Il Codice dei beni culturali e del paesaggio, così come modificato dal D. Lgs. n. 63/2008, è di fondamentale importanza anche per l'agricoltura. Quali sono i principi cardine che riguardano anche il settore primario?
Il Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, alias Codice Urbani o D.L.n. 42 del 2004, diventa vigente nel 2004 sotto il governo Berlusconi e già in antitesi con la Convenzione Europea del Paesaggio presentata a Firenze nel 2000; quest'ultima viene ratificata dall'Italia e diventa anch'essa legge dello Stato italiano nel 2006.
Nel 2008 al Codice Urbani, sotto il governo Prodi, vengono apportate con il D.L. n.63/2008 ulteriori modifiche che testimoniano il mancato recepimento della Convenzione Europea; quest'ultima, infatti, presentava un concetto di 'paesaggio' inteso come bene strutturale e cioè un bene costituito da innumerevoli componenti, la cui non ottimale gestione di uno solo di essi vanificava l'equilibrio delle altre e dell'intero sistema.
Di fatto la tutela del 'paesaggio' viene applicata, nel Codice Urbani, ai soli paesaggi che presentano identità nazionale e valenza culturale, delineando così un 'paesaggio' e un 'non paesaggio'; perfino il mare, che la Convenzione Europea tutela pienamente come 'paesaggio', nel Codice Urbani viene completamente ignorato.
Si evidenzia così un approccio culturale fortemente diverso e contrastante, messo in risalto dalla totale assenza nel Codice Urbani del protagonismo delle popolazioni nella percezione dei paesaggi e nelle scelte sulla loro gestione.
Così, mentre nel Codice Urbani il 'paesaggio' è rappresentato da 'beni', nella Convenzione Europea il 'paesaggio' è invece rappresentato dal 'patrimonio paesaggistico'; questa diversa impostazione mette in evidenza un ulteriore allontanamento del nostro Paese dalle strategie politiche europee rivolte ad una maggiore consapevolezza del valore culturale ed economico del paesaggio.
Queste scelte politiche italiane, comuni ai governi succedutisi, producono pericolosi effetti sul crescente divario tra l'Italia ed il resto dell'Europa e perfino un evidente gap con i Paesi dell'Europa orientale.
Pertanto sarei più dell'idea che i principi cardine, riguardanti il settore primario ed oggetto della domanda, siano effettivamente deleteri per tutti i settori economici del nostro Paese, in quanto non tendono ad una ottimale gestione della maggiore risorsa italiana, che è rappresentata proprio dal paesaggio.
Per i professionisti dell'agricoltura (in particolare della selvicoltura e del verde), quali scenari si sono aperti?
Innanzitutto tenderei a sottolineare l'abissale differenza esistente tra agricoltura, selvicoltura e paesaggistica; infatti la prima si occupa della coltivazione delle piante alimentari, la seconda della coltivazione delle piante da legno e la terza, molto più complessa, dell'intero patrimonio paesaggistico, di cui il 'verde' ne è una parte, così come lo sono il paesaggio agrario e quello forestale.
Un effetto sconvolgente sul 'paesaggio' è causato dall'incredibile confusione che nel Codice Urbani si fa tra pianificazione paesaggistica e pianificazione urbanistica; la prima riguarda infatti il 'paesaggio', che è costituito da tutti quegli elementi naturali che lo compongono, e la seconda dallo studio dell'espansione urbana nel paesaggio.
Questo particolare evidenzia una sostanziale differenza nell'approccio culturale al tema del paesaggio; il rapporto che lega il paesaggio all'urbanistica è essenzialmente logico e cioè che è il paesaggio che da sempre ospita l'uomo.
E' nel paesaggio che è nata la prima casa e poi il borgo, il paese, la città e l'area metropolitana e non il centro urbano, che ospita il paesaggio negli spazi rimasti inedificati.
Deve esserci prima una pianificazione paesaggistica, che deve successivamente indicare all'urbanistica modi e possibilità di espansione. Da un'attenta analisi si evidenzia la comune strategia usata da tutte le correnti politiche e cioè quella di assicurare la tutela solo di alcune minute parti di 'paesaggio' a discapito dell'intero patrimonio paesaggistico italiano, pensando di dare un 'contentino' alle popolazioni, anziché salvaguardare e valorizzare l'intera e vera risorsa culturale ed economica del nostro Paese al fine di un reale benessere diffuso.
In mancanza di una scrupolosa pianificazione paesaggistica non può esistere una valorizzazione dell'agricoltura e della selvicoltura, le quali hanno bisogno invece di una programmazione precisa e di una legislazione più consona alle esigenze del paesaggio, delle popolazioni e degli imprenditori agricoli e forestali.
Ci sono fondi, ad esempio, per i rimboschimenti e non per una cura attiva delle aree boscate e naturali; è ovvio che la conseguenza di questa politica porta a creare incendi al patrimonio per potersi assicurare reddito.
Pertanto credo che, anziché aprire nuovi scenari per i professionisti legati al paesaggio, il Codice Urbani partorisca l'abbandono del paesaggio e delle economie ad esso legate, in una drammaticità non recepita dai cittadini italiani ed in forte antitesi con la Convenzione Europea del Paesaggio, legge altrettanto vigente in Italia e del tutto ignorata nei suoi principi.
c) E' nata anche la 'pratica albero monumentale'. In cosa consiste?
Non nego l'importanza culturale, ecologica ed attuale degli 'alberi monumentali', la cui 'pratica' non è nata ora ma è sempre esistita; tanto è vero che tali alberi hanno sempre suscitato nell'uomo un profondo rispetto e addirittura nei Paesi orientali ad essi vengono poggiati elementi votivi e religiosi.
Penso invece che la pubblicizzazione di essi serva ad attirare l'attenzione su questi a discapito dell'intero 'paesaggio', così come il Codice Urbani tende a tutelare solo alcuni e troppo poco numerosi 'beni paesaggistici'.
Ho la vaga impressione che il messaggio contenuto sia: 'Concentratevi su questi, mentre si fa razzia del resto'.
L'azienda agricola svolge sempre più spesso una funzione non solo produttiva, ma anche di 'erogatore' di servizi. Quali adempimenti e quali opportunita' si possono configurare?
L'esigenza, di un imprenditore agricolo, di integrare con nuove funzioni la propria azienda nasce evidentemente dal non essere soddisfatti delle scelte attuate in campo politico e relative all'economia agraria; di conseguenza negli ultimi due decenni si è sviluppata una certa multifunzionalità delle aziende agricole, che, oltre ad offrire nuovi servizi, tendono così ad individuare altre forme di reddito, che possano assicurare l'equilibrio economico aziendale.
Nascono così l'agriturismo, le fattorie sociali e quant'altro di utile al fine; nella purezza degli intenti tali funzioni offrono anche un aspetto di carattere culturale, non sempre raggiunto, e che a volte si è trasformato, ad esempio per l'agriturismo, invece nell'occasione per aprire sale per ricevimenti e questo avvalla quanto dico.
Le fattorie sociali hanno certamente una funzione integrativa all'approccio del cittadino, dell'uomo urbanizzato al rapporto ed al contatto con il mondo naturale.
Nei grandi centri urbani generazioni intere sono cresciute e si sono sviluppate nell'ignorare totalmente i processi biologici e nella più assoluta mancanza di conoscenza perfino visiva degli animali; quest'ultima è stata soddisfatta solo dalle rare occasioni di una serata al circo o, per i più fortunati, dalla presenza di un parco zoologico nella propria città.
Senza dubbio queste funzioni secondarie delle aziende agricole vanno fortemente stimolate e motivate da una maggiore educazione ambientale e da una coscienza paesaggistica, particolarmente necessaria alle nostre comunità e ai nostri amministratori.
Come PromoVerde Lazio, avete sottolineato l'attenzione all'evoluzione della 'citta' verde ed alla pianificazione del paesaggio' anche in un recente incontro a Roma (novembre 2008). Quale messaggio desiderate 'lanciare' alle istituzioni ed ai professionisti coinvolti in questo processo?
Innanzitutto il messaggio mira ad una profonda riflessione legata ad una maggiore consapevolezza sul valore culturale ed economico del 'paesaggio'.
L'Italia, la cui fama nel mondo è sempre stata legata al proprio paesaggio culturale, evidenzia oggi una profonda arretratezza rispetto agli altri Paesi; ironia della sorte il settore maggiormente penalizzato è proprio quello del paesaggio culturale.
L'industria economica prima al mondo per fatturato e per numero di addetti è rappresentata dal turismo; la risorsa primaria del turismo è il 'paesaggio'.
L'Italia ha la fortuna ed il primato rispetto agli altri Paesi di detenere un 'patrimonio paesaggistico' assolutamente senza alcuna concorrenza; una corretta ed ottimale pianificazione di questa risorsa, rappresentata dal paesaggio, procurerebbe certamente una maggiore ricchezza economica ai cittadini italiani.
La realtà parla da sola e anziché indirizzare gli investimenti pubblici nel recupero e nella valorizzazione di questa risorsa, le scelte politiche di tutti i governi hanno invece come effetto la distruzione della risorsa; altra grande delusione è rappresentata dalla mancata attuazione di quello che doveva essere l'aspetto innovativo del federalismo.
Infatti il federalismo avrebbe dovuto portare innanzitutto ad una pianificazione basata sulle differenti risorse territoriali; l'Italia è un Paese ricco di identità culturali e paesaggistiche, seppur facilmente e maggiormente riferibili al paesaggio mediterraneo.
Tale identità è riscontrabile sia nel centro-sud che lungo le coste del nord, le quali non possono seguire una pianificazione economica dettata dall'economia 'padana'; diventa così ancor più indispensabile dare al 'paesaggio' quella dignità che merità e promuovere pianificazioni paesaggistiche degne di questo nome.
Tale indirizzo porterebbe altresì maggiore rispetto delle aree montane del nord Italia e ad una più corretta espansione di tutti i centri urbani italiani; ma per fare questo è necessario predisporre non solo leggi più consone all'obiettivo finale, ma favorire quei processi di adeguamento del nostro Paese al mondo civile.
Innanzitutto va assicurata un'adeguata formazione degli specialisti del 'paesaggio' così come avviene da un secolo negli altri Paesi europei e come viene prescritto dalla Convenzione Europea del Paesaggio; nell'attualità invece si sta minando la stessa sopravvivenza di quei pochi corsi di studio universitario, a fatica ma con successo sviluppatisi negli ultimi decenni, e che ora con la riforma universitaria vengono messi in profonda crisi (ma questo meriterebbe un articolo giornalistico specifico).
La formazione non deve riguardare solo gli specialisti ma anche gli operatori, siano essi legati al paesaggio, all'agricoltura, alla selvicoltura o al turismo; tranne, ad esempio, la Scuola del Parco di Monza o la Scuola di Minoprio non esistono in Italia strutture didattiche pubbliche che preparino giardinieri e operatori del verde, nonostante la sempre più crescente domanda di specializzati.
Deve essere inoltre favorita la divulgazione della coscienza paesaggistica presso le comunità, così come la 'filosofia dell'accoglienza e dell'ospitalità' a fini turistici per garantire un'offerta di servizi di qualità (il turista reputa di fondamentale importanza quest'aspetto nella scelta dei luoghi).
Questo intero processo dovrebbe però anche accompagnare una democratizzazione del nostro Paese, ridando al cittadino la propria dignità innanzitutto nel primo suo dovere che è quello elettorale, caratterizzato oggi da un voto espresso con una matita (di fatto cancellabile con una semplice gomma) e con la libertà di poter nominare chi lo rappresenti.
PromoVerde Lazio
L'Associazione PromoVerde nasce con il preciso intento di riunire in sé tutti coloro che operano nel settore paesaggistico (paesaggisti, progettisti, architetti, aziende, vivai ed altri operatori), di presentarsi come la filiera del paesaggio a servizio degli Amministratori e delle collettività e di condividere le finalità con tutti coloro che hanno a cuore un paesaggio ben tutelato e ben costruito.
La PromoVerde Lazio nasce il 5 giugno del 2008 e mira a fornire quel supporto professionale nel settore paesaggistico in un territorio fortemente caratterizzato dalle civiltà e dalla storia dell'uomo e pertanto contenitore di paesaggi culturali e naturalistici di immenso valore.
I nostri obiettivi
La PromoVerde Lazio mira innanzitutto a caratterizzare la propria struttura sociale attraverso la interdisciplinarietà, elemento indispensabile per realizzare una community in grado di fornire un completo puntodi riferimento sul tema del paesaggio.
La storicità, che caratterizza la regione geografica e la millenaria cultura laziale, rappresenta uno stimolo per la qualità offerta dalla PromoVerde Lazio sui temi culturali e professionali; infatti le attività sociali mirano a perseguire il valore culturale, derivante dalla tutela del patrimonio paesaggistico italiano, in sinergia con i principi e le indicazioni che caratterizzano la Carta di Napoli del 2000 e la Convenzione Europea del Paesaggio del 2006.
Il nostro fine
La PromoVerde Lazio persegue il fine ultimo di porsi come attore di un coordinamento tra tutte le Associazioni, Fondazioni, CentriStudi, Organizzazioni culturali e quant'altro esiste nell'orizzonte paesaggistico, promuovendo collaborazioni, comunicazione, sinergie e ricerche utili al processo di condivisione e compartecipazione delle tematiche comuni.
La PromoVerde Lazio, essendo apartitica, apolitica, laica ed obiettiva nei suoi principi e finalità, tende a raccogliere le energie, profuse da tanti, dirette ad un alto grado di qualità del paesaggio percepibile dalla collettività e a contribuire ad un dialogo costruttivo con le altre realtà europee in tema di paesaggio e di verde urbano.
Un'Associazione aperta a tutti per condividere
La PromoVerde Lazio è aperta a chiunque lo desideri; possono diventare soci tutti coloro che, persone fisiche o giuridiche, associazioni, enti e organizzazioni di qualunque genere, pubblici o privati, con o senza personalità giuridica, condividono le finalità e gli obiettivi dell'Associazione, stabiliti nello statuto e vogliono favorire la realizzazione degli scopi sociali, lo sviluppo dell'Associazione e l'affermazione della sua funzione nella società.
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Fonte: Agronotizie