Nessuna schiarita sui mercati europei per la carne bovina. I prezzi continuano a flettere, accentuando la distanza da quelli che si registravano un anno fa, con punte particolarmente elevate per le categorie meno pregiate, come ad esempio i vitelli delle razze da latte, che perdono quasi il 17%.

Solo per le razze da carne la caduta dei prezzi è meno pesante, ma si tratta pur sempre di perdite vistose, che in alcuni casi sfiorano il 4% e la tendenza non sembra, almeno per il momento, indicare segnali di svolta.
 


Un trend pluriennale

Per trovare prezzi così bassi sul mercato europeo delle carni bovine bisogna risalire a prima del 2017, come è messo in evidenza dal grafico che segue e che mostra la flessione dei prezzi che prosegue ininterrotta da inizio 2019 ad oggi.
 


Produzione in calo

Cercando di individuare le cause di questa che inizia ad avere tutte le caratteristiche di un profonda crisi di mercato, si può escludere un eccesso della produzione.

I dati messi a disposizione dalle analisi della Commissione europea, basate su fonti Eurostat, confermano che nei primi mesi del 2019 si è avuta una contrazione della produzione di oltre l'uno percento.
Molto variegata la situazione produttiva nei diversi paesi membri. Si passa dal più 9,6% di Cipro (importante in termini percentuali, ma modesto in valore assoluto) al meno 20% della Bulgaria.
Significativo il meno 4,6% registrato in Italia.
 


Import export

Nemmeno si possono addossare colpe di questa debacle dei prezzi alle importazioni dai paesi terzi, che nel periodo gennaio-aprile 2019 risultano pari a poco più di 113mila tonnellate, con un calo di quasi cinquemila tonnellate rispetto al 2018.

Anche le esportazioni hanno giocato a favore del mercato interno, con un aumento dei flussi verso i paesi terzi per oltre 10mila tonnellate.
Ma nemmeno questi due fattori, aumento dell'export e riduzione dell'import, sono stati però in grado di dare tonicità ai mercati europei.
 


I bovini in Italia

A dispetto di questa situazione, il mercato italiano si muove in controtendenza, come evidenziano i dati rilevati da Ismea (Istituto di servizi per il mercato agroalimentare) riassunti nel grafico che segue, dove si nota il deciso recupero dei prezzi per i vitelloni.

Doppia la lettura che se ne può dedurre: la preferenza dei consumatori verso prodotti di qualità (come quelli delle razze da carne) e il calo della produzione interna.
 


Il comparto suinicolo

A differenza del segmento bovino, quello delle carni suine continua a registrare una progressione dei prezzi, iniziata alcune settimane fa sull'onda delle vicende sanitarie che hanno coinvolto la suinicoltura cinese, alle prese con la peste suina africana.

L'aumentata richiesta di Pechino di carni suine sui mercati internazionali ha infatti ridato tonicità ai prezzi europei, che ora viaggiano su valori di oltre il 22% più elevati rispetto a un anno fa.

Una crescita repentina, che sembra tuttavia aver esaurito in parte la sua forza, ottenendo una stabilizzazione dei prezzi.
Una congiuntura favorevole soggetta tuttavia a possibili repentini mutamenti, legata com'è ad una situazione cinese destinata prima o poi a trovare soluzione e soggetta alle molte variabili dei flussi commerciali internazionali.

 

 

La frenata italiana

In Italia il prezzo dei suini da macello, dopo l'impennata di aprile e maggio, ha iniziato a scendere e ora le quotazioni rilevate da Ismea in giugno sono del 3,7% inferiori a quelle del mese precedente e di oltre il 7% più basse rispetto allo stesso periodo del 2018.

Dunque nemmeno la "fiammata" dei mercati seguente all'aumentato import cinese è stata sufficiente a mettere la parola fine alla crisi del settore suinicolo.
Continuano invece a crescere le quotazioni delle scrofe e dei suini da allevamento, segno della propensione a un aumento della produzione che potrebbe persino accentuare le difficoltà del comparto.
 


Bene gli avicoli

Solo il settore avicolo europeo sembra "tenere", con prezzi dei broiler stabili e moderatamente superiori a quelli dello scorso anno.

Interessante il confronto con l'andamento dei prezzi negli altri paesi grandi produttori, come Usa e Brasile.
Spicca in particolare la stabilità delle quotazioni europee a fronte delle oscillazioni che caratterizzano gli altri mercati.
Merito fra l'altro dello stabile rapporto fra andamento della produzione e livello dei consumi, con un grado di autoapprovvigionamento europeo che si mantiene costante intorno al 105%.
 


Avicoltura italiana

Per il settore avicolo italiano si registra una situazione analoga a quella europea, come messo in evidenza dalle analisi del Crefis, il Centro ricerche economiche sulle filiere sostenibili dell'Università Cattolica di Piacenza, diretto da Gabriele Canali.

Nel mese di giugno infatti i prezzi a peso vivo di polli e tacchini hanno continuato a crescere, mentre sono rimaste stabili le quotazioni delle galline. Positivo poi per tutte le categorie il confronto con l'anno precedente.
Solo per il settore cunicolo, al quale AgroNotizie ha dedicato un approfondimento, il mercato segna un deciso ribasso.


Prezzi avicoli, variazione del mese di giugno rispetto a maggio (Fonte: Crefis)

Compito difficile quello delle previsioni di mercato.
Un aiuto può venire dall'esame delle tendenze in atto. Ma occorre conoscere i "numeri della carne" e in tempi di mercati globali lo sguardo deve allargarsi a livello internazionale.
Le fonti non mancano e AgroNotizie le raccoglie per dare ai lettori gli strumenti per orientarsi.