Il tempo dell’uva

Con l’avvio della vendemmia e in attesa del vino che verrà, il “Corriere della Sera” del 27 luglio presenta la classifica delle cantine che hanno realizzato le migliori prestazioni nella passata stagione enologica. I numeri sono importanti, un fatturato del settore che ha raggiunto i 6,8 miliardi di euro, con l’export che pesa per quattro miliardi e il consumo interno che ne vale 2,8. Il tutto realizzato negli oltre 168mila ettari del “vigneto Italia”.
Quasi la metà di questo capitale enologico è però realizzato da poco più di un centinaio di aziende, fortemente orientate all’export. La maggior parte di queste, oltre il 60%, sono aziende private, guidate da famiglie che si tramandano da generazioni i segreti del mestiere. Il rimanente è rappresentato da imprese cooperative, dove a guidare la classifica troviamo Cantine Riunite&Civ e Caviro.
Altri brand che pur figurano ai primi posti fanno capo ad aziende commerciali che spesso non hanno nemmeno un ettaro di vigneto in proprietà. Se il 2019 è stato un anno positivo per tutti, conclude l’articolo, il 2020 sarà invece in salita. Nessuno se ne stupirà.


A ognuno il suo mais

Produrre una varietà di mais specifica per ciascuna zona di coltivazione. E’ questa la ricaduta pratica dello studio condotto dal team di ricercatori dell’Università di Milano. Inizia così l’articolo pubblicato il 29 luglio su “Italia Oggi”, che descrive in sintesi i risultati degli studi coordinati da Lucio Conti del dipartimento di Bioscienze, nel quale sono stati presi in esame alcuni geni implicati nel processo di fioritura in funzione del clima.
La ricerca ha individuato i marcatori molecolari grazie ai quali è possibile predire i tempi di fioritura. “Sta adesso - conclude l’articolo - ai breeder trasferire questa conoscenza per ottimizzare al meglio i parametri e la resa in campo del mais”. Il Clima più caldo, si legge ancora, consentirà l’espansione di questa coltura utilizzando le varietà che meglio si adattano a un certo ambiente.
 

Fosche previsioni

E’ un autunno pieno di incognite quello che si profila per l’agricoltura, come lo descrive Annamaria Capparelli sulle pagine del “Quotidiano del Sud” del 30 luglio. Già se ne vedono gli effetti con le conseguenze dell'emergenza sanitaria, che ha tagliato l'export agroalimentare, sul quale si addensano poi ulteriori problemi in conseguenza delle complicate relazioni commerciali con gli Usa.
C'è poi da fare i conti con la carenza della manodopera che ha già compromesso i raccolti di ortofrutta e che rischia di ipotecare anche la prossima vendemmia. Mentre ancora non si vedono i soldi promessi dall'Unione europea e dal Governo italiano, gli unici conti certi sono quelli dei danni che il settore ha subìto.
Altre perdite si dovranno poi conteggiare per l'ondata di calore dei primi giorni di agosto e per la scarsità di risorse idriche.
A questo proposito l'articolo ricorda che da anni si parla della necessità di interventi per garantire acqua alle coltivazioni. I progetti ci sono, e molti immediatamente cantierabili. Tutto, al momento, irrimediabilmente fermo.


Ridateci il voucher

Il tema del lavoro agricolo continua a essere al centro del dibattito, mostrando al contempo il valore strategico dell’agricoltura e i suoi punti di fragilità.
Si torna così a parlare della reintroduzione dei voucher e lo fa il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini, intervenendo dalle pagine de “Il Secolo XIX” del primo agosto, ribadendo che c’è bisogno urgente di questo strumento per garantire le forniture alimentari di cui il paese ha bisogno.
In gioco ci sono molte colture, dalle ortive alla frutta e poi la vendemmia che inizia in agosto per proseguire sino a ottobre. Con il voucher agricolo, si legge ancora, si potrebbe garantire opportunità di lavoro ad almeno 50mila giovani studenti, pensionati, cassintegrati e percettori del reddito di cittadinanza.
Non a caso, conclude l’articolo, il numero di voucher è rimasto stabile negli anni, prima della sua abolizione nel 2017. Circa 350mila giornate lavorative nei precedenti cinque anni, che potrebbero aiutare molti italiani in difficoltà per la mancanza di lavoro.


Solo promesse

Le risorse comunitarie del Recovery fund destinate all’agricoltura “sono insufficienti perché non è possibile chiedere agli agricoltori maggiori sacrifici, soprattutto sul versante ambientale, senza offrire adeguare risorse in cambio”. Sono le parole che il settimanale “Panorama” in edicola il 5 agosto attribuisce alla ministra per le Politiche agricole, Teresa Bellanova, a commento dell’accordo raggiunto a Bruxelles sulla distribuzione dei fondi destinati a sopperire all’emergenza economica che fa seguito a quella sanitaria da coronavirus.
Giudizi altrettanto critici, seppure con toni diversi, quelli che a detta di questo settimanale sono stati espressi dai vertici delle principali organizzazioni agricole. Quando la nuova Pac sarà a regime, si legge ancora, conterà su 70 miliardi in meno, mentre i soldi del Recovery fund saranno in parte agganciati al “green new deal”, che porterà a un incremento delle coltivazioni biologiche. Inoltre c’è il rischio che l’adesione al programma Farm to Fork possa aprire le porte al “Nutriscore”, il progetto di etichettatura a semaforo che mette fuori gioco molte eccellenze made in Italy.
Forse un quadro eccessivamente pessimistico, questo disegnato da Panorama, ma la possibilità che le politiche comunitarie finiscano con il penalizzare l’agricoltura non è da escludere.


Il valore del made in Italy

Si chiama Osservatorio Immagino ed ha incrociato le informazioni riportate sulle etichette di 112mila prodotti di largo consumo per scoprire cosa guida i meccanismi di consumo nel nostro Paese. Interessanti i risultati ottenuti in merito all’apprezzamento del made in Italy sugli scaffali della grande distribuzione, risultati che si possono leggere in sintesi su “Italia Oggi” del 7 agosto.
Si scopre così che attraverso questo canale vengono commercializzati oltre 7,4 miliardi di prodotti agroalimentari, che dicono di essere italiani nell’etichetta o si fregiano di una denominazione di origine e dunque sono necessariamente made in Italy.
L’italianità del cibo e del vino - si legge su questo quotidiano - è un plus per molti consumatori e non accenna a diminuire.” Un fenomeno in crescita che vede premiati i prodotti che riportano la bandiera italiana o si dichiarano 100% italiani. Crescita che coinvolge i cibi Dop e i vini Docg, con aumenti rispettivamente del 7,1% e del 4,8%.
L’articolo continua prendendo in esame le vendite del made in Italy nelle diverse Regioni, ma ora mi piace ricordare la recente decisione di introdurre nelle etichette di salumi e insaccati l’obbligo di indicare l’origine della carne con la quale sono stati prodotti.
A quanto pare i consumatori sono attenti alla provenienza e le nuove etichette non potranno che essere un aiuto agli allevatori italiani di suini, reduci da una profonda crisi di mercato ancora non del tutto superata.
 

La vendemmia che verrà

Prime anticipazioni sulla vendemmia dalle pagine de “Il Sole 24 Ore” del’11 agosto, vendemmia che si preannuncia in lieve calo e con più problemi sul fronte della manodopera. I tempi della procedura per dotare di codice fiscale i lavoratori da contrattualizzare si sono enormemente dilatati con l’avvento del lavoro a distanza e per una pratica che richiedeva poche ore di tempo, ora servono almeno 15 giorni.
Una procedura - si legge nell’articolo - che non ha riscontro con il passato e suscita molti dubbi sull’efficienza delle piattaforme digitali della pubblica amministrazione, che in tempi di crisi come questo dovrebbero, invece, velocizzare le pratiche burocratiche per agevolare il rilancio dell’economia del Paese.
L’articolo continua con alcune anticipazioni sull’esito della vendemmia, la cui produzione è stimata in 45 milioni di ettolitri, con un calo di circa il 5% rispetto allo scorso anno.
Importanti i numeri del settore, che genera 11 miliardi di fatturato solo dalla vendita del vino, e che dà opportunità di lavoro a 1,3 milioni di persone impegnate lungo questa filiera. Gran parte delle uve, circa il 70%%, andrà a vini a marchio di origine e il restante ai vini da tavola.
 

Assicurarsi è meglio

Meglio assicurarsi o si avranno problemi per ottenere aiuti in caso di calamità naturali. Sembra essere questo il messaggio lanciato agli agricoltori dalle pagine de “Il Sole 24 Ore” del 13 agosto. Se il danno ha comportato una riduzione di almeno del 30% della produzione, spiega Francesco Giuseppe Carucci che firma l’articolo, è comunque previsto un trattamento fiscale agevolato.
In pratica, dice l’articolo, è possibile considerare inesistenti i redditi dominicali e agrari relativi ai periodi di imposta durante i quali si è verificato l’evento calamitoso. Purché si sia prestata attenzione alle scadenze.
Il danno va infatti denunciato entro tre mesi o, nel caso in cui la data non sia facilmente identificabile, almeno 15 giorni prima del raccolto. Denuncia che non si rende necessaria qualora l’area interessata all’evento sia estesa e se da parte della amministrazione pubblica o delle associazioni di categoria tali aree siano state individuate, confermando l’entità del danno.
Ma il vantaggio fiscale è solo apparente, perché sino al 2021 sono in atto agevolazioni che azzerano o riducono i redditi agrari.
 

Il dazio rinviato

Il presidente Usa, Donald Trump, ha infine deciso di rinviare il nuovo giro di vite tariffario sulle merci provenienti dall’Europa. La notizia rimbalza su molti quotidiani in edicola il 14 agosto e fra questi “Repubblica” che ricorda come ad essere “graziati” dall’inasprimento dei dazi siano il vino, la pasta e l’olio.
Nell’elenco troviamo anche i formaggi e in particolare il Parmigiano Reggiano che già paga un tributo del 25% per sbarcare sul suolo statunitense.
Il rischio, ricorda il presidente del Consorzio di tutela, Nicola Bertinelli, era un innalzamento dell’imposta al 40%, cosa che avrebbe comportato serie conseguenze, considerando il delicato momento di mercato.
Soddisfatto poi Fabrizio Bindocci, alla guida del Consorzio del Brunello di Montalcino, vino che negli Usa ha molti estimatori.
Il problema - dichiara a Repubblica Luigi Scordamaglia di Filiera Italia - è chiedere la revoca delle sanzioni già in essere”. Da Bruxelles arrivano a questo proposito segnali positivi. Non resta che attendere.


Tristeza e agrumi

E’ un decreto del 10 agosto quello firmato dalla ministro Teresa Bellanova, che contiene le disposizioni relative al funzionamento degli aiuti pubblici destinati agli agrumeti. Otto dei dieci milioni a disposizione sono indirizzati al ricambio varietale delle aziende agrumicole che hanno subìto danni in conseguenza degli attacchi del virus della tristeza o del mal secco.
La conferma arriva da “Italia Oggi” del 19 agosto con l’articolo a firma di Ermanno Comegna, dove si spiega che gli agricoltori avranno a disposizione 30 giorni per presentare la domanda (in via telematica) ad Agea.
Il via scatta dal momento della pubblicazione del decreto sulla Gazzetta Ufficiale, atteso nei prossimi giorni. Le spese di reimpianto saranno coperte per non oltre l’80%, sino a un massimale di poco più di 14mila euro. Oltre alla pubblicazione in Gazzetta, occorrerà attendere anche la diffusione della circolare di Agea con le modalità da seguire.


La carne è debole

Durante la chiusura per la fase acuta della pandemia l'agricoltura e gli allevamenti hanno continuato a lavorare e produrre per soddisfare le richieste della domanda. Ma non per tutti i settori i consumi domestici hanno consentito di recuperare il fermo imposto alla ristorazione collettiva. E’ questo il caso della zootecnia e in particolare della carne bovina, che ha visto un crollo dei consumi del 30%.
Più penalizzata fra i vari segmenti del comparto la carne di vitello, che ha come destinazione prevalente il circuito della ristorazione e quello alberghiero. Nonostante i 35 milioni messi a disposizione per premi alla macellazione e ammasso, scrive Giorgio dell’Orefice su “Il Sole 24 Ore” del 21 agosto, la situazione resta critica e Oicb (Organizzazione interprofessionale del settore) ha lanciato l’allarme, chiedendo un piano di sostegno strutturale.
La priorità, continua l’articolo, è quello di gestire l’eccesso di offerta, conseguente alla pressione del prodotto di importazione che sta indebolendo i prezzi. Il problema si sposta così alle politiche europee, che a detta di Luigi Scordamaglia, ai vertici di Inalca e consigliere di Filiera Italia, dovrebbe puntare a smaltire l’eccesso di offerta sui mercati extra Ue. Invece si pensa a improbabili produzioni di carne in laboratorio.


Aspettando le fiere

E’ un quadro a tinte fosche quello descritto dal settimanale “L’Espresso” in edicola il 23 agosto sulle prospettive a breve. Da una parte l’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) che annuncia livelli di disoccupazione da capogiro da qui alla fine dell’anno, dall’altra la “fame” di manodopera che proviene dai campi, in procinto di affrontare la vendemmia.
E ancora una volta si alza la voce delle organizzazioni agricole per un ripristino dei voucher. Potrebbero salvare la vendemmia, si legge nell’articolo, e dare uno stipendio temporaneo a chi non ce l’ha.
E poi il timore sull’andamento dei consumi, in flessione anche per le motivazioni psicologiche che accompagnano i timori per l’emergenza sanitaria. L’articolo si sofferma poi sulle pesanti conseguenze sul settore fieristico, pensando a sfilate, eventi modaioli e non, concerti. Fabrizio Gatti, che firma l’articolo, non cita gli eventi che riguardano il mondo agroalimentare, forse per mancanza di spazio.
Lo faccio al posto suo, ricordando che il Covid-19 ha cancellato o trasformato in “eventi digitali” molti appuntamenti. Fra gli altri il Vinitaly di Verona, il Cibus di Parma, il Macfrut di Rimini e più avanti dovremo rinunciare all’appuntamento con l’Eima di Bologna. E sono solo alcuni esempi. Con l’augurio di recuperare nel 2021.
"Di cosa parlano i giornali quando scrivono di agricoltura?"
Ogni lunedì uno sguardo agli argomenti affrontati da quotidiani e periodici sui temi dell'agroalimentare e dell’agricoltura, letti e commentati nell'Edicola di AgroNotizie.

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