Agrinsieme attacca l’accordo, precisando che “a pagare un prezzo altissimo nei rapporti tra Ue e Paesi terzi sarà il comparto agrumicolo dell’Europa meridionale".
Attualmente è già previsto il libero accesso delle arance sudafricane in tutto il territorio, dal primo giugno al 15 ottobre. L’accordo, inoltre, stabilisce anche un’ulteriore dilazione temporale consentendo l’ingresso a condizioni agevolate fino al 30 novembre, con una riduzione progressiva della tassazione, che sarà completamente abolita nel 2025. Per Agrinsieme questo accordo è inaccettabile, in primo luogo sotto il profilo economico a causa della progressiva eliminazione dei dazi, e poi per la questione fitosanitaria.
“Il rischio fitosanitario non può essere sottovalutato – sottolinea il coordinamento di Cia, Confagricoltura, Copagri e Aci agroalimentare – anche considerando l’effetto Brexit e le sue conseguenze sulle dinamiche commerciali. Il Regno Unito, non avendo produzione agrumicole da tutelare e proteggere, potrebbe aprirsi maggiormente all’import e divenire un pericoloso ponte per il transito delle produzioni extra Ue nell’Unione Europea”.
Il problema resta il Cbs (Citrus Black Spot), fitopatia non presente in Europa, ma di cui è affetto il territorio con cui è stato siglato l’accordo. Tutto questo, dopo che la Commissione Europea ha già previsto un regime di controlli minori sulle importazioni di agrumi destinati alla trasformazione, provenienti da alcuni paesi tra cui il Sudafrica.
“In futuro occorrerà tenere ben presenti i principi di precauzione e di reciprocità – continua Agrinsieme - ad esempio confrontando gli standard tecnici e le regole di produzione autorizzate nei vari Paesi, spesso squilibrate a danno dei nostri paesi. Come per il Ttip, sarebbe auspicabile analoga attenzione ai principi e agli standard sanitari e fitosanitari europei, che non possono essere messi in discussione da una politica commerciale comunitaria”.
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Fonte: Cia - Confederazione italiana agricoltori
Autore: Lorenzo Pelliconi