Enovitis in Campo, fiera itinerante a cadenza biennale svoltasi a Fiumana di Predappio il 21 e 22 giugno, è stata anche l’occasione di parlare della Doc Romagna, la nuova denominazione che ha raccolto l’eredità di altre Doc storiche della zona.

Lo si è fatto nel corso del convegno al teatro comunale di Predappio e organizzato dal Consorzio vini di Romagna, che ha illustrato le potenzialità del riassetto della denominazione che – in controtendenza con il resto d’Italia - ha accorpato sotto un unico nome, Romagna appunto, le cinque realtà già esistenti.

Al presidente del Consorzio, Giordano Zinzani, il compito di ripercorrere la genesi della nuova Doc attraverso un excursus temporale che tappa per tappa ha fatto il punto dell’evoluzione del territorio: dalla nascita del Consorzio alla Docg Albana, il primo bianco italiano a mettere la G, fino alla creazione del nuovo disciplinare partito ufficialmente con la vendemmia 2011.

 

Nuovo disciplinare

Disciplinare illustrato nelle sue caratteristiche fondanti da Roberto Monti, presidente della commissione tecnica del Consorzio che ha indugiato sull’illustrazione delle caratteristiche delle dodici sottozone ricavate nel territorio per il Sangiovese.

Sottozone che – insieme al rinnovato ruolo del Consorzio in tema di promozione – saranno uno dei plusvalori nell’attività di comunicazione futura, grazie ai contributi Ocm.

Ci sarà molto da lavorare, come ha spiegato David Navacchia, presidente della Commissione valorizzazione del Consorzio, sia sul mercato estero, dove il nome Romagna specialmente nei paesi nuovi e nuovissimi è ancora poco conosciuto, ma anche sul mercato locale dove saranno da attuare sinergie più stringenti con la ristorazione della riviera adriatica, poco incline a servire i prodotti del territorio ai turisti.

 

Produzioni romagnole da rivendicare

Uno sguardo ai numeri della Romagna vinicola, con la relazione di Tiziana Sarnari analista di mercato Ismea: la Doc Romagna conta oggi su una superficie di 3.600 ettari e nel 2011 ha certificato 162 mila ettolitri prodotti di cui 148 mila ettolitri imbottigliati, ai quali si aggiungono gli oltre 5 mila ettolitri della Docg Albana di Romagna.

Potenzialmente questa Doc potrebbe rappresentare mediamente il 19 per cento dell’intera produzione Doc-Docg dell’Emilia Romagna, mentre in pratica copre poco più del 10 per cento, a dimostrazione di quanto ancora si possa e si debba fare in termini di rivendicazione.

Dal punto di vista quantitativo i volumi della Doc Romagna sono fortemente spostati verso il Sangiovese, che copre oltre l’80 per cento del totale imbottigliato, seguito a molta distanza dal Trebbiano con il 12 per cento.

La concentrazione è forte anche a livello aziendale, tenuto conto che oltre il 45 per cento del prodotto confezionato è appannaggio di due sole aziende. A dimostrazione della frammentazione c’è comunque il fatto che il 44 per cento degli imbottigliatori produce meno di 100 ettolitri, mentre solo il 2 per cento ha una produzione superiore ai 6mila ettolitri.

 

Canali di commercializzazione

Grazie alla collaborazione di alcune aziende del territorio, è stato possibile avere uno spaccato anche sulle modalità di commercializzazione e sulle destinazioni del prodotto in un mercato sempre più complesso e competitivo.

Dai dati illustrati dalla Sarnari si evince che la Gdo italiana è il mercato di sbocco più importante: sommando questo canale al resto, il mercato italiano assorbe il 65 per cento. Di questo ben il 58 resta all’interno della regione, mentre il 42 va fuori, per lo più nelle regioni del Nord.

A livello complessivo la vendita diretta assorbe appena il 2 per cento del totale, quota che sale però all’11se consideriamo le piccole e medie imprese mentre è praticamente inesistente nelle grandi.

Anche il canale estero assume una rilevanza differente a seconda della dimensione aziendale. Se, infatti, poco meno del 40 per cento delle vendite effettuate dalle grandi ha come destinazione il mercato internazionale, solo il 23 per cento delle piccole e medie varca il confine nazionale.

 

Sguardo tecnico

Infine, un approfondimento tecnico, a cura di Ilaria Filippetti, del Dipartimento di Coltivazioni arboree dell’Università di Bologna, che ha sottolineato come l’introduzione della nuova denominazione 'Romagna' può rappresentare l’occasione per valorizzare la produzione viticola del territorio, individuando le scelte tecniche per i nuovi impianti e per la gestione di quelli già presenti, secondo i presupposti scientifici messi in evidenza dalla ricerca negli ultimi venti anni.

Su tali basi, infatti, è possibile realizzare gli obiettivi fondamentali per migliorare la sostenibilità dell’intero settore viticolo locale quali: produttività adeguata, qualità delle uve in relazione ai diversi fini enologici, abbassamento dei costi di gestione e ottimizzazione dell’uso delle risorse naturali.

Il raggiungimento di un buon equilibrio vegeto-produttivo delle piante - che dipende da scelte relative alla distanza delle viti tra e lungo i filari, al carico di gemme lasciato con la potatura invernale, al tipo di gestione del suolo e agli interventi di gestione della chioma come defogliazione e/o cimatura - può, ad esempio, condizionare molti degli obiettivi sopra elencati.

Da tempo, ha illustrato la ricercatrice, è stato inoltre dimostrato che il contenimento dei costi di gestione attraverso l’aumento del livello di meccanizzazione della vendemmia e della potatura rappresenta uno scopo perseguibile attraverso la scelta di opportune forme di allevamento con potatura a sperone, senza peraltro pregiudicare il livello qualitativo delle uve.

Numerose tecniche di potatura verde meccanizzabili, come la defogliazione in fase di pre-fioritura, possono inoltre rappresentare potenti mezzi per controllare i livelli produttivi e migliorare la composizione delle uve e dei vini da queste ottenuti.