"I consumi alimentari domestici, negli ultimi anni, hanno contraddetto la loro antica caratteristica di rigidezza e anelasticità. Secondo le ultime stime, nel quinquennio 2007-2011, essi hanno perso, in volume, quasi 9 punti percentuali. La stessa, buona dinamica dell'export dell'industria alimentare, che ha segnato un +10% in valuta nel 1° semestre dell'anno, non basta a tamponare la flessione del mercato interno. Risultato: la produzione alimentare 2011 viaggia del tutto piatta (+0,1%)".

Lo ricorda Federalimentare, sottolineando che in questo quadro non esaltante, l'aumento dell'iva dal 20 al 21% previsto dalla Manovra colpisce quasi un terzo dei consumi alimentari totali in Italia. Le stime delle aree di consumo coinvolte dalle aliquote iva vigenti sono, con riferimento ai 214  miliardi della 'torta' totale dei consumi alimentari 2010 in Italia, le seguenti: 71 miliardi (33%) con iva al 4%; 79 miliardi (37%) con iva al 10%; 64 miliardi (30%) con iva al 20%.  

In particolare, passando al 21% (più di 600 milioni di euro, oltre 10 volte il contributo di solidarietà), sono colpite alcune fasce di prodotti alimentari di uso quotidiano, certo non di lusso, da parte delle famiglie italiane: acque minerali; vini e bevande a base di vino; birra; succhi di frutta, limonate, cole e altre bevande gassate; caffè e tè; preparati alimentari per cani e gatti; acquaviti, distillati e liquori.

Per il presidente di Federalimentare, Filippo Ferrua: "E' chiaro che ogni prospettiva di rilancio dei consumi alimentari può venire ulteriormente compromessa da questo provvedimento. Un sacrificio di queste dimensioni - sottolinea Ferrua - avrebbe dovuto trovare una ragione politica, comprensibile da parte dei cittadini, nella programmata delega fiscale, cioè in un contesto (annunciato più volte!) di riduzione delle imposte dirette sul lavoro e sulle imprese".