Accordo ancora in stallo per la gestione dalla prossima campagna di trasformazione del pomodoro nei bacini del Nord Italia e del Centro Sud. Al Nord si tratta di colmare una distanza di 10 euro tra le proposte negoziali di parte agricola e industriale. Al Centro Sud invece la trattativa si è arenta sulla parte normativa dell'accordo di Programma Quadro.

 

Nord, parte agricola chiede 150 euro

"In considerazione dell'attuale distanza negoziale che potrebbe incrinare il modello virtuoso di relazioni di filiera, la delegazione industriale che ha partecipato all'ultimo incontro tra le parti ha proposto importanti novità in termini di ammodernamento contrattuale, proprio con l'obiettivo di raggiungere un accordo nel più breve tempo possibile" recita una nota Anicav del 29 aprile scorso.


La proposta degli industriali prevede un contratto biennale (2023 e 2024) con l'intento di sostenere la stabilità del settore, assicurando un equo compenso per i produttori agricoli, e al contempo, una migliore ed efficace programmazione delle produzioni. Il prezzo medio di riferimento proposto, fisso per i due anni, è di 135 euro alla tonnellata, superiore del 24% rispetto allo scorso anno.

 

"Questa cifra comporterebbe un esborso, per le sole Imprese associate ad Anicav, di circa 50 milioni di euro, collocando il pomodoro da industria tra le colture più remunerate. L'industria, pur consapevole di una maggior esposizione ai rischi derivante dalla durata biennale dell'accordo proposto, si è dunque resa disponibile a fornire nuovi e concreti elementi negoziali" sottolinea ancora la nota confindustriale.

 

Secondo Anicav "In un mercato caratterizzato dalla grande volatilità dei prezzi delle colture, l'accordo biennale rappresenta una importante novità per il settore agricolo, garantendo certezze e continuità delle produzioni".
La delegazione di Anicav ha proposto anche un'alternativa: un contratto annuale con un prezzo medio di riferimento ancora maggiore, anche "in considerazione dell'incognita siccità", pari a 140 euro alla tonnellata e superiore del 29% rispetto al 2022.

 

"Si auspica che le proposte vengano valutate con determinazione, senso di responsabilità e forte spirito collaborativo, per la tenuta di un comparto che rappresenta certamente il fiore all'occhiello della produzione e della trasformazione alimentare italiana" conclude la nota Anicav.

 

Ma la parte agricola chiede unitamente un contratto annuale e un prezzo medio di riferimento attestato a 150 euro alla tonnellata e la trattativa si è arenata. "Ad oggi permangono le distanze tra parte agricola e industriale, con quest'ultima irremovibile nel non voler riconoscere il prezzo auspicato di 150 euro a tonnellata, già individuato da operatori nazionali ed esteri" è scritto in una nota di Confagricoltura, emanata ieri, 2 maggio 2023.

 

Secondo Confagricoltura è in evidenza "la necessità di una trattativa aperta sulla base delle condizioni di mercato, in un contesto che identifica il prodotto italiano top quality, ma non lo riconosce agli agricoltori dal punto di vista dei prezzi".

 

L'offerta di Anicav è definita da Confagricoltura come "Una proposta che non può essere accettata dagli agricoltori, alla luce degli incrementi dei costi e delle prospettive di mercato". Perché "Il 2022 è stato un anno nero per il comparto sul fronte dei costi - sottolinea Confagricoltura -. Ai rincari di energia, gasolio agricolo e fertilizzanti si aggiungono oggi quelli delle materie prime: dalle piantine ai materiali per la coltivazione in campo al costo dell'acqua, che prevede aumenti fino al 20%".

 

Secondo Confagricoltura poi sul mercato il prodotto trasformato sta andando molto bene, anche nel canale Horeca: la richiesta di passate, polpa e concentrati rimane alta e con quotazioni del prodotto che, sia in Italia, sia all'estero, sono in aumento. "Dovremmo colmare il gap tra quello che viene riconosciuto ai coltivatori e il prezzo allo scaffale" sottolinea l'Organizzazione agricola.

 

"L'Italia - aggiunge Confagricoltura - è il terzo produttore mondiale dopo la California e la Cina, e non può permettersi di arretrare ulteriormente: soltanto lo scorso anno le superfici si sono ridotte dell'8% e la produzione del 10%".

 

L'auspicio dell'Organizzazione è di arrivare entro fine settimana a un'intesa che riconosca il giusto prezzo alla parte agricola, in un'ottica di collaborazione e valorizzazione dell'intera filiera italiana.

 

Oggi è previsto un ulteriore incontro tra agricoltori e industriali e si apre anche Macfrut a Rimini: "dove non mancheranno momenti di confronto auspicabilmente costruttivi. Sarebbe altrimenti la prima volta che non si addiviene a un accordo" conclude la nota.

 

Centro Sud, intesa arenata sulla parte normativa

Ieri, 2 maggio 2023, si è tenuto anche un incontro tra le parti per l'intesa relativa al Bacino del Centro Sud. Secondo nostre fonti non si è ancora parlato di prezzi, ma si è consumato un duro scontro sulla parte normativa, in particolare sulla penalità pagata dalle aziende di trasformazione in caso di mancato ritiro di un carico di pomodoro fresco da trasformare: la parte industriale avrebbe respinto la proposta di parte agricola di pagare il 10% del valore del carico non ritirato.

 

Inoltre, sempre secondo le medesime fonti, l'intero pacchetto di norme sull'Accordo Quadro sarebbe a questo punto in forse, inclusa l'abolizione della tara blitz, che prevede decurtazioni variabili sul prezzo del pomodoro - oscillanti tra il 2 ed il 4% - per compensare le così dette impurità, consistente in residui di terra e pietre.