Dall’intelligenza artificiale a quella vegetale. Perché le piante sono tutto, fuorché esseri inanimati. A spiegarcelo con
trasporto è il libro Verde brillante - Sensibilità e intelligenza del mondo vegetale, scritto da Stefano Mancuso e Alessandra Viola (Giunti editore, 14 euro, pagine 138).
Gli autori, innanzitutto. Stefano Mancuso è professore associato presso la facoltà di Agraria dell’Università di Firenze, accademico ordinario ai Georgofili, direttore del Laboratorio internazionale di Neurobiologia vegetale. È considerato uno degli scienziati più influenti al mondo.
Alessandra Viola è una giornalista scientifica freelance, nel 2011 ha condotto il Festival della scienza live di Genova, collabora anche con la Rai.

Lo scenario. Il pianeta è verde. Basti pensare che sulla terra il 99,7% della biomassa, cioè la massa totale di tutto ciò che è vivo, è rappresentata dalle piante. L’uomo rappresenta solo lo 0,3 per cento. E non può dirsi, l’essere umano, l’unico dotato di intelligenza, intesa come “abilità di risolvere i problemi”, scrivono Mancuso-Viola.
Lo aveva già capito Charles Darwin, il primo a studiare con occhi nuovi il mondo della botanica, insieme a Carlo Linneo. “Crediamo – scrive Darwin - che non ci sia altra struttura nella pianta più meravigliosa, per quanto riguarda le sue funzioni, che l’apice radicale. Se la punta e leggermente pressata o bruciata o tagliata, essa trasmette un’influenza alle parti adiacenti superiori, provocando con la curvatura il loro allontanamento dal sito colpito”.

Un parallelismo uomo/vegetale non può non passare attraverso la sensorialità: la vista, l’olfatto, il gusto, il tatto. Se pensate che le piante non possiedano questi sensi, leggete Verde brillante. Non solo vi ricrederete, ma magari scoprirete che le piante hanno altri 15 sensi. Ne citeremo solamente uno, per non rovinare ai lettori il piacere di scoprire qualcosa di nuovo.
Una pianta riesce a misurare con precisione l’umidità di un terreno e individuare fonti d’acqua anche molto distanti. È una sorta di igrometro, assente nell’uomo.

Nel libro non mancano i riferimenti alle religioni monoteiste, a partire dal Diluvio universale, quando Noè libera una colomba per sapere cosa è successo intorno. E la colomba ritorna con un ramoscello d’ulivo. Il primo atto del patriarca, capito quanto accaduto, è quello di piantare un tralcio di vite. In ogni caso, la religione cristiana considera le piante come esseri inanimati. Tutto il contrario, ad esempio, dell’ebraismo, che celebra addirittura il capodanno delle piante (Tu-bishvat) e vieta la distruzione gratuita degli alberi.
Per gli antichi greci le piante erano uomini capovolti. E parte di questo pensiero è arrivato anche al Medioevo, dove in alcune miniature le radici delle piante hanno sembianze antropomorfe. Ma è con il filosofo Aristotele che passa il concetto che le piante siano insensibili e inferiori all’uomo. Oggi, fortunatamente, si ha una concezione diversa e si è capito che gli animali dipendono dalle piante e le piante dal sole.
E mentre le piante potrebbero vivere senza l’uomo, non così il contrario. Pensiamoci.