Si allarga sempre più in Europa il fronte dei Paesi comunitari che sono contrari all’abolizione dei diritti di impianto dei vigneti, il sistema che ha determinato un maggior equilibrio tra domanda e offerta di vino, nel segno di un rafforzamento della qualità.
Il punto su questa battaglia, in vista dell’abolizione programmata per il 2015 dall’ultima riforma dell’Ocm, è stato fatto lunedì scorso nella sede del Parlamento europeo.
Il fronte del no è guidato dai Paesi maggiori produttori di vino (tra questi Italia, Francia, Spagna e Germania) che concentrano il 98% dell’intera produzione europea. Ora si sta lavorando per arruolare su questa giusta causa anche Belgio e Polonia.
Per quanto riguarda l’Italia, sono intervenuti contro la fine annunciata dei diritti di impianto sia il presidente della Commissione Agricoltura dell’Europarlamento, Paolo De Castro, che il ministro delle Politiche agricole, Mario Catania.
''La questione è molto delicata” ha spiegato il ministro, che comunque, dopo aver sollevato il problema al commissario europeo all'agricoltura, Dacian Ciolos, si è detto ragionevolmente fiducioso “anche se consapevole che per raggiungere l’obiettivo bisogna continuare a fare pressione”.
La partita è molto importante per i produttori italiani che, ha aggiunto il ministro “sono giustamente molto preoccupati per l’impatto che l’abolizione dei diritti di impianto potrebbe avere sul mercato. Penso di poterli rassicurare che i possa guardare con ottimismo ai prossimi mesi''.
Netta anche la posizione a favore del mantenimento dell’attuale sistema espressa dalla Francia, il cui ministro dell’Agricoltura, Bruno Le Maire, ha ribadito che il suo Paese si impegnerà per raggiungere una maggioranza qualificata in seno al Consiglio a favore del mantenimento dei diritti d’impianto.
Cosa niente affatto scontata, visto che al Consiglio agricolo non siedono solo i rappresentanti dei Paesi produttori ma anche quelli dei non produttori, i quali saranno pure interessati a bere un buon bicchiere di vino di qualità, ma non hanno certo interessi economici da difendere.
Un altro piccolo passo avanti è stato comunque fatto.
La questione si sposta sul tavolo del Gruppo di alto livello e Alexandra Catalao, membro del gabinetto del Commissario Ciolos, ha detto che la Commissione terrà conto degli studi e delle posizioni degli esperti.
La prima riunione si terrà già il prossimo aprile, seguita da altri tre incontri da tenersi entro la fine dell’anno. Entro il 2012, quindi, saranno tirate le conclusioni degli esperti.
La discesa in campo del Gruppo di alto livello è stata sperimentata nella discussione sul pacchetto latte, recentemente approvato. Nonostante sia stato salutato con molta enfasi proprio in Italia, in realtà la montagna ha partorito un topolino rispetto al più ambizioso obiettivo di traghettare il settore verso la libera produzione con un 'impatto morbido'.
Certo, è importante la possibilità per i Consorzi dei formaggi Dop di programmare meglio la produzione e ridurre il rischio che ci si faccia male da soli sfornando più forme di parmigiano di quanto il mercato sia in grado di assorbirne.
Importante anche il rilancio delle Op e l’obbligo di contratti scritti con gli acquirenti per riequilibrare i rapporti di forza e la redistribuzione della catena del valore a vantaggio degli agricoltori.
Ma vuoi mantenere in vita il divieto di piantare nuove vigne se non hai la licenza (questo sono i diritti di impianto) in tasca con tanto di timbro delle istituzioni!
E qui, il parallelo tra il vino e il latte rischia di farsi più stretto. Nel senso che il diritto di impianto sta al vigneto europeo, come le quote alla produzione di latte, anch’esse destinate a scomparire più o meno nello stesso periodo.
Non è escluso che a tifare per il mantenimento dei diritti di impianto ci siano anche gli allevatori europei, ai quali il sistema delle quote ha garantito sicuramente un livello di prezzo più elevato.
Salvare le 'quote' del vino, potrebbe essere un precedente importante per cercare di salvare anche le 'quote latte'.
Del resto, nelle trattative comunitarie sull’agricoltura i mercanteggiamenti sono la regola. Più elegantemente sono chiamati 'compromessi'.
E non è un caso che alcuni Paesi europei si stanno muovendo in questo senso. Tra questi non figura certo l’Italia, dove pure si teme che i grandi Paesi del Nord riaprano i rubinetti delle loro vacche per inondare i mercati deficitari.
Il pasticciaccio brutto delle quote latte è una ferita ancora aperta e nessuno se la sente di alzare la mano per prolungare la vita di questo “mostro” che tanto è costato alla nostra agricoltura, in termini sia economici che politici.