Dalle interviste, solo il 23% degli italiani dichiara che andrà meno al ristorante, a fronte di un solido 58% per cui non cambierà nulla, fatte salve comunque le misure di sicurezza da prendere (45%). Non manca poi il cosiddetto “revenge spending” post lockdown, per i beni voluttuari come il vino. Il 10% infatti prevede infatti di spenderne più di prima fuori casa, valore che sale al 15% per la fascia d'età fra i 25 e 40 anni.
“La nostra speranza è che gli storici partner dell'Horeca possano essere messi al più presto nelle condizioni di poter riprendere il proprio cammino – sottolinea il direttore generale di Veronafiere Giovanni Mantovani – Vino, accoglienza e ristorazione rappresentano il primo fattore distintivo del nostro Paese nel mondo, e trovano in Vinitaly il luogo di incontro per eccellenza, con una media di 18mila buyer italiani nell'Horeca”.
“Il ruolo della ristorazione e gli effetti del lockdown sulle vendite di vino si può già intravedere sulle giacenze a fine aprile – spiega il responsabile dell'Osservatorio Denis Pantini – si evidenziano infatti penalizzazioni subite anche da alcune blasonate denominazioni che trovano nell'horeca il principale segmento di mercato”.
Volumi invenduti sul +9% per Montefalco Sagrantino e +8% per il Nobile di Montepulciano, passando per il +8% del Chianti, fino a eccedenze importanti per la Falanghina (+16%) e il Soave (+24%). Ma il danno non è solo per la fascia più alta; Castelli Romani segna un +36% e il +22% per il Frascati.
L'Osservatorio infine spiega come un terzo dei consumatori consumi maggiormente fuori casa (42% i millenials), con un valore del 45% sul totale delle vendite in Italia (14,3 miliardi di euro il totale nel 2018). Il prezzo medio è di 15,4 euro a bottiglia, mentre al calice la spesa si attesta mediamente sui 5,7 euro.