di conseguenza tutti coloro (commercianti, consorzi, cooperative, agricoltori) che hanno acquistato un corroborante etichettato prima del settembre 2018 non hanno limiti di tempo per la sua commercializzazione né per il suo impiego.