L’andamento dei prezzi nelle campagne non offre alibi concreti agli aumenti di prezzo annunciati per i prodotti alimentari a settembre, con incrementi percentuali compresi tra il 10 e il 20% in più per la pasta, tra il 20 e il 30% per le farine, tra il 10 e il 20% per il latte a lunga conservazione e oltre il 20% per il burro. E’ quanto ha affermato il presidente della Coldiretti Sergio Marini nel sottolineare che viene riconosciuto alla stalla un prezzo del latte di 0.33 euro il litro destinato a moltiplicarsi per quattro dalla stalla allo scaffale mentre il costo del grano è adesso circa lo stesso degli anni ‘80 nonostante l’inversione di tendenza dopo anni di continui cali. Dei circa 467 Euro al mese che ogni famiglia destina per gli acquisti di alimenti e bevande oltre la metà per un valore di ben 238 Euro (51%) va al commercio e ai servizi, 140 (30%) all'industria alimentare e solo 89 (19%) alle imprese agricole. E’ importi ancora più bassi si registrano per prodotti derivati dai cereali base come pane, pasta fresca e dolci dove il prezzo dal campo al consumo si moltiplica rispettivamente di 15, 20 e 70 secondo una indagine della Coldiretti. Per ogni euro speso in pasta fresca non più di 5 centesimi servono per pagare il grano prodotto dagli agricoltori a conferma di come sia strumentale imputare ai prodotti agricoli la responsabilità di aumenti così rilevanti al consumo. Con un chilo di grano dal prezzo di 20 centesimi al kg si riesce a produrre con la trasformazione in farina e con l'aggiunta di acqua, un kg di pane che viene venduto ai cittadini a valori variabili da 2,5 Euro al kg per il pane comune a 5 Euro e oltre per i pani più elaborati, con prezzi ancora molto più alti per i dolci.