Secondo Ladislav Balko, il membro della Corte responsabile della relazione, “gli organi e le istituzioni dell’Ue devono fungere da esempio nel contribuire a raggiungere il prossimo obiettivo Ue di riduzione delle emissioni entro il 2030. È importante che prestino un’estrema attenzione alla prestazione ambientale nelle rispettive attività quotidiane non soltanto per la loro stessa credibilità, ma anche per la credibilità della politica dell’Unione europea in materia di clima”.
La Corte ha constatato che gli organi e le istituzioni dell’Ue sono riusciti ad invertire la tendenza all’aumento delle emissioni di gas a effetto serra derivanti dal consumo energetico dei propri edifici. Tuttavia, la frammentarietà dei dati disponibili non permette di individuare chiare tendenze di riduzione delle emissioni causate da altre fonti, ad esempio dalle trasferte di lavoro. Più della metà degli organi e delle istituzioni dell’Ue oggetto dell’audit non aveva fissato alcun obiettivo quantificato di riduzione delle proprie emissioni. Il ricorso alla compensazione volontaria delle emissioni residue è piuttosto limitato.
Sebbene la Commissione promuova gli appalti pubblici verdi e nonostante esistano criteri ambientali di riferimento che possono essere usati su base volontaria nelle pertinenti procedure di appalto, la Corte ha constatato che i criteri più ambiziosi sono stati usati in meno del 20% delle 160 procedure di appalto controllate. Più della metà di tali procedure sono state valutate come “non verdi” o soltanto “poco verdi”. La registrazione Emas è aperta alle pubbliche amministrazioni dal 2001 e a giugno 2014 sette dei 15 organi e istituzioni dell’Ue oggetto dell’audit risultavano iscritti, mentre altri cinque si preparavano ad aderire. Là dove è stato introdotto, l’Emas ha portato a miglioramenti della prestazione ambientale ed economie finanziarie.
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Fonte: Corte dei conti europea