Del veterinario aziendale, figura alla quale affidare le responsabilità e le sorti sanitarie dell'allevamento, si parla da molti anni senza tuttavia giungere a un punto fermo. Ora, complice un regolamento europeo dello scorso anno (il 429/2016), questa figura sembra assumere connotati più definiti.

Se ne occupa lo schema di decreto ministeriale che il 9 novembre scorso ha riscosso il via libera della Conferenza Stato Regioni e che mette insieme il sistema di reti di sorveglianza epidemiologica con i compiti, le responsabilità e i requisiti del veterinario aziendale.
 

Antibiotici e ricetta elettronica

Una decisione che arriva in concomitanza, forse non casuale, con la settimana mondiale di sensibilizzazione sull'uso degli antibiotici e con l'approssimarsi, dal prossimo primo gennaio, dell'introduzione della ricetta elettronica.
Dall'industria farmaceutica all'utilizzatore finale, tutti i passaggi del farmaco saranno registrati in una banca dati del ministero della Sanità, analogamente a quanto avviene in campo umano.
 

Una banca dati per la sanità animale

E' in questo scenario che prende corpo la fisionomia del veterinario aziendale descritta dal decreto in esame. All'articolo uno e due si sofferma sul sistema di informazioni di carattere sanitario che confluiscono, come già avviene per l'anagrafe zootecnica, nella banca dati dello Zooprofilattico di Teramo.

La figura del veterinario aziendale è definita dall'articolo 3, che prevede l'iscrizione all'Ordine dei medici veterinari e la partecipazione a un apposito corso di formazione.

L'elenco dei veterinari che hanno i requisiti necessari è tenuto dalla Fnovi (Federazione nazionale medici veterinari).
Non potranno accedere a questo elenco i professionisti in conflitto di interessi o chi lavora per imprese fornitrici di servizi per l'azienda zootecnica, come mangimi, materiali, prodotti o strumenti.


I compiti

All'articolo 4 sono definiti i compiti e le responsabilità del veterinario aziendale. Eccole in sintesi:
 
  • supportare l'allevamento nel "garantire la qualifica sanitaria dell'azienda, anche sulla base di programmi disposti dai Servizi veterinari ufficiali o concordati con gli stessi e le buone condizioni igieniche e di biosicurezza dell'allevamento, il benessere animale e la salubrità dei mangimi";
  • assicurare la "notifica obbligatoria delle malattie infettive" e di ogni altro "fattore di rischio per la salute e il benessere degli animali e per la salute umana" e in collaborazione con i Servizi veterinari ufficiali, accertare la "causa di morte degli animali e fornire assistenza e supporto per il corretto smaltimento delle spoglie animali";
  • fornire assistenza per le registrazioni obbligatorie, per la "redazione di piani aziendali volontari per il controllo delle malattie", per la "gestione dell'identificazione e della registrazione degli animali" e infine per il rispetto delle norme "in materia di impiego dei medicinali veterinari e per assicurare buone pratiche a garanzia di un uso prudente e responsabile degli stessi".
 

Le responsabilità

Al punto 2 dello stesso articolo 4 sono poi elencati i compiti che coinvolgono direttamente le responsabilità del veterinario aziendale, che sarà incaricato di inserire nel sistema informativo tutte le notizie sull'azienda per la quale opera, dagli accertamenti eseguiti ai trattamenti farmacologici, da qualunque professionista siano eseguiti.

Sue anche le responsabilità per la gestione delle scorte di farmaci in azienda e per la gestione dei piani di risanamento e controllo delle malattie infettive.
 

Uno "specialista sanitario"

Cosa cambia per le aziende zootecniche? Non molto. Gli specialisti (il nutrizionista, come pure il ginecologo-genetista, ad esempio) continueranno a frequentare l'allevamento come prima.
Salvo rapportarsi con il veterinario aziendale, che verosimilmente impersonerà la figura dello "specialista sanitario".

Per svolgere i suoi compiti il veterinario aziendale dovrà siglare con l'allevatore un vero e proprio "contratto".
Ma il decreto ministeriale allo studio non accenna ad alcun obbligo, se non a quelli già previsti da altre norme in tema di salute degli allevamenti. Dunque il tutto, almeno per il momento,  è su base volontaria. Che qualcuno interpreterà come un vantaggio e altri invece come un limite.
Appartengo a questa ultima categoria.