Dalla "A" di Algeria alla "Z" di Zambia. Non è la pubblicità di un nuovo atlante geografico, bensì il range di Paesi che sono stati contemplati dal panel di esperti che hanno prodotto un indice sulla sicurezza alimentare per 105 differenti realtà nazionali.
Il "Food Security Index", questo il nome dell'indice, contempla 25 differenti parametri, raccolti sotto tre variabili principali: la disponibilità di cibo, la sua accessibilità per la popolazione e la sicurezza degli alimenti.
Nel primo raggruppamento ricadono per esempio parametri quali l'instabilità politica, la volatilità delle produzioni agricole oppure la solidità ed efficienza delle infrastrutture del mondo agricolo. Nel secondo si prendono in considerazione il Pil procapite, l'accesso al credito per gli agricoltori, la spesa media per il cibo sul totale della ricchezza. Infine, nel terzo raggruppamento trovano spazio criteri come la diversificazione della dieta, la disponibilità di microelementi e la qualità delle proteine, ma anche l'accesso all'acqua potabile o la presenza di un'agenzia dedicata al controllo della salubrità di ambiente e cibi.
Per ognuno dei 25 parametri viene assegnato uno "score", ovvero un punteggio. Al termine del processo viene quindi assegnato a ogni Paese uno score complessivo. Il valore ha un massimo di 100. Vale a dire il Nirvana, dal momento che gli Stati Uniti hanno raggiunto un massimo di 89,5 pur essendosi classificati al top dei 105 Paesi. Nelle posizioni di rincalzo, proseguendo nella metafora sportiva, spicca la Scandinavia, dal momento che sul podio salgono Danimarca (88,1) e Norvegia (88). Seguono poi Francia (86,8) e Olanda (86,7), le quali completano lo scenario delle prime cinque nazioni al mondo per sicurezza alimentare. Le piccole ma efficienti Austria (85,6) e Svizzera (83,7) occupano rispettivamente il sesto e il settimo posto, mentre il gruppo delle prime dieci della "classe" si completa con Canada (83,4), Finlandia (83,1) e Germania (83). Solo 19esima l'Italia, con 79,1.Di certo, l'instabilità politica che da decenni caratterizza il Balpaese, come pure un Pil pro-capite molto disomogeneo lungo lo Stivale, non giocano a favore di questi calcoli.

Le ultime posizioni tra le 105 totali sono occupate, malauguratamente per loro, da Burundi (22,9), Chad (20,2) e Congo (18,4).
Tradotto in altri termini, e come era facilmente prevedibile, Nord America, Scandinavia e Mitteleuropa sono le aree del Pianeta in cui la sicurezza alimentare è più garantita. L'Africa è invece il continente che più ha da lavorare per guadagnare posizioni nel ranking globale. Il Continente Nero si mostra comunque con luci e ombre, perché al fianco di Burundi, Chad e Congo, si pongono anche Paesi come Tunisia, 50esima con uno score di 50,2, ed Egitto, 52esimo con 51,6. Assetti che lasciano ben sperare in un ottica già di medio periodo. Il Sud del continente raccoglie ovviamente i Paesi con il più elevato grado di sicurezza alimentare, vale a dire Sudafrica (40esimo con 61,7) e Botswana, 47esimo con 56,5.

 

La mappa globale del Food Security Index

(l'articolo prosegue dopo l'immagine)

 

Ellen Kullman, Presidente e CEO di DuPont, società sponsor del progetto, è profondamente convinta che per migliorare la sicurezza alimentare a livello mondiale sia necessario seguire una linea comune: “Abbiamo sempre saputo che ciò che è misurabile, può essere realizzato - esordisce la Kullman - Al fine di aumentare la sicurezza alimentare globale, DuPont ha lanciato il Global Food Security Index, sviluppato dalla Economist Intelligence Unit (EIU). Parlando con governi, ONG e organizzazioni di agricoltori di tutto il mondo, ci siamo resi conto che abbiamo lo stesso obiettivo, ma usiamo un linguaggio diverso. Per risolvere il problema della fame alla radice, dobbiamo seguire un percorso comune che ci permetterà di affrontare le questioni più urgenti come l’accessibilità, la disponibilità, le proprietà nutrizionali e la sicurezza dei prodotti alimentari. Investiamo miliardi in sicurezza alimentare, ma sino ad oggi non disponevamo ancora di un sistema globale in grado di valutare in modo completo la sicurezza dei cibi e l’impatto degli investimenti e delle collaborazioni a livello locale”.

 

Davvero impossibile darle torto.