Chiude con oltre 2.000 presenze qualificate la quinta edizione di Vinitaly US Tour, in aumento rispetto al 2006 a dimostrazione del grande interesse che il mercato americano manifesta per il vino italiano.
Una conferma viene anche dai numeri dell’export, salito nei primi otto mesi di quest’anno a 1,54 milioni di ettolitri per 739,4 milioni di dollari, con un balzo in avanti del 10,5% in quantità e quasi del 9% in valore che consolida il suo primato.
Positivo in questo viaggio americano soprattutto il riscontro dell’attrattiva esercitata dalle etichette italiane sui millennian. Sono infatti i giovani il nuovo target a cui puntare con decisione, perché sono quelli che stanno evidenziando la maggiore crescita del numero di consumatori (+40% nel 2006) e di wine lover. Il 32% del vino consumato dai millennian, tra l’altro, è d’importazione, contro il 12% delle altre fasce d’età.

Il successo è confermato dai consumi nella ristorazione di segmento elevato, che rappresenta negli Stati Uniti il 30% delle vendite complessive di vino. “Il vino italiano – dichiara Celestino Drago, esperienza ventennale negli Usa, proprietario di 10 ristoranti a Los Angeles, tra i quali l’Enoteca, classificato tra i primi cinque ristoranti italiani della città – è la prima scelta dei giovani e delle donne.” Per promuovere la conoscenza della grande varietà dell’enologia made in Italy, Drago propone il consumo di piccole quantità di vino, così da permettere l’assaggio anche di otto vini per serata.
Ma non sono solo i millennian a preferire il vino italiano quando vanno al ristorante. Nel 2006, ma già tre volte negli ultimi quattro anni, i vini del Bel Paese hanno guidato la classifica dei più richiesti, lasciandosi alle spalle anche la Francia.
Quando gli americani mangiano fuori casa, infatti, secondo il 18° Wine & Spirits Restaurant Poll, più di 15 volte su 100 (15,2%) scelgono una bottiglia italiana, mentre non arriva a quota 15 la preferenza per il vino francese.

Al di là numeri secchi, il responso del sondaggio evidenzia una volta di più una peculiarità tutta italiana: la grande varietà dei vini italiani come punto di forza e non, come si pensava solo pochi anni fa, svantaggio competitivo. L’elenco dei vini italiani più venduti nei ristoranti di alta gamma è infatti molto lungo, comprende 33 cantine con 56 etichette diverse, contro la Francia che ha solo 33 etichette, la Spagna con 20, l’Australia con 10, l’Argentina con 9 e il Cile con 7.
Dopo l’abbuffata dei cosiddetti vini internazionali, “sia i sommelier che i clienti – afferma Christie Duffault, del Quinte di San Francisco – percepiscono una certa predisposizione dei vini italiani a sposarsi felicemente con il cibo”.

iù alto anche il punteggio di preferenza raggiunto dai vini italiani, con 147 punti per il primo classificato, contro 113 dell’australiano più votato e solo 51 del francese preferito. Più alto pure il punteggio delle ultime etichette italiane in classifica rispetto a quello dei pari classifica degli altri Paesi: 14 contro 11 per la Francia e 12 dell’Australia e della Spagna.
Il Chianti Classico conferma il suo appeal nei confronti dei consumatori americani, avendo raggiunto un punteggio pari al 12,5% delle preferenze. Seguono Pinot Grigio dell’Alto Adige (10,3%), Barolo e Barbaresco (5,4%), Pinot Grigio del Friuli (4,8%) e Brunello (3,4%). “I baroli vendono bene perché sono vini con una struttura straordinaria – dice Nelsono Daquip del Canlis di Seattle -. I sapori sono un’autentica espressione della provenienza e sembrano catturare l’anima stessa della regione”. Bene anche i bianchi del nord per il loro stile moderno, fresco, pulito e secco.
Tra i 17 pinot grigi più richiesti nei ristoranti americani, ben 12 sono italiani, con l’Alto Adige Santa Margherita che per il dodicesimo anno sbaraglia la concorrenza, sommando 147 punti di preferenza contro i 44 del secondo vino della stessa categoria.