La farina di castagne è stata per secoli un alimento fondamentale per gli abitanti della montagna toscana e di gran parte dell'Appennino.

Un alimento che costituiva la fonte principale di carboidrati, là dove era difficile e meno produttiva la coltivazione del grano, e che ha dato origine a prodotti (dal pane alla polenta, dalle torte alle frittelle) che sono rimasti tra le specialità gastronomiche dei questi territori.

Per fare la farina il processo tradizionale prevede l'essiccazione a caldo delle castagne, che viene fatta ancora oggi in costruzioni particolari dette 'metati', dove al piano terra il fuoco è alimentato con ciocchi di castagno e sopra, su un solaio fessurato, seccano le castagne, per un periodo di oltre quaranta giorni, che poi verranno sbucciate e macinate in mulini a pietra azionati ad acqua.

Ma cosa cambia dal punto di vista nutrizionale e nutraceutico dalla castagna alla farina? Uno studio dell'Università di Pisa ha cercato di rispondere a questa domanda, prendendo in considerazione quattro cultivar tipiche della Garfagnana, in Lucchesia: la Carpinese, la Pontecosi, la Capannaccia e la Morona.

Per farci spiegare cosa è stato fatto e cosa è venuto fuori da questo studio abbiamo intervistato il professore Damiano Remorini che ha partecipato al lavoro, pubblicato recentemente sulla rivista scientifica European food research and technology.

Damiano Remorini, quale è stato l'obiettivo di questo lavoro?
"I castagneti caratterizzano gran parte del paesaggio della Garfagnana e della Media Valle del Serchio e forniscono oltre ai frutti anche importanti prodotti e sottoprodotti che vanno dal legname fino ai funghi. Le varietà di castagne presenti sul territorio, con le quali attraverso un procedimento tradizionale si ottiene la 'Farina di neccio della Garfagnana Dop', sono numerose anche se non equamente coltivate. L'obiettivo della ricerca, che è stata oggetto anche di una tesi sperimentale, è stato quello di caratterizzare le castagne e le farine monovarietali delle varietà Carpinese, Pontecosi, Capannaccia e Morona (nota anche come Cecconi) coltivate in un singolo castagneto nel comune di Castiglione di Garfagnana (Lu)".

Quali caratteristiche nutrizionali e nutraceutiche sono state studiate?
"Sono state effettuate analisi dei suoli, misure morfometriche delle castagne e analisi sul frutto fresco, secco e sulle farine monovarietali ottenute nel metato tradizionale. Nello specifico sono state effettuate sui frutti le analisi di polifenoli totali, tannini, capacità antiossidante tramite saggio Dpph, lipidi, fibre (fibra grezza, costituenti fibrosi e solubili, residuo fibroso), lignina acido detersa, zuccheri, proteine ed elementi minerali. Per le farine abbiamo rilevato il contenuto di sostanza secca, fenoli, tannini, Dpph, estratto etereo, proteina grezza e carboidrati".

Come cambiano queste caratteristiche dal frutto alla farina?
"Alcuni parametri non cambiano mentre altri mostrano incrementi o decrementi significativi. In particolare, alcuni zuccheri (saccarosio e fruttosio) aumentano passando dal frutto alla farina con una concomitante diminuzione dell'amido. Il contenuto fenolico e la capacità antiossidante delle farine risultano inferiori rispetto a quelle dei frutti, come ci si aspettava; tuttavia si è notato un diverso comportamento in funzione della varietà. La diminuzione più marcata si è registrata nelle varietà caratterizzate da valori più elevati nei frutti per il contenuto fenolico (Capannaccia e Carpinese) o per la capacità antiossidante (Capannaccia e Pontecosi).

I risultati evidenziano inoltre vari aspetti di interesse, come per esempio il maggior contenuto di polifenoli delle varietà studiate rispetto ai dati della letteratura e la loro più elevata capacità antiossidante"
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Queste differenze sono tutte dovute al metodo di essiccazione tradizionale?
"Sono state studiate e descritte le modifiche indotte dal processo di essiccazione tradizionale nel metato sulle caratteristiche della farina, evidenziando alcune differenze importanti rispetto al trattamento in stufa, in particolare una maggiore conversione dell'amido in saccarosio nel procedimento tradizionale con il metato".

Queste differenze sono negative o positive?
"Il procedimento di essiccazione tradizionale permette di ottenere caratteristiche qualitative delle farine decisamente migliori. Sarebbe tuttavia interessante comparare le caratteristiche nutritive di una farina prodotta con le stesse varietà con procedimento tradizionale e commerciale. E' probabile che la combinazione tempo-temperatura, caratteristica dell'essiccazione nei metati, sia difficilmente riproducibile con strumentazioni industriali. In prospettiva, si potrebbe anche verificare se e come le diverse procedure di essiccazione possono modificare le componenti aromatiche della farina e, quindi, il suo gusto".

In ogni caso per poter fare la farina le castagne devono essere essiccate, ci sono altre tecniche disponibili? E nel caso come influirebbero sul prodotto dal punto di vista sia nutrizionale che organolettico?
"Oltre al processo tradizionale è possibile un trattamento in stufa. Esistono essiccatoi industriali a gasolio o gas che permettono l'essiccamento delle castagne in periodi molto più brevi rispetto ai quaranta giorni del trattamento tradizionale, in genere tra due e quattro giorni.
Ovviamente ci sono differenze per quanto riguarda il prodotto finale. Nella farina essiccata nei metati tradizionali l'umidità è generalmente compresa tra 4,5 e 6,6% mentre in quella industriale può arrivare fino al 10%. Inoltre, se viene successivamente macinata con mulini a martello, la farina scaldandosi vede modificate molte delle sue componenti biochimiche e aromatiche.

Infine, negli essiccatoi tradizionali le larve degli insetti che si possono trovare all'interno del frutto di molte castagne, trovandosi per quaranta giorni in un ambiente con un calore intorno ai 38-40 gradi, fuoriescono dai frutti e cadono nel pavimento sottostante. Mentre negli essiccatoi industriali le larve muoiono rimanendo all'interno delle castagne e, ovviamente, nelle farine"
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