I prezzi del grano duro pastificabile stanno calando vertiginosamente contro ogni logica di mercato. A guidare l'onda ribassista è il mercato future di Chicago, dove l'indice di questi contratti sul "Durum" è sceso rapidamente, per effetto dei continui realizzi degli operatori finanziari, dai 13,15 dollari Usa per bushel del 17 giugno scorso ai 9,87 dollari di ieri, 12 luglio, una perdita di valore che rasenta il 25% e verificatasi in meno di un mese, neutralizzando anche la svalutazione dell'eurovaluta sul dollaro e che ha già avuto e sta avendo ingenti effetti sul mercato canadese.

 

Tutte le principali borse merci italiane, come AgroNotizie racconterà in dettaglio domani, stanno assecondando passivamente quest'onda ribassista, in assenza dei più elementari fondamentali del mercato. Perché resta il problema non solo della scarsa produzione a livello Ue, ma anche della grande siccità in Nord Africa, che ha di fatto dimezzato in raccolti e aumentato a dismisura le pressioni di quei Paesi in termini reali sui mercati internazionali.

 

Confagricoltura Foggia, il momento di fare filiera

"Si è prodotto a livello nazionale il 30% in meno di grano duro e assistere ad un calo del prezzo è un'anomalia - analizza per AgroNotizie Filippo Schiavone, presidente di Confagricoltura Foggia -, il tutto provocato inizialmente dall'annuncio di Usa e Canada di prossimi buoni raccolti: così molti produttori italiani hanno temuto il peggio e si sono affrettati a vendere, generando un momentaneo eccesso di offerta".

 

"In questo momento - aggiunge il Schiavone - per evitare un crollo occorre che parte trasformatrice, stoccatori e produttori di grano duro collaborino per evitare danni a tutta la filiera, poiché prezzi troppo bassi avrebbero ingenti ricadute sui futuri investimenti degli agricoltori, attesi gli elevati costi di coltivazione raggiunti a causa della crisi energetica in atto".

 

Cia Sicilia Occidentale, prezzi in calo non remunerativi

E un primo allarme sulle conseguenze di questo crollo era giunto dal secondo granaio d'Italia, la Sicilia. "Dopo una spinta verso l'alto che faceva ben sperare per poter compensare il calo delle rese e l'aumento vertiginoso dei costi di produzione, negli ultimi giorni il prezzo del grano ha iniziato ad andare giù. E questo preoccupa i nostri produttori, il cui destino potrebbe anche essere deciso dalle speculazioni internazionali". A dichiararlo - l'11 luglio scorso a Palermo - è Luca Basset, direttore della Cia Sicilia Occidentale Palermo-Trapani, nel pieno della campagna di raccolta, soprattutto nella zona delle Madonie.


La settimana scorsa il mercato di Foggia, piazza di riferimento per i produttori siciliani, ha mostrato i primi segni di ribasso: il grano duro fino ha perso 18 euro per tonnellata, oscillando tra un massimo di 562 e un minimo di 557 euro. Prezzi che, nel caso dei produttori siciliani, devono essere erosi di un'altra manciata di euro per i problemi legati all'insularità.

 

"Per i produttori siciliani - aggiunge Basset - si tratta sempre di prezzi non remunerativi. Si fa sempre sentire la dura concorrenza del grano estero, come quello canadese. Leggiamo, tra l'altro, di stime che parlano di un raddoppio della produzione nel 2022 per il grano canadese. Per questo chiediamo alle istituzioni regionali e nazionali di intervenire in maniera incisiva su quella parte che riguarda i costi di produzione per compensare le eventuali perdite".


Secondo i dati raccolti finora dalla Cia Sicilia Occidentale, la produzione locale accusa un calo che oscilla tra il 30 e il 50%, dovuto alle condizioni climatiche avverse a partire dall'autunno scorso: i campi allagati hanno influito sulla fase di semina. Poi la siccità durante l'inverno e la primavera e il caldo torrido di giugno hanno compromesso la resa delle piante. La qualità resta comunque buona, con livelli di proteine nella normalità. Il secondo problema è poi arrivato dall'aumento dei costi di produzione, dai concimi al carburante agricolo, con prezzi in alcuni casi più che raddoppiati.