Ismea, l’istituto per i servizi sul mercato agricolo e alimentare, ha appena concluso l'analisi sugli andamenti del mercati agricoli. Dal confronto fra aprile di quest’anno e quello del 2007 tutto parrebbe andare bene, anzi, a gonfie vele. L’indice messo a punto da Ismea (che pone pari a 100 l’anno 2000) sui prezzi all’origine dei prodotti agricoli segna un bel +20%. Se poi si va sul comparto delle produzioni vegetali il dato positivo si spinge sino al 29,2%, con i prezzi che si alzano sino al 73,3% per i cereali e al 41,7% per la frutta. Bene anche i vini (+21%) e le colture industriali (+27,9%). Fermo ad un modesto (ma significativo) 3,7% l’aumento degli ortaggi.

Segno più, rispetto a 12 mesi fa, anche per i prodotti zootecnici (+8.2%) e in particolare per latte e dintorni, che si aggiudicano un +15.5%.

In campagna e nelle stalle stanno dunque brindando ai successi di un’annata straordinaria? E’ semmai vero il contrario. Come nella arcinota storia del pollo di Trilussa, i numeri, per quanto esatti, possono nascondere una diversa verità. Indispensabile allora una interpretazione, come in questo caso. Prendiamo ad esempio chi coltiva cereali, che ha visto il prezzo schizzare in alto del 73%, oppure chi si dedica alle colture industriali, con il loro più 27,9%. Questi agricoltori possono tirare un sospiro di sollievo, nulla di più. I prezzi erano fermi da anni mentre le spese di produzione continuavano inesorabilmente a salire. Si rifanno, insomma, degli anni più difficili. Quasi una ricompensa a posteriori.

Nessun sorriso, semmai lacrime, in casa degli allevatori. Il più 15% del prezzo di latte e formaggi è stato del tutto assorbito dall'aumento dei costi di alimentazione. Colpa soprattutto della crescita del prezzo dei cereali che rappresentano una componente fondamentale dell’alimentazione animale.

Ancor peggio per i suini che hanno visto aumentare il prezzo in 12 mesi di appena il 4,7%. Nulla in confronto all’aumento dei costi di produzione, cresciuti di almeno il 30%. E non a caso il settore lamenta una crisi talmente pesante che gli allevatori minacciano di dover ricorrere allo sciopero.

Male anche il settore avicolo, che sebbene sia uscito a testa alta dalle nefaste conseguenze dell’inutile allarme influenza aviare, ora vede i prezzi in calo di oltre l’11%, mentre i costi hanno seguito lo stesso andamento degli altri comparti.

Nemmeno i produttori di vino, ironia della sorte,  possono brindare. Anche il vino segna il passo e mostra un meno 2,2% su base mensile, arrestando la corsa degli ultimi 12 mesi. Colpa delle “marachelle” che hanno infangato il buon nome del settore proprio durante il Vinitaly? Più verosimile ipotizzare che la causa sia nel difficile momento attraversato dall’economia del Paese. Che speriamo possa presto essere superata.

 

Foto Plavi