L’Unione Europea si appresta a rivedere le norme sulle etichette di scadenza dei prodotti alimentari per far sparire le scritte "da consumarsi preferibilmente entro” dalle confezioni di prodotti come pasta, riso, caffe e formaggi duri.

E’ quanto afferma la Coldiretti sulla base dell’ordine del giorno della riunione di Consiglio agricoltura, che si svolgerà a Bruxelles oggi 19 maggio 2014, in cui ministri affronteranno le proposte delle delegazioni di Olanda e Svezia che intendono richiamare l'attenzione del Consiglio al problema della perdite alimentari e dei rifiuti in Europa con suggerimenti che riguardano l'esenzione dell'obbligo di indicare in etichetta il termine minimo di conservazione o la data raccomandata per i prodotti a lunga conservazione, con il sostegno dell’Austria, Germania, Danimarca e Lussemburgo.

"Con l’eliminazione della “data di scadenza” l’Unione Europea taglia di fatto la qualità del cibo in vendita in Europa - sostiene la Coldiretti - che con il passare del tempo perde le proprie caratteristiche nutrizionali in termini di contenuto in vitamine, antiossisidanti e polifenoli che fanno bene alla salute, ma anche quelle le proprietà organolettiche, di fragranza e sapore dal quale deriva il piacere di stare a tavola".

Il termine minimo di conservazione (Tmc) - riportato con la dicitura “Da consumarsi preferibilmente entro" - indica la data fino alla quale il prodotto alimentare conserva le sue proprietà specifiche in adeguate condizioni di conservazione. Cioè indica soltanto la finestra temporale entro la quale si conservano le caratteristiche organolettiche e gustative, o nutrizionali, di un alimento - spiega Coldiretti - senza con questo comportare rischi per la salute in caso di superamento seppur limitato della stessa. Si sottolinea però che tanto più ci si allontana dalla data di superamento del Tmc, tanto più vengono a mancare i requisiti di qualità del prodotto, quale il sapore, odore, fragranza, ecc.

Differisce quindi dalla data di scadenza vera e propria che  è la data entro  cui il prodotto deve essere consumato ed anche  il termine oltre il quale un alimento non può più essere posto in commercio. Tale data di consumo non deve essere superata altrimenti ci si può esporre a rischi importanti  per la salute. Si applica ai prodotti preconfezionati, rapidamente deperibili da un punto di vista microbiologico ed è indicata con il termine “Da consumarsi entro” seguito dal giorno, il mese ed eventualmente l’anno e vale indicativamente per tutti i prodotti con una durabilità non superiore a 30 giorni.

Attualmente solo pochi alimenti hanno una scadenza prestabilita dalla legge come il latte fresco (7 giorni) e le uova (28 giorni). Per tutti gli altri prodotti la durata  viene stabilita autonomamente dagli stessi produttori, in base ad una serie di fattori che vanno dal trattamento tecnologico alla qualità delle materie prime, dal tipo di lavorazione e di conservazione per finire con l’imballaggio. Per questo - specifica la Coldiretti - non è difficile, durante un controllo commerciale, vedere due prodotti simili, ma di marchio differente con data di scadenza diversa. E’ infatti compito di ogni singola azienda effettuare prove di laboratorio sui propri prodotti, per misurare la crescita microbica e valutare dopo quanti giorni i valori organolettici e nutrizionali cominciano a modificarsi in modo sostanziale.

Complice la crisi economica oggi appena il 36% degli italiani dichiara di attenersi rigorosamente alla data di scadenza dei prodotti riservandosi di valutare personalmente la qualità dei prodotti scaduti prima di buttarli, secondo le elaborazioni Coldiretti su dati Gfk Eurisko.