L’attuale aumento dei prezzi dei cereali non è causato della maggiore domanda di materie prime per la trasformazione a scopi energetici. Confagricoltura risponde agli allarmismi sempre più frequenti, dimostrando che le dinamiche di mercato in atto non sono riconducibili, almeno per ora, all’evoluzione della domanda di bioenergie. Le stime a livello mondiale di Ocse e Fao riconoscono che i prezzi reali dei cereali sono superiori alle previsioni dello scorso anno. Ma se c’è un effetto a lungo termine imputabile anche alle bioenergie, questa differenza è oggi dovuta essenzialmente ad altri fattori: dall’andamento climatico che ha ridotto le produzioni (in Australia sino al 50% di riduzione) alla riduzione degli stock cerealicoli. “L’aumento della domanda - ha spiegato il presidente Federico Vecchioni all’assemblea di Agroenergia, la società costituita da Confagricoltura che riunisce i produttori di bioenergie - si è quindi confrontato con una minore offerta e le quotazioni ne hanno risentito. In ogni caso, il calo dell’offerta cerealicola nel 2006 (meno 60 milioni di tonnellate in Nord America, Europa ed Australia) è stato quasi quattro volte superiore alla maggiore domanda di cereali per la produzione di etanolo (17 milioni di tonnellate)".
Domanda che, peraltro, si è concentrata negli Stati Uniti e non ha certo interessato l’Europa, dove i cereali utilizzati per la produzione di bioetanolo rappresentano quantitativi marginali rispetto alla produzione cerealicola complessiva.