A volte giova ricordarlo: gli agrofarmaci non sono stati inventati per hobby, bensì per proteggere le produzioni da parassiti e patogeni. Chi decide di non utilizzarli deve quindi essere conscio che si espone a dei rischi, variabili di caso in caso e di coltura in coltura.
Nel corso di un incontro tecnico sulla botrite della vite, organizzato da Syngenta in Franciacorta, Ciro Lazzarin della società Agri 2000 ha monetizzato gli impatti della botrite sui risultati economici del vigneto e della cantina, evidenziando come le perdite quali-quantitative siano di gran lunga superiori ai costi necessari per i trattamenti fitosanitari, stimabili questi ultimi in pochi centesimi di euro per litro di vino.
 

Botrite: pericolo in agguato

 
Fra le patologie che impattano maggiormente la reddittività dei viticoltori vi è la botrite. Le laccasi rilasciate dal patogeno possono infatti indurre ossidazione dei composti fenolici per contrastare le quali sarà poi necessario aggiungere al vino anidride solforosa e tannini. La minor concentrazione di composti amminici obbligherà invece all’aggiunta di composti azotati al fine di non far rallentare i processi fermentativi. Vi sono poi da considerare i composti fenolici indesiderati, prodotti anch’essi dalle infezioni da botrite. Questi andranno rimossi tramite apposite aggiunte di carboni attivi in post-fermentazione. Ultime ma non ultime, le micotossine. I funghi saprofiti come gli aspergilli aumentano infatti il tenore nei vini di Ocratossina A, sostanza cancerogena. Ancora, sarà necessaria l’aggiunta di carboni attivi per abbassarne le concentrazioni. Tutti costi e inefficienze di processo in più per chi deve straformare l’uva in vino. Per queste ragioni le cantine detraggono dal prezzo da liquidare al produttore una cifra variabile in funzione della presenza di botrite.
Ciro Lazzarin ha portato alcuni esempi di quanto la botrite possa impattare la reddittività delle cantine: analizzando una realtà cooperativistica friulana, a fronte di una contaminazione del 10% da botrite la detrazione può superare i mille euro per ettaro, pari a circa il 10% del prezzo teorico che il viticoltore avrebbe ottenuto conferendo uve completamente sane. Una cifra in fondo limitata, se si pensa che per quella cantina la perdita di produzione vendibile appare quantificabile in oltre 390 euro per tonnellata di vino. Le perdite di produzione, meramente quantitative, vanno infatti a sommarsi ai minori prezzi spuntabili sul mercato, come pure ai costi maggiori in cantina necessari per correggere i difetti che altrimenti il vino porterebbe con sé nelle bottiglie.
 
In altre parole, i 220 euro stimati da Lazzarin per l’effettuazione di due antibotritici appaiono investimento di ben poco conto se comparati alle perdite potenziali a carico di produttori e cantine.
Traducendo il costo in centesimi per litro di vino, infatti, si può stimare in soli due centesimi al litro. Una cifra che può quindi essere ritenuta come ben spesa.