"L'export dell'industria alimentare italiana in Giappone ha raggiunto nel 2010, secondo attendibili stime, la quota di 505 milioni di euro, con un aumento del 2,6% sull'anno precedente. La progressione dell'export alimentare nazionale su questo mercato è estremamente interessante, infatti nel 2009, malgrado l'impatto della crisi mondiale, il trend dell'export alimentare sul mercato nipponico è stato positivo (+3,9%), mentre l'export nazionale nel suo insieme ha segnato un netto arretramento (-11,6%). Nel 2010, la dinamica dell'export alimentare, come detto, ha continuato a crescere, anche se a ritmo più lento, mentre è ritornata positiva quella complessiva del Paese (+4,8%)". 

A rilevarlo è la Federalimentare, che segue con apprensione la notizie provenienti dal Giappone. 

"Ovviamente - spiega la Federazione italiana dell'industria alimentare - per il risvolto umano della vicenda, ma anche in virtù degli ottimi rapporti commerciali che legano l'Italia, e il made in Italy alimentare in particolare, al Paese del sol levante. Il sistema associativo di Federalimentare - informa la Federazione - si augura che, ancora una volta, questo Paese straordinario riesca a rialzarsi con la tenacia e la vitalità che ne hanno fatto la terza potenza economica al mondo". 

"La composizione dell'export alimentare in Giappone vede l'enologico al primo posto con una incidenza del 21,4%, seguono: la 'trasformazione di ortaggi e frutta' (19,9%), gli 'oli e grassi' (16,4%), la 'pasta' (16,2%), il lattiero-caseario (8,3%), le 'carni preparate'(4,1%) ed il 'dolciario' (3,2%)". 

La Federalimentare infine precisa che "l'import alimentare dal Giappone è estremamente modesto. Nel 2010 esso ha raggiunto, secondo attendibili stime, i 7 milioni di euro. E' una quota sostanzialmente irrilevante, che - chiarisce la Federazione italina dell'industria alimentare - rende praticamente nulli nel nostro Paese i rischi legati al consumo di prodotti esposti al rischio della contaminazione, legata alle possibili emergenze nucleari".