Avevano promesso che la nuova Pac avrebbe dato un calcio alla burocrazia. Così non sarà. Le oltre 600 pagine che contengono le nuove regole che guideranno i sostegni all'agricoltura sino al 2020 nascondono insidie, trabocchetti e tranelli difficili da evitare. I dubbi e gli interrogativi che gli agricoltori si pongono vanno aumentando di giorno in giorno. Lo si è visto in occasione del recente incontro organizzato a Bologna da Agrinsieme con la collaborazione di New Business Media ed Edagricole proprio per discutere di questi argomenti. Salone gremito come avviene di rado e una sfilza di domande rivolte ad Angelo Frascarelli dell'Università di Perugia e a Paolo De Castro, presidente della commissione Agricoltura al Parlamento europeo, impegnati nel compito di dare una risposta ai tanti dubbi. Risposte difficili, complicate per la complessità della materia e a volte persino impossibili per la mancanza di certezze. Colpa anche della lentezza italiana, ha ricordato Antonio Dosi di Agrinsieme, nell'operare le scelte connesse alla riforma della Pac.

L’enigma dei titoli
Fra i punti più controversi gli elementi di calcolo per il valore dei titoli. Si partirà dalla situazione in essere in ogni azienda, ma non sarà semplice. Frascarelli ha proposto una formula che inizia dalla definizione del valore iniziale dei titoli (VUI) e che suona così: VUI = (X/Y) * (A/B), dove X/Y è la percentuale di pagamento di base sul massimale e A/B il pagamento medio per ettaro al primo anno. Facile vero? Altro che semplificazione, la nuova Pac continuerà ad intasare gli uffici delle organizzazioni agricole. E che dire poi della definizione di “agricoltore attivo”? Qui si brancola nel buio. In Spagna hanno già deciso e si baseranno sul bilancio aziendale, una strada impraticabile in Italia, dove a guidare il sistema è ancora la rendita catastale. Da noi si è ancora indecisi, iscrizione all'Inps, alle Camere di Commercio, prevalenza del reddito agricolo? Ognuna nasconde vantaggi e controindicazioni. Ma bisognerà fare in fretta o si bloccheranno anche i Psr.

Gli affitti “congelati”
Poi il capitolo dell'affitto e dei titoli. Questi ultimi saranno legati all'affittuario e non alla proprietà della terra. E così il sistema degli affitti si è “congelato”. Perché perdere oggi i titoli significa non poterne usufruire per tutto il periodo della nuova Pac e dunque sino al 2020. Non sempre le cose stanno così, e negare l'affitto può essere inutile e persino controproducente per la proprietà. Sarà, ma nel dubbio chi può si astiene dal concedere in affitto i propri terreni.
Più complessa la situazione per il greening, come si definiscono le coltivazioni a basso impatto ambientale. Al greening va destinato il 30% delle colture arabili, dalle quali sono escluse le coltivazioni arboree, ad esempio i frutteti. Chi ha la  “sfortuna” di possedere oltre 30 ettari dovrà anche preoccuparsi di destinare il 5% del proprio terreno a “superficie ecologica”. E non lamentiamoci. Nella stesura iniziale della riforma della Pac questo vincolo scattava a prescindere dalla dimensione dell'azienda agricola. E che dire della coltivazione del riso, alla quale non si voleva riconoscere il titolo di coltura sommersa e come tale estranea all'applicazione del "greening".  Se le cose sono migliorate il merito è del ruolo decisivo assunto dal Parlamento europeo e dell'intenso lavoro della commissione Agricoltura guidata da Paolo De Castro. Non sempre però è facile districarsi  fra i diversi vincoli, in particolare per le aziende che hanno contemporaneamente coltivazioni arboree e seminativi. Altro lavoro (e introiti) per gli uffici delle organizzazioni agricole.

Allevamenti nei guai
Le note dolenti continuano con la zootecnia. Qui si dirà addio ai premi speciali e in particolare per gli allevamenti di bovini da carne saranno guai. Chi produce latte vedrà nel 2015 trasformarsi in carta straccia tutti gli investimenti fatti per acquistare quote latte. Sarà necessario, ha  detto De Castro, predisporre un pacchetto latte bis. Ma il mondo produttivo dovrebbe far sentire la propria voce, avanzare proposte, indicare strumenti innovativi. Ciò non avviene e il copione è il medesimo del passato. Con il risultato che dobbiamo “pagare” molto a questa nuova Pac dalla cui progettazione l'Italia è stata assente, impegnata com'era a cambiar ministri come fossero figurine da collezione. E nonostante il Parlamento europeo sia riuscito a modificare, e di molto, la proposta iniziale avanzata dal Commissario europeo Dacian Ciolos, per noi quanto mai penalizzante, va preso atto che questa riforma della Pac comprime le risorse destinate all'Italia. Non solo, è una riforma, ha sottolineato De Castro, che guarda al passato piuttosto che al futuro. Il confronto con il Farm Bill statunitense è impietoso. Lì si creano le condizioni per la competitività delle aziende e si interviene per sostenerle di fronte alla grande volatilità dei mercati. In Europa nulla di tutto ciò. Ma consoliamoci. Nella prossima applicazione dei Psr non si correrà più il rischio del disimpegno dei capitali qualora non si riesca a spendere l'intera somma disponibile. I soldi che una regione non utilizzerà saranno messi a disposizione delle altre. Scatta una competizione fra le regioni che gioverà all'applicazione di queste risorse.

Le risorse per l'Italia (da A. Frascarelli)
Fondo Fondi Ue
(mld euro)
Fondi nazionali
(mld euro)
Totale
(mld euro)
Media annua
(mld euro)
Periodo
precedente
Pagamenti diretti 27.0 0.0 27.0 3.8 4.1
OCM vino e ortofrutta 4.0 0.0 4.0 0.6 0.6
Sviluppo rurale 10.5 10.5 21.0 3.0 2.6
TOTALE 41.5 10.5 52.0 7.4 7.3

Presto che è tardi
Già, i soldi. Ce ne saranno meno per i pagamenti diretti, ma di più per i Psr. Ciò che cambia è come saranno distribuiti e chi ne potrà usufruire. Perché alla fine non dovranno più esserci squilibri come quelli attuali, con chi prende molto e chi nulla o quasi. E' il caso delle patate o del vino, per fare qualche esempio. Che ora rientrano fra i beneficiari della nuova Pac. Così ci saranno 2,5 milioni di ettari in più da prendere in considerazione per la distribuzione dei sostegni comunitari. Inevitabile che per molti si traduca in una riduzione degli aiuti percepiti sino a ieri. Come saranno distribuiti dipenderà più che in passato dalle scelte che ogni nazione farà. L'Italia, rispetto ai partner comunitari, è indietro. La scadenza è il primo agosto. Ma non possiamo contare nemmeno su tutti i cinque mesi che ci separano da questa data. Lo ha detto con toni accalorati lo stesso Paolo De Castro. Le scelte nazionali devono essere approvate da Bruxelles, pena l'inapplicabilità. Quindi i tempi per le scelte si riducono e di molto. Ora un ministro c'è, il neo eletto Maurizio Martina. Qualcosa di questi temi ha già “masticato” nella sua veste di sottosegretario quando al ministero sedeva Nunzia De Girolamo. Non c'è bisogno di invitarlo a fare in fretta, già dovrebbe saperlo. E gli altri, organizzazioni agricole, cooperazione, mondo associativo, facciano la loro parte. Evitando una volta tanto sterili contrapposizioni. Ma questa è la parte più difficile.