L’Inghilterra si prepara a raggiungere un primato: il più grande impianto di biogas al mondo alimentato con siero di latte. In realtà, si tratta di una ristrutturazione e potenziamento di un impianto esistente, al quale è stato aggiunto un sistema aerobico per il recupero dell’azoto e del fosforo, prima dell’immissione dell’effluente in un fiume vicino. Il caseificio, appartenente al gruppo Dairy Crest, si trova in Aspatria, piccolo paesino rurale di 3.200 abitanti nella contea di Cumbria. La struttura produce 80 tonnellate al giorno di formaggio Cheddar – il più consumato in UK - e costituisce il principale centro produttivo del villaggio, come si può apprezzare dalla foto aerea.

Secondo il costruttore dell’impianto di digestione e depurazione degli effluenti, la britannica Clearfleau, una volta arrivato a regime nel 2016 il sistema produrrà 1.000 m3/giorno di biogas, il quale sarà in parte purificato ed immesso nel gasdotto locale ed, in parte, utilizzato tale quale per la produzione del vapore necessario al funzionamento del caseificio. Il progetto sarà cofinanziato con fondi pubblici, dimostrando che la politica degli incentivi alle energie rinnovabili del Regno Unito si distacca nettamente da quella adottata nell’Europa continentale, ovvero dominata dagli interessi delle lobby industriali della Germania.

Infatti, il mercato del biogas in Inghilterra è partito qualche anno dopo rispetto agli omologhi mercati continentali di riferimento - Germania, Austria e Italia - ma il proverbiale pragmatismo britannico ci ha dimostrato con i fatti una partenza programmata a tavolino, tardiva ma impostata sul piede giusto. La politica inglese in materia di biogas prevede: incentivi allo sviluppo tecnologico nazionale, utilizzo prevalente di rifiuti e sottoprodotti anziché le tanto criticate “colture energetiche”, priorità alla produzione di biometano e all’uso termico del biogas – tecnologie di gran lunga più sostenibili rispetto alla produzione di energia elettrica- e attenzione al post-trattamento ambientalmente compatibile dei digestati
 

Figura 2: Rendering dell’impianto in costruzione ad Aspatria
Fonte: Waste Management World

Purtroppo, dell’impianto in questione non sono stati pubblicati i dati progettuali; tuttavia, dal rendering, si intuisce con stupore l’adozione di reattori palesemente di tipo convenzionale (Csrt, continuously stirred reactor tank) al posto di quelli a flusso verticale (Uasb, upflow anaerobic sludge blanket e derivati), i quali sarebbero stati la scelta più evidente in quanto molto più efficienti ed adatti alle biomasse liquide rispetto ai primi. Non ci è chiaro quale sia la collocazione del sistema aerobico per la depurazione dei digestati ed il recupero del fosforo ed i nitrati; tuttavia dalla figura 2 possiamo dedurre che il biometano verrà arricchito con una certa percentuale di propano, con lo scopo di equiparare il suo potere calorifico con quello del gas naturale. Neppure ci è dato da sapere quale tecnologia di purificazione (upgrading) del biogas verrà adottata.

Un impianto simile potremo vederlo un giorno anche in Italia? Malgrado il nostro Paese sia un forte produttore di formaggio, molto probabilmente no. Questo perché il siero di Cheddar contiene al massimo il 3% di sale, e per il tipo di processo produttivo lo si definisce come un siero “dolce”- cioè contenente più della metà dei nutrienti del latte con il quale viene fatto- di conseguenza il suo potenziale metanigeno o Bmp (biochemical methane potential,) raggiunge 0,327 m3/kg di Cod (Strydom et al. ,1997). Inoltre gli effluenti dei caseifici inglesi risultano relativamente facili da trattare, portando l’effluente “in tabella” per il suo scarico nei fiumi o semplicemente utilizzando l’effluente per fertirrigazione, senza alcun pericolo di salinizzare il suolo.

Il siero di mozzarella (e anche quello del parmigiano e di altri formaggi nostrani) contiene invece fino a 15 g/l di sale (quasi metà della salinità dell’acqua di mare) ed il processo produttivo lo rende un siero “acido” – cioè, contiene la stessa quantità di proteine ma meno grassi e lattosio rispetto al siero dolce. Ciò si ripercuote in una minore produttività di biogas del siero nostrano, in parte per la minore concentrazione di materia organica, ma principalmente per l’effetto inibitore del sale, raggiungendo un potenziale metanogenico pari a 0,282 ±11 Nm3/kg di Cod (misurati nel laboratorio dell’Autore). Alla minore produttività si aggiungono forti limitazioni all’eventuale uso agricolo del digestato da siero di mozzarella, in quanto l’accumulo di sale brucerebbe il suolo in pochi anni. Contrariamente alla mitologia che circola sull’influenza del pH nella digestione anaerobica, l’Autore ha osservato differenze irrilevanti fra la digestione anaerobica del siero acidotale quale” (pH = 5,38) e lo stesso siero neutralizzato (pH= 7).

Possiamo ragionevolmente concludere che, in Italia, il principale fattore limitante per l’utilizzo massivo del siero in digestione anaerobica è dato dal sale, per cui difficilmente sarebbe sostenibile la costruzione di un impianto alimentato con solo siero che sia allo stesso tempo economicamente redditizio e rispettoso dell’ambiente.

A nostro modesto avviso, rimane comunque un punto di domanda in merito alla sostenibilità del progetto inglese: la digestione anaerobica del siero sarà costante nel tempo? È risaputo che, a medio-lungo termine, la digestione anaerobica monosubstrato collassa. Pertanto, il siero non dovrebbe essere un’eccezione a tale regola poiché i batteri - come tutti gli esseri viventi - hanno bisogno di una dieta bilanciata impossibile da ottenersi solamente con il siero. Abbiamo visto che esistono diversi tipi di siero, ma purtroppo in genere la letteratura scientifica non entra nel dettaglio su quale tipo di formaggio ha originato il siero studiato dai vari ricercatori. Di conseguenza, troviamo esempi di declino della produzione del biogas più o meno veloce, come quello segnalato da Barford et al. (1986) fino all’operazione stabile per 500 giorni, con un piccolo declino, segnalata da Mc Hugh et al. (2006). La domanda corretta da porsi, non è se l’impianto di Aspatria potrà subire un collasso biologico o meno, ma quando lo subirà. Nel più puro stile britannico, si accettano scommesse…