“Le nostre aziende rappresentano un settore importante del made in Italy agroalimentare, – ha dichiarato Antonio Emaldi, presidente di AssoDistil – portatore di una tradizione dell'alta qualità e del bere responsabile. Ma, a differenza dei prodotti agroalimentari e vinicoli, le bevande spiritose non possono contare su un'apposita normativa nazionale che deleghi il ministero delle Politiche agricole a riconoscere consorzi di tutela, come per le produzioni Igp e Dop”. Eppure, l'Italia può vantare prestigiose Indicazioni geografiche come, per citarne alcune, la grappa e il brandy Italiano. Senza una disposizione simile, i distillatori incontrano molte difficoltà nella difesa e nella valorizzazione dei distillati made in Italy. Alla Commissione Agricoltura del Senato, l'Associazione ha quindi proposto di inserire la norma sui consorzi di tutela all'interno del Collegato agricoltura, disegno di legge in materia di semplificazione, razionalizzazione e competitività agricole del settore agroalimentare.
AssoDistil ha poi ricordato la battaglia che, insieme all’Istituto nazionale grappa, e al Mipaaf, porta avanti per l’introduzione dell'obbligo di imbottigliamento della grappa nel luogo d'origine. Nel 2011, infatti, il ministero ha emanato un decreto che impone, appunto, il vincolo dell'imbottigliamento della grappa a livello nazionale. Nonostante la giurisprudenza europea sia a favore del provvedimento, l’entrata in vigore del decreto è stata più volte prorogata (l’ultima volta fino al 1° gennaio 2015), a causa dell'opposizione dell'Ue. Ma i distillatori non demordono. “L’obbligo di imbottigliamento – ha ribadito Emaldi – rappresenta lo strumento migliore per garantire la reputazione e l'autenticità dell'Ig Grappa”.
Sotto attacco in Europa anche il brandy italiano, a causa della mancata armonizzazione delle norme sull'invecchiamento delle bevande spiritose. Mentre in Italia si effettuano controlli fiscali assai incisivi, in altri Paesi tali controlli non offrono garanzie equivalenti o, peggio ancora, non sono previsti. “A fronte di una crescente domanda di prodotti invecchiati – ha spiegato il leader di AssoDistil – si è determinata una pesante distorsione della concorrenza, immettendo così sul mercato brandy e acquaviti esteri invecchiati per un periodo inferiore a quanto stabilito dalle norme Ue”. L’Associazione ha già richiesto alla Commissione europea di obbligare gli Stati membri ad effettuare i necessari controlli fiscali sull'invecchiamento. “La nostra è una battaglia per la legalità, che necessita di sostegno istituzionale”, ha sottolineato Emaldi.
Un capitolo importante dell'audizione è stato dedicato agli effetti nefasti che i tre successivi aumenti delle accise sull'alcol hanno prodotto nel settore. “Basti pensare – ha osservato il presidente dei distillatori - che oggi su un litro di alcool destinato alla produzione di bevande spiritose si pagano quasi 10 euro di accisa”. Per giunta i dati sul gettito, tra il 2011 e il 2014, sono in flessione ma ancora più preoccupante è il dato sulle immissioni in consumo che rileva una perdita del 24% nell’ultimo triennio. “Il che dimostra – ha dichiarato Emaldi – che, oltre a impoverire il comparto distillatorio, l'aumento delle accise si è rivelato inutile dal punto di vista fiscale. Conosciamo le difficoltà finanziarie del Paese e, per questo, non chiediamo una diminuzione dell’aliquota attuale, ma di eliminare il futuro aumento, il quarto in un anno per il nostro settore, già previsto per gennaio 2015”. L'incontro si è svolto in un clima di dialogo e partecipazione. “Siamo soddisfatti per l'audizione, che si è svolta in un clima di confronto e collaborazione – ha concluso il presidente di AssoDistil – ci auguriamo che questa disponibilità all'ascolto rappresenti un primo passo verso la soluzione dei problemi che bloccano la crescita di un settore emblematico del made in Italy agroalimentare”.