Il Consorzio ha infatti elaborato un documento, disponibile sul sito consorziobiogas.it, pubblicato fra i contributi ufficiali discussi nell'ambito della consultazione aperta dalla presidenza del Consiglio per definire l'agenda italiana, ovvero le idee e proposte da esporre alla Conferenza di Parigi sul clima.
L'elaborato mette in evidenza che recenti studi, tra i quali quelli condotti dal Crpa di Reggio Emilia e dal Jrc a livello europeo, hanno dimostrato come l'utilizzo dei reflui zootecnici in impianti a biogas contribuisca a ridurre le emissioni clima alteranti. Si tratta del potenziale più alto rispetto al complesso di misure di mitigazione individuate dagli stessi studi.
“Il biogas è una tecnica win-win doppiamente vincente – spiega Piero Gattoni, presidente del Cib – da un lato riduce le emissioni clima alteranti prodotte dalla zootecnia e dall'altro, grazie all'inserimento di un'infrastruttura strategica in grado di utilizzare sottoprodotti e colture di integrazione per la produzione di energia elettrica, termica, biometano e bio-fertilizzanti, permette di perseguire un'intensificazione ecologica del suolo agrario, contribuendo così alla riduzione delle emissioni di Co2”.
“Il biogas fatto bene – continua Gattoni – può diventare un motore di sviluppo agricolo più sostenibile e attento alla tutela dell'ambiente: dall'aria, con l'abbattimento delle emissioni, al suolo, con l'utilizzo del bio-fertilizzanti da digestione anaerobica, per ridare nutrienti ai terreni coltivati ma anche per favorire un'agricoltura carbon negative con la chiusura del ciclo del carbonio nel terreno. Per nutrire il pianeta dobbiamo tornare a nutrire il terreno”.
Per il ministero delle Politiche agricole agli Stati generali del clima era presente il viceministro Andrea Olivero, che ha focalizzato l'attenzione sul ruolo dell'agricoltura e delle foreste nelle strategie di adattamento e di mitigazione dei cambiamenti climatici.
“L'agricoltura fornisce il suo contributo – ha dichiarato Olivero – attraverso l'adozione di pratiche volte a preservare la fertilità dei suoli, a promuovere un uso efficiente delle risorse idriche, a tutelare la biodiversità, con l'obiettivo finale di garantire la sicurezza alimentare. Gli effetti dei cambiamenti climatici rischiano di compromettere la produttività agricola, la fertilità dei terreni, la tipicità delle produzioni. A tutto questi i nostri imprenditori agricoli nel tempo hanno risposto con sapienza adottando pratiche in grado di incrementare la resilienza dei sistemi produttivi”.
“Siamo convinti che per raggiungere risultati significativi non si possa prescindere da un'azione comune – ha affermato con convinzione Olivero – dobbiamo impegnarci per rafforzare il coordinamento delle politiche sul clima e proseguire sulla strada di una stretta cooperazione tra le Amministrazioni centrali, con il pieno coinvolgimento del mondo accademico, economico, associativo e della società civile”.
Coldiretti fa poi il punto della situazione sul cambiamento climatico e sui suoi effetti. Secondo l'associazione agricola, la primavera 2015 si è conclusa con una temperatura media superiore di 1,36 gradi rispetto al periodo di riferimento, classificandosi al settimo posto tra le primavere più calde del 1800 ad oggi e confermando la tendenza al surriscaldamento. I dati fanno riferimento all'allarme lanciato dall'Ispra, secondo il quale entro la fine del secolo in Italia i termometri potrebbe segnare fino a 5 gradi in più.
“Il cambiamento climatico sta facendo sentire i suoi effetti nelle campagne italiane – sottolinea la stessa Coldiretti - dove per la prima volta si è iniziato a produrre frutta esotica, dalle banane all'avocado, mentre negli ultimi trent'anni il vino italiano è aumentato di un grado ed è cambiata la stessa distribuzione sul territorio dei vigneti. Gli effetti si estendono però anche ai prodotti tipici. Il riscaldamento provoca infatti anche il cambiamento delle condizioni ambientali tradizionali per la stagionatura dei salumi, per l'affinamento dei formaggi o l'invecchiamento dei vini. Questa sfida mette alla prova la capacità dell'agricoltura italiana di trovare l'innovazione nella tradizione, cercando di ottenere il meglio dai mutamenti economici e climatici”.