L'Agenzia Nuova Cina, ripresa in Italia dall'Ansa, racconta la storia di due aziende agricole della provincia del Gansu, nel Nord-Ovest del paese. Una regione montagnosa e semi-arida, molto povera e rimasta ai margini del benessere generato dallo sviluppo economico cinese.
La Xiangyu olive development è una azienda con sede a Longnan che da alcuni anni coltiva diverse varietà d'olivo provenienti dall'Europa e il 60% dei suoi campi è piantumato a Coratina e Leccino. Alberi che vengono potati, concimati e difesi grazie al saper fare trasmesso dagli agricoltori italiani a quelli cinesi. E anche i macchinari per la lavorazione delle olive sono made in Italy.
Grazie alle caratteristiche del territorio, al suo clima, alla genetica e al know how italiano, quest'anno l'olio Xiangyu Coratina si è aggiudicato il primo premio alla quinta edizione dell'Athena international olive oil competition, un concorso che si tiene ogni anno a Lesbo.
I corrispondenti cinesi parlano poi di un'altra azienda agricola, la Longnan garden city olive technology development, anch'essa impegnata nella coltivazione e commercializzazione di olio d'oliva. Il suo presidente, Bai Xiaoyong, è volato nel 2006 in Toscana per osservare da vicino come in Italia coltiviamo gli olivi e lavoriamo le olive.
È nata una collaborazione con produttori italiani che sono andati in Cina per insegnare agli agricoltori locali come coltivare correttamente le piante. E anche in questo caso i macchinari per la lavorazione sono made in Italy.
Nel 2018 l'olio d'oliva prodotto dall'azienda Bai si è posizionato tra i vincitori del Mario solinas quality award, un premio assegnato nell'ambito della competizione internazionale organizzata dall'International olive oil council in Spagna.
La Cina, da consumatore a produttore di olio
Ma quali sono le potenzialità e le prospettive di una Cina produttrice di olio? Per capirlo abbiamo contattato Marco Antonucci, assaggiatore professionale e membro del panel che ha premiato l'olio Xiangyu Coratina."I cinesi stanno investendo sulla produzione di olio d'oliva, come anche sulla vite da vino o sul pomodoro. Importano dall'Italia le varietà nostrane, attrezzature e tecnici per sviluppare una propria filiera dell'olio", spiega Antonucci, che è stato diverse volte in Cina per formare personale locale, soprattutto buyer e assaggiatori. "Non avendo una tradizione alle spalle sono liberi da preconcetti: prendono il meglio che c'è sul mercato e applicano le moderne tecnologie, con buoni risultati".
"In Cina il consumo di olio d'oliva è ancora molto circoscritto ed è percepito come un prodotto di lusso. Per questo chi lo compra predilige marchi italiani, spagnoli, greci. Europei insomma. Le produzioni locali sono di buona qualità, con punte anche elevate, che però sono destinate a soddisfare quella piccola parte di domanda interna che cerca un olio d'oliva ad un prezzo contenuto", sottolinea Antonucci.
Come per il vino, anche nel campo dell'olio a paesi come l'Italia viene riconosciuto un primato indiscusso, ben sintetizzato dal marchio made in Italy. Il consumatore abbiente cinese che vuole consumare olio d'oliva vorrà dunque sempre un prodotto italiano (o spagnolo). Ma se il nostro comparto vuole cogliere questa opportunità deve cambiare marcia.
"Negli anni passati abbiamo approcciato il mercato cinese con superficialità. Molte società si sono lanciate, talvolta senza le giuste competenze, in questo business, mettendo in pratica comportamenti non sempre corretti. Questo ci ha squalificati come interlocutori seri e oggi quando un buyer cinese incontra una azienda italiana è diffidente", spiega Antonucci. "La Cina è un mercato promettente, ma dobbiamo andarci facendo sistema e puntando sulla costruzione di rapporti di fiducia".