Sono i dati contenuti in "Pesticidi nel piatto 2012", il rapporto annuale di Legambiente sui residui di fitofarmaci nei prodotti ortofrutticoli e derivati commercializzati in Italia (elaborato sulla base dei dati ufficiali forniti da Arpa, Asl e uffici pubblici regionali competenti).
Se la normativa del 2008 ha portato ad un maggiore controllo delle sostanze attive impiegate nella produzione dei formulati e l’armonizzazione europea dei Limiti massimi di residuo consentito (Lmr) negli alimenti, ha rappresentato un importante passo in avanti - fa sapere Legambiente in una nota - manca una regolamentazione rispetto al simultaneo impiego di più principi attivi, come sulla rintracciabilità di più residui in un singolo prodotto alimentare.
La legge quindi, non si esprime ancora rispetto al cosiddetto multi residuo, cioè, al quantitativo di residui diversi che si possono ritrovare negli alimenti, mentre la definizione stessa dei limiti di massimo residuo continua a basarsi sui singoli residui.
“Una lettura più attenta dei risultati delle analisi condotte dai laboratori regionali ed elaborati da Legambiente in questo studio – ha dichiarato il presidente nazionale di Legambiente, Vittorio Cogliati Dezza – mostra una situazione tutt’altro che rassicurante, con numerosi casi di prodotti ortofrutticoli e derivati contaminati da 7, 8 e addirittura 9 principi attivi differenti, in un composto che nessuno ha mai studiato e analizzato e che potenzialmente potrebbe essere molto dannoso per la salute dei consumatori e per l’ambiente”.
Sul tema del multi residuo è intervenuto anche il senatore Francesco Ferrante che ha proposto in merito un disegno di legge depositato in Senato ormai tre anni fa.
Le perplessità di Legambiente sono relative ai risultati delle analisi condotte dai laboratori come per esempio quello della Provincia di Bolzano, che ha rilevato fino a 8 diverse sostanze chimiche in due campioni di vino (contaminato comunque dal multi residuo nel 60% dei casi), e addirittura 9 diverse molecole in 3 campioni di uva. La mela, poi, è risultata contaminata da più residui nell’65% dei casi (anche con 4 e 6 diverse sostanze contemporaneamente).
Agrofarma: quadro assolutamente rassicurante per il consumatore
Di tutt'altro avviso Agrofarma, l’Associazione nazionale imprese agrofarmaci, che si dice "sorpresa nel constatare che, ancora una volta, non viene dato il dovuto riconoscimento ai controlli regolarmente effettuati dalle autorità competenti sulle produzioni agroalimentari nostrane".
L'ortofrutta italiana - ribadisce in un comunicato - è sottoposta a rigorose e continuative verifiche da parte del ministero della Salute, dalle quali emerge un quadro del tutto rassicurante per il consumatore. A livello europeo i risultati dell’ultimo Rapporto annuale Efsa hanno dimostrato che per i residui di agrofarmaci non vi è alcuna preoccupazione per la sicurezza alimentare: il 97,4% dei campioni analizzati nel 2009 è risultato infatti al di sotto dei livelli massimi consentiti dalla legge.
A supporto l'Associazione ricorda i dati dell’ultimo Rapporto ufficiale Fitofarmaci del ministero della Salute che, basandosi sull’analisi di migliaia di campioni, mostrano come in Italia solo lo 0,4% di frutta e verdura presenta residui al di sopra dei limiti di legge - con addirittura il 64,2%, due casi su tre, che ne è del tutto privo - rispetto ad una media europea del 3,5%, dato particolarmente significativo se consideriamo che in Italia, dal 1993 a oggi, i residui irregolari sono passati dal 5,6% allo 0,4%. Grazie a questi risultati l’Italia si pone, quindi, leader in Europa in materia di sicurezza alimentare.
In riferimento poi agli allarmi lanciati sulla presenza contemporanea di più principi chimici nei campioni di frutta e verdura, "evidenziamo - prosegue Agrofarma - che la stessa normativa che fissa il limite massimo per ogni sostanza eventualmente presente in forma di residuo, nello stabilire tale limite massimo, applica un fattore di sicurezza 100: in tal modo si ottiene una soglia limite che è addirittura un centesimo di quello che potrebbe essere già ammesso. Anche da ciò si deduce con quale grande attenzione le autorità preposte hanno sempre affrontato le questioni legate alla sicurezza alimentare.
Agrofarma sottolinea che gli investimenti in ricerca e sviluppo hanno permesso di ottenere, nel 2010, una riduzione dell’utilizzo di fitofarmaci in del 2,4% (Istat).
L’introduzione di nuove tecnologie ha infatti consentito di ridurre le dosi d’impiego, tant’è vero che, se si guarda al ventennio 1990-2010, si registra un calo del 32% del consumo nazionale di agrofarmaci.
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Fonte: Agronotizie