Non bastava il grano, ora anche i legumi vanno sotto attacco in tema di glifosate. Un’associazione ambientalista, la Ewg (Environmental working group), avrebbe analizzato campioni di hummus e di ceci trovandovi tracce irrisorie di glifosate, ma spargendo come al solito preoccupazione e repulsione fra i consumatori millantandole come pericolose per la salute. Pericolose in base a criteri tutti loro, peraltro.

Già il titolo dell’articolo pubblicato da Ewg è decisamente fuorviante: “Ewg tests of hummus find high levels of glyphosate weedkiller”. Tradotto, i test di Ewg avrebbero trovato nell’hummus alti livelli dell’erbicida glifosate. Alti ovviamente in base a un loro personalissimo benchmark che fisserebbe i residui rinvenuti a 15 volte quelli stabiliti arbitrariamente da Ewg stessa. Secondo gli attivisti, infatti, i limiti fissati dall’Epa americana sarebbero inadeguati a salvaguardare la salute.

Per chi comprende l’inglese, l’articolo di approfondimento è disponibile su Genetic literacy project

In sostanza, siamo di fronte alla solita situazione per la quale un’associazione la qualunque si erge a fustigatrice di un’agenzia per la sicurezza sanitaria o ambientale accusandola di far male il proprio lavoro. In America l’Epa, in Europa l’Efsa. E a quanto pare trova pure numerosi consensi.
 

Come stanno davvero le cose

Tutto si può dire di quei residui tranne che siano alti. Men che meno pericolosi. I livelli trovati nei campioni, infatti e come al solito, sono stati tutti decisamente irrisori, come già visto per la pasta, per la birra e per il cotone. Però, per non perder colpi, l’associazione ambientalista ci tiene a comunicare che nel 90% dei 43 (!) campioni analizzati sarebbero state trovate “tracce rilevabili” dell’erbicida. Un dato che di per sé nulla vuol dire se non viene debitamente collegato all’esposizione reale complessiva.

Semmai, è sul concetto di “rilevabile” che si dovrebbe discutere, visto l’altissimo grado di sensibilità degli attuali laboratori d’analisi, ovvero quelli che oggi sono in grado rispetto a vent’anni fa di scendere di un ordine di grandezza nella quantificazione dei residui. Ciò purtroppo permette all’ambientalismo d’assalto di spargere l’erronea idea che tutto stia peggiorando, visto che nel tempo vanno aumentando le percentuali di rinvenimento. Per fortuna, ciò non implica affatto una maggiore esposizione ai residui, bensì solo una maggiore capacità di trovarli anche a fronte di concentrazioni "omeopatiche".

Perfino nel modo di esprimere i dati si possono già percepire le spregiudicate intenzioni allarmiste di Ewg, dato che i residui vengono espressi come nanogrammi per chilo (parti per miliardo). In tal modo i numeri sono belli grossi, dato che il range delle analisi è spaziato dai 2.379 ai 13.982 ng/kg. Per la prossima analisi si consiglia quindi a Ewg di utilizzare i picogrammi, così potranno esprimere i dati con numeri a 7-8 cifre che terrorizzano di più.

Di fatto, stiamo parlando di 2,38 e 14 microgrammi per chilo. In milligrammi, unità di misura comunemente utilizzata per i residui, si precipita a 0,00238 e 0,014 mg/kg. Praticamente un niente. Infatti per le normative americane quei lotti di prodotto sarebbero tutti abbondantemente sicuri. E non solo per l’Epa, vi è da aggiungere.

In passato si è già potuto constatare come per raggiungere l’Adi di glifosate (0,5 mg/kg/die) si dovrebbe mangiare qualche quintale di pasta al giorno e bere più di un migliaio di litri di birra, sempre al giorno, visti i livelli irrisori di residui presenti. Giocando un po’ anche con i ceci, per raggiungere l’Adi ne servirebbero circa da 36 a 210 chilogrammi: al giorno! Interessante, perché il consumo stimato italiano si aggira sui nove chilogrammi l’anno.

Ragionando ora in termini di saturazione dell’Adi dovuta ai ceci si sconfina nell’umorismo, dato che l’assunzione annua di glifosate tramite i gustosi legumi stallerebbe fra un minimo di 0,021 a un massimo di 0,126 mg/anno. Ora, se si divide per 365 giorni e poi per 60 kg di peso medio, si spazia da un minimo di 1 ng/kg/die a un massimo di 5,7. L’Adi per glifosate espresso in nanogrammi diviene però a sua volta 500.000 ng/kg/die. Cioè tramite i ceci si assumerebbe da un minimo di un solo nanogrammo dei 500mila ammissibili (0,0002%) a un massimo di 5,7 su 500mila (0,0011%). Dosi che qualunque tossicologo degno di questo nome non potrebbe far altro che definire “il nulla siderale”.

Non resta quindi che constatare come l’attacco a glifosate stia proseguendo senza più alcuna remora né tantomeno etica da parte di ben individuabili portatori di interesse cui nulla importa della verità fattuale delle cose, impegnati come sono nelle proprie crociate di stampo lobbistico. Guardando invece ai numeri, le analisi di Ewg hanno sostanzialmente confermato quanto già si sapeva infatti da anni, ovvero che la salute umana è tutto tranne che a rischio a causa dei residui di glifosate nei cibi. Semmai a essere a rischio è la società stessa, sempre più in balia di un associazionismo privo di scrupoli che ha nelle proprie ideologie e nei propri interessi partigiani gli unici motivi d’agire e di disinformare. Il tutto a danno di un’agricoltura che ormai stenta da tempo a star dietro alle sempre più feroci compressioni delle sue già oggi scarne armi di difesa.

Reazione sana alle analisi surreali di Ewg sarebbe quindi quella di prepararsi una gustosa pasta e ceci, accompagnandola magari con una birra corposa. E che gli allarmisti e gli ipocondriaci di tutto il mondo restino pure con un palmo di naso.
"La tossicologia spiegata semplice" è la serie di articoli con cui AgroNotizie intende fornire ai propri lettori una chiave di lettura delle notizie allarmanti sul mondo agricolo in generale e su quello fitoiatrico in particolare.

Perché la tossicologia, in fondo, è più semplice da comprendere di quanto sembri.