Nell’opinione comune siamo abituati ad associare la parola biomassa a qualcosa di ecologico ma non è detto che sia sempre così. Cosa sappiamo infatti dell’origine di questo prodotto?
 

Per rispondere a queste e ad altre domande è nato 'BiQueen-Biomasse di qualità', studio condotto dall’Istituto per la valorizzazione del legno e delle specie arboree del Consiglio nazionale delle ricerche (Ivalsa-Cnr) di San Michele all’Adige, in collaborazione con l’Università di Trento, l’Istituto dei materiali per l’elettronica e il magnetismo del Cnr, la Fondazione Bruno Kessler, il Distretto tecnologico trentino (Habitech) e l’Università di Poznan. I risultati della ricerca, durata due anni, sono stati pubblicati sulla rivista Wood Science and Technology e presentati nel corso di un convegno sul tema a Trento.
 

Il monitoraggio della biomassa dei prodotti a base di legno e delle ceneri derivanti dalle combustioni sperimentali è stato eseguito tramite spettroscopia nel medio infrarosso (Ft-Ir) e tramite fluorescenza a raggi X (Ed-Xfr). “Le analisi  hanno verificato l’assenza di elementi chimici pericolosi”, spiega Marco Fellin, ricercatore dell’Ivalsa-Cnr, “anche se circa il 16% dei materiali prodotti a base di legno non è conforme a essere utilizzato come ‘legno ecologico’ perché contaminato da cadmio, cloro, cromo, rame, mercurio e piombo oltre i livelli di soglia”.
 

Nella ricerca si utilizza la spettroscopia a infrarosso (Nir) per definire la tracciabilità delle biomasse. “Il metodo”, continua Anja Sandak, ricercatrice Ivalsa-Cnr e coautrice dello studio,  “verifica l’origine della materia utilizzata, grazie a procedure e modellizzazioni software basate su una banca dati di spettri prodotti da un ampio campionamento. La classificazione del legno tramite spettroscopia Nir permette di controllare i flussi di biomassa boschiva senza ricorrere alla costosa chimica tradizionale, è rapida e non distruttiva. E si tratta di un metodo applicabile su mercato a larga scala”.