In India le startup stanno cambiando il volto dell'agricoltura: ad annunciarlo è il recentissimo rapporto pubblicato da AgFunder (società statunitense che promuove investimenti nell'agrifood e nella tecnologia), totalmente incentrato sullo sviluppo delle imprese agroalimentari indiane.

Secondo quanto riportato nel paper, che prende in esame il quinquennio 2013-2017, le startup agricole e alimentari indiane sono state travolte da un successo inaspettato, frutto anche (ma non solo) della loro capacità di cogliere le esigenze della grande classe media indiana. Ma non è tutto oro quel che luccica.

Attualmente l'agricoltura, insieme alla pesca e alla silvicoltura, contribuisce in maniera poderosa all'economia nazionale: e non potrebbe essere altrimenti, visto che, con 157,35 milioni di ettari, l'India detiene uno dei più vasti terreni agricoli a livello mondiale. Il Pil generato dal settore primario ha toccato quota 244,74 miliardi di dollari nel solo anno fiscale 2016, tuttavia le sfide non mancano: la crescente frammentazione delle proprietà terriere, la popolazione in crescita, la diminuzione dei livelli delle acque sotterranee, la scarsa qualità delle sementi, la mancanza di meccanizzazione, la bassa resa per unità di produzione e la dipendenza da intermediari, rischiano di gettare un'ombra sul settore.

Oggi, circa il 70% delle famiglie contadine, per la maggior parte piccoli agricoltori con meno di un ettaro di terra, dipende infatti da prestiti per portare avanti la propria attività. E solo il 45% dell'area seminata ha accesso a impianti di irrigazione. Eppure i dati forniti da Agrievolution (l'associazione che riunisce i costruttori dei principali paesi produttori di macchinari agricoli) indicano nei primi nove mesi del 2018 una crescita consistente della vendita di trattrici in India (+18%, due punti in più rispetto all'anno precedente), segno di una decisa espansione del settore (Fonte: FederUnacoma).
Dunque cosa sta accadendo? Come riporta la piattaforma online di informazione di settore AgriBusiness Global, l'agricoltura in India sta attraversando una nuova ondata di rinascita guardando a processi produttivi tecnologicamente sofisticati in grado di portare a migliori raccolti. Ma adottare quelle tecnologie di precisione tanto ammirate - nonostante i numerosi vantaggi - non è facile. L'alto costo rimane il principale deterrente per gli agricoltori, cui si aggiungono la mancanza di consapevolezza e l'assenza di una formazione dedicata.

Più abbordabile, a quanto pare, il settore dell'agrifood. Come rilancia anche la piattaforma online di informazione economica LiveMint, quello delle startup agroalimentari è, per l'India, un settore relativamente nuovo, che comprende una serie di settori più piccoli tra cui l'e-grocery, i mercati dei ristoranti e le tecnologie legate alla cucina.

Ebbene, queste startup sono state in grado di attrarre sostanziosi finanziamenti da parte degli investitori, comprese grandi multinazionali del settore tecnologico e società di venture capital. D'altra parte i dati parlano chiaro: negli ultimi cinque anni le neonate realtà dell'agrifood hanno raccolto 1,66 miliardi di dollari da circa 558 contratti, con quasi un miliardo di dollari (996 milioni, per essere esatti) investiti in startup di consegna di cibo.
A guidare la lista è Zomato, servizio web e mobile fondato nel 2008 da Deepinder Goyal e Pankaj Chaddah, con sede a Gurgaon in India, che fornisce informazioni dettagliate su oltre un milione di ristoranti in 23 paesi tra cui l'Italia (Fonte: AdnKronos), seguito a ruota da Swiggy, altro gigante del food delivery. Ma non sono gli unici: come riporta un approfondimento dell'agenzia giornalistica Agi, Delivery Hero, la holding che possiede la app di consegne di cibo Foodora, sta spopolando in India attraverso il brand Foodpanda (attivo anche in Bangladesh, Brunei, Bulgaria, Hong Kong, Malaysia, Pakistan, Filippine, Romania, Singapore, Taiwan e Thailandia), senza dimenticare poi Uber Eats.

Una vera e propria esplosione delle imprese del food: basti pensare che gli investimenti complessivi in startup agroalimentari in India hanno subìto un'autentica impennata, da 89 milioni di dollari nel 2013 a 342 milioni di dollari nel 2017.

"Viviamo in un'epoca in cui i nostri smartphone sono spesso più intelligenti di noi - scrive Rajesh Aggarwal, managing director della Insecticides India Ltd. - Ma quando si parla di agricoltura, il tempo sembra non essere mai trascorso: restiamo divisi tra tecnologie rudimentali e agricoltori in difficoltà che non sono sicuri del futuro, né delle loro colture, né di se stessi. Legati al circolo vizioso del debito, intravedono nelle tecnologie agricole intelligenti una via di salvezza, ma non sono in grado di imboccarla. In effetti la maggior parte degli agricoltori indiani è analfabeta o ha un'educazione elementare, pertanto stenta a utilizzare dispositivi digitali. A volte, non sono in grado nemmeno di comprendere le icone utilizzate in un'applicazione mobile. Questo divario tra le conoscenze e i format disponibili è l'ostacolo principale all'adozione di tecnologie intelligenti".

Insomma, pare proprio che l'ecosistema indiano sia diviso tra un'agricoltura che intravede i vantaggi delle tecnologie di precisione ma non ha né le conoscenze, né le risorse per sfruttarle, e un agrifood in espansione, trainato da una domanda di servizi digital in continua crescita. Nuova Delhi crede soprattutto in questo ultimo, tanto da prevedere la nascita di oltre 100mila nuove startup da qui al 2025, in grado di dare lavoro a più di tre milioni e mezzo di indiani e di insidiare la supremazia tecnologica e digitale della Cina, da un lato, e degli Stati Uniti dall'altro.
Ma per vincere le elezioni del 2019, il primo ministro Narendra Modi dovrà dare una risposta anche ai contadini e recuperare la fiducia di una vasta comunità agricola che da troppo tempo paga sulla propria pelle l'arretratezza e le ambizioni mancate di un settore primario piegato dal debito.