Mentre in questi giorni nel Mar Rosso si intensificano gli atti di guerra nei confronti delle navi mercantili, con la conseguente interdizione dell'utilizzo del Canale di Suez, in Italia aumenta la preoccupazione tra le organizzazioni agricole riguardo alle possibili conseguenze economiche del protrarsi di questa situazione, che già da molti giorni costringe i traffici marittimi a costose vie alternative: dal Capo di Buona Speranza allo Stretto di Magellano.

 

In ballo ci sono 4 miliardi di esportazioni dell'agroalimentare italiano, secondo Confagricoltura, mentre solo il comparto ortofrutticolo, quello più a rischio, è esposto almeno per 500 milioni, secondo Coldiretti.

 

Giusto ieri il colosso petrolifero Shell ha annunciato di rinunciare ad attraversare il Mar Rosso, reso ostile dagli attacchi degli Houthi, i ribelli sciti filoiraniani che hanno preso il potere in buona parte dello Yemen: la decisione del gigante petrolifero è suscettibile di eventi di emulazione con conseguenze pesanti per i traffici internazionali. Da qui un appello  di Confagricoltura e Legacoop Agroalimentare alle istituzioni europee, per evitare conseguenze irreversibili sul settore primario italiano.

 

Coldiretti, allarme per l'ortofrutta

Secondo una stima di Coldiretti resa nota il 13 gennaio scorso, le difficoltà alla navigazione provocate dagli attacchi degli Houthi dello Yemen contro le navi nel Mar Rosso "mettono a rischio circa 500 milioni di esportazioni di frutta e verdura made in Italy dirette in Medio Oriente, India e Sud Est Asiatico". Questo perché "l'allungamento delle rotte marittime tra Oriente e Occidente, costrette ad evitare il Canale di Suez, a causa dei ripetuti attacchi terroristici, hanno portato - sottolinea la Coldiretti - ad aumenti vertiginosi del costo dei trasporti marittimi e dei tempi di percorrenza".

 

"Per portare l'ortofrutta nazionale in India - continua la Coldiretti - attraverso lo Stretto di Suez il tempo impiegato era di circa ventotto giorni, ora, dovendo circumnavigare il continente africano si arriva a più di quaranta giorni con l'allungamento dei tempi che potrebbe creare problemi di conservazione del prodotto fresco con il rischio di perdere fette importanti di mercato che sarebbero poi difficili da recuperare".

 

"Inoltre - precisa la Coldiretti - si registra un aumento dei costi stimabile in 6/7 centesimi per ogni chilogrammo di merce trasportata che incide sulla competitività delle esportazioni nazionali".

In gioco c'è un mercato verso il quale l'Italia ha esportato oltre 217 milioni di chili di frutta, di cui oltre 182 milioni di chili di mele, con principali destinazioni l'Arabia Saudita (oltre 66 milioni di chili di mele), l'India (oltre 51 milioni di chili di mele) e gli Emirati Arabi (oltre 15 milioni di chili di mele), secondo elaborazioni Coldiretti su dati Istat nel 2022.

 

Confagricoltura, Italia tra i Paesi più esposti

"L'Italia è tra i Paesi più esposti in seguito al blocco del transito delle navi nel Canale di Suez. Il 40% dell'intero interscambio marittimo passa dal Mar Rosso e il settore agroalimentare risente più degli altri di questa situazione, che deve essere esaminata e approfondita sul piano europeo". Lo ha affermato il 15 gennaio scorso il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, evidenziando le preoccupazioni del settore agricolo e, in particolare, dei comparti ortofrutticolo e vitivinicolo.

 

"Soltanto per l'agroalimentare, il transito verso i mercati asiatici vale 4 miliardi di euro di prodotti - ha ricordato Giansanti - il circumnavigare l'Africa per evitare il canale di Suez comporta problemi di conservazione dei prodotti freschi, ma anche di tipo economico, con costi raddoppiati delle merci, tensioni sui consumi e un generale rallentamento degli scambi".

 

Nell'ambito della frutta, le esportazioni di questo periodo sono costituite principalmente da mele (soprattutto verso l'India), kiwi e agrumi. "La qualità delle nostre produzioni - si sottolinea Confagricoltura - rappresenta un valore importante e riconosciuto, ma la prolungata percorrenza verso i mercati finali dell'Asia non garantisce più le stesse caratteristiche di freschezza. Inoltre, nei Paesi importatori, la merce deve essere venduta a un prezzo inevitabilmente più alto per far fronte alle nuove rotte del trasporto marittimo intercontinentale".

 

Tutte conseguenze negative che si aggiungono al già pesante bilancio del comparto ortofrutticolo. E anche per il comparto vitivinicolo il blocco delle navi verso i mercati asiatici è un ulteriore colpo all'equilibrio economico delle aziende e all'export del settore.

 

"Portiamo all'attenzione delle istituzioni europee un'ulteriore emergenza per il settore primario. Dobbiamo evitare - ha concluso Giansanti - che questa congiuntura incida in modo irreversibile sulle imprese agricole, già alle prese con una situazione complessa dal punto di vista climatico, economico e degli scambi internazionali. Se aumenta l'inflazione, infine, sarà inevitabile un ulteriore calo dei consumi agroalimentari, già in discesa di quasi 5 punti percentuali nello scorso anno".

 

Legacoop Agroalimentare, in difficoltà anche olio e vino

"C'è già un effetto negativo sulle nostre esportazioni e un incremento dei costi nell'utilizzo dei container e dei noli per tutte le tratte". A rilanciare l'allarme sugli effetti già in atto per la crisi nel Mar Rosso, è Cristian Maretti, presidente di Legacoop Agroalimentare, che ieri, 16 gennaio ha affermato: "Ci arrivano segnalazioni continue dalle nostre cooperative per il blocco e per il rischio attacchi che corrono nel Mar Rosso le navi container con le nostre merci. A risentirne sono anche le rotte atlantiche perché l'allungamento dei percorsi da Capo di Buona Speranza impegna per 15 giorni in più i mezzi disponibili a causa di una nuova strozzatura dell'offerta".

 

Anche Legacoop Agroalimentare registra le principali difficoltà in capo alle merci fresche. "Per il settore agroalimentare, infatti, c'è il tema dei tempi di shelflife dei prodotti freschi che non consentono di allungare di 15-20 giorni il tragitto. Fortunatamente questo problema si è originato dopo che importanti prodotti, come il kiwi, erano già 'passati' mentre per le mele siamo ancora a metà. Naturalmente in un settore dominato dalle stagionalità delle produzioni, la quantificazione dei danni dipenderà dalla durata del blocco", ha spiegato Maretti. Difficoltà nelle esportazioni ci sono anche per olio d'oliva dove "si assiste ad un raddoppio dei costi in quanto già da metà dicembre è obbligatorio transitare dall'Africa per arrivare in Giappone e Taiwan".

 

I problemi delle esportazioni possono avere ripercussioni sul mercato interno. Infatti, "se i prodotti non vengono esportati, il rischio è quello di ingolfare il mercato italiano ed europeo con effetti drammatici sui prezzi che, indubbiamente, crolleranno" ha sottolineato amaro Maretti.

 

Ecco quindi che "il 2024 si apre con un nuovo grande problema per le nostre cooperative, quando ancora non siamo completamente fuori da tutti quelli precedenti. Un grande problema di livello europeo che deve trovare una risposta chiara ed unita da parte delle istituzioni comunitarie a presidio dei propri interessi politici e commerciali" ha concluso il presidente di Legacoop Agroalimentare.