Tra i grandi temi che i cambiamenti ambientali globali stanno ponendo all’attenzione non solo  della comunità scientifica ma anche dei governi e delle popolazioni, quello del degrado dei suoli riveste un’importanza fondamentale. Il degrado dei suoli si manifesta, in tempi talvolta molto  lunghi,  attraverso alcuni processi quali l'erosione, l'accumulo di inquinanti, la salinizzazione. Proprio di questo ultimo fenomeno parliamo con il dott. Nicola Colonna, ricercatore ed agronomo dell’ENEA (Dipartimento Biotecnologie, Agroindustria e protezione della Salute).

 

Dott. Colonna, che cosa intendiamo precisamente per salinizzazione? È un fenomeno dannoso? E in quale misura?

Con il termine salinizzazione intendiamo un processo di progressivo accumulo di sali nei suoli; in altre parole, quando diciamo che un terreno è salinizzato significa che quel terreno contiene,  soprattutto negli strati superficiali, quantità di sali tali da compromettere la crescita delle piante. Oltre un certo livello di salinità, infatti, le piante non possono crescere e, se ci riferiamo a piante coltivate, esse presentano dei decrementi produttivi progressivi all'aumentare della salinità.  
L’accumulo di sali nei suoli è un fenomeno non naturale ma indotto dagli uomini e dannoso soprattutto per i terreni agricoli e quindi per gli agricoltori i quali subiranno una diminuzione delle produzioni.
Per fare un riferimento storico, si tratta del medesimo processo che colpì la Mesopotamia, la terra fra i due 2 fiumi Tigri ed Eufrate, che, a causa di  terreni intensamente salinizzati, subì un  crollo della propria capacità produttiva con la conseguente crisi di un’intera civiltà. Anche se, nella sua genesi, il processo di allora è diverso da quello che sta avvenendo oggi in Europa, il risultato è simile: l’effetto finale è l’accumulo di sali nei suoli con conseguenti danni alla vegetazione.

 

Il fenomeno riguarda l’Europa? E se sì quali sono i paesi maggiormente interessati?   
Il fenomeno  interessa l’Europa e in particolare i paesi dell’area Mediterranea, come la Spagna, l’Italia, le coste francesi, la Grecia perché, in queste aree, la salinizzazione è legata  soprattutto all’intenso uso delle risorse idriche, in particolar modo nelle aree costiere. Il fenomeno sta diventando molto importante poiché l’eccessivo sfruttamento delle falde acquifere per usi diversi - che non sono solo quelli agricoli, ma anche, per esempio, industriali e domestici - modifica nelle aree costiere gli equilibri fra le acque dolci e quelle salate. Sono soprattutto le attività dell’uomo che, sfruttando intensamente le falde, provocano una sorta di richiamo dell’acqua di mare, la cosiddetta intrusione marina: l’acqua salmastra, o comunque ad elevato livello di salinità, che gli agricoltori utilizzano può provocare nei suoli i processi di accumuli di sali o,  nel momento in cui l’acqua viene fornita alle piante per irrigazione, danni diretti alle piante.

 

E' quindi un fenomeno soprattutto antropico, non naturale? 
In Italia abbiamo delle aree in cui il fenomeno è naturale: parliamo ad esempio di alcune zone interne della Sicilia, conosciute da sempre, che l’uomo ha sfruttato estraendo da miniere oggi abbandonate, diversi sali minerali utili (sali di potassio e di zolfo),  ma si tratta di aree limitate  e determinate dal punto di vista geologico.
Il fenomeno a cui stiamo assistendo oggi - che sta crescendo e che quindi ci preoccupa - è quello di origine antropica che si sta verificando lungo le coste anche del nostro paese. Purtroppo sono  interessate tutte le coste italiane, da quelle adriatiche, a partire da Ravenna verso sud, a quelle  tirreniche soprattutto nelle aree toscane e calabresi. Possiamo dire che tutte le aree costiere dove l’intensità di sfruttamento delle falde è intensa a causa della forte domanda di acqua per usi irrigui, domestici e industriali, sono a rischio.

 

Che cosa si può fare per combattere questo fenomeno? E l’ENEA che cosa fa in questo campo? 
L’ENEA svolge attività di monitoraggio del fenomeno, e quindi studia come il fenomeno si evolve e il rischio ad esso connesso. In alcune aree d’Italia, Sardegna e soprattutto in Sicilia, l’ENEA con il progetto nazionale RIADE  (Ricerca Integrata per l’Applicazione di tecnologie e processi innovativi per la lotta alla DEsertificazione) ha studiato e monitorato i processi  di desertificazione e salinizzazione.
Altre attività ENEA in questo settore sono le ricerche tese a selezionare piante capaci di resistere meglio a condizioni di salinità e aridità eccessive. Anche se si tratta, come è facile notare, di una sorta  di risposta adattativa al problema più che di una vera e propria soluzione. 
Sappiamo che il processo è strettamente connesso all’eccessivo sfruttamento delle acque e quindi occorre fare azioni preventive quali: utilizzare più razionalmente e risparmiare l’acqua sfruttando meno le falde, essere attenti ai modi in cui i pozzi vengono emunti. In effetti è importante far sì che l’equilibrio fra le ricarica degli acquiferi e l’ingressione di acque salmastre si sposti il più possibile verso la costa, così come avviene in condizioni naturali, in modo che  l’acqua proveniente dalle aree  interne riesca a contrastare l’ingresso di acqua salmastra. 

Possiamo dire che si tratta di un problema da affrontare in maniera complessa, globale? 
Sì, il problema non deriva  solo dall’agricoltura (che è nello stesso tempo agente  causale del fenomeno e uno dei settori più danneggiati), ma, in alcune aree del paese,  il  fenomeno ha origine anche a causa di un intenso uso delle acque per usi industriali o idropotabili. Per esempio l’area di Siracusa, nell’antichità famosa e fiorente per la ricchezza delle sue acque,  soffre di questo problema perché lo sviluppo industriale delle aree limitrofe, insieme alla crescita della città e all’incremento delle aree irrigue, ha portato ad un uso intenso delle risorse acquifere. 
Ogni situazione ha bisogno di essere analizzata in maniera specifica, in quanto le motivazioni possono essere diverse almeno nelle cause prime, quelle che noi  chiamiamo fattori di pressione. Un  fattore di pressione può essere, per esempio, il turismo che in alcune aree costiere induce picchi di domanda estiva dell’acqua, il che va ad aggiungersi ai consumi idrici già presenti nell’area per altri usi, aggravando così i  problemi.

 

Abbiamo parlato di prevenzione: ma è possibile fare qualcosa quando il problema si è già instaurato? 
È possibile anche fare degli interventi a posteriori. In ogni caso, quando il suolo si è arricchito in sali l’intervento non è molto facile: infatti, a certi livelli si parla di veri e propri processi di desertificazione, non più reversibili. Ma a livelli intermedi - che sono quelli oggi generalmente osservati nelle regioni italiane - con oculate tecniche di gestione si possono mitigare questi effetti.

 

Può fare qualche esempio? 
Sulla base delle esperienze fatte, l’ENEA ha identificato delle tecniche e pratiche di coltivazione utili a mitigare il fenomeno, alcune delle quali sono già in parte impiegate dagli agricoltori. L’ENEA, insieme ad altri partner,  ha realizzato  un campionario di queste tecniche.
Molto interessante è il caso della piana di Licata in Sicilia, dove molti agricoltori effettuano una rotazione fra le serre e le coltivazioni tradizionali: essi utilizzano delle serre  temporanee (tunnel) che vengono utilizzate per coltivare piante da orto ad alto reddito, irrigate con acque salmastre e ciò provoca  un certo livello di accumulo dei sali nel terreno. L’anno seguente spostano le serre  e al loro posto si  semina una coltura,  per esempio il grano (coltura autunnovernina),  che non viene irrigata, ma naturalmente bagnata dalla pioggia la quale, nei periodi in cui è più  abbondante (primavera e autunno) dilava il terreno portando via con sè parte dei sali accumulatisi.
Questa descritta è solo una delle tecniche di adattamento usate  dagli agricoltori che  in ogni caso possono anche scegliere colture più tolleranti alla salinità delle acque e dei suoli. Per esempio, esistono varietà di pomodori molto più resistenti alla presenza di sali nei suoli.

 

È un fenomeno che riusciremo a  controllare?  
Non è facile. Anche se il fenomeno di per sé è circoscrivibile e si possono mettere in atto quelle tipologie di intervento di cui abbiamo parlato; ci aspettiamo però che gli scenari di cambiamenti climatici  che vengono prospettati, con innalzamento delle temperature e diversa distribuzione delle piogge durante l’anno, possano contribuire ad aggravare i processi in atto.

 

Il fenomeno è sempre e soltanto negativo? 
La salinizzazione è un fenomeno in generale negativo, perché diminuisce la produttività delle colture, ma un certo livello di salinità viene sfruttato, in alcune aree, per produrre prodotti di qualità, i quali hanno un sapore naturalmente più  gradevole. In effetti utilizzando acque di irrigazione leggermente salate si ottiene una miglior qualità di alcuni prodotti, il più famoso fra tutti è il  pomodoro Pachino.
  
Noi abbiamo parlato della  situazione europea e italiana, ma nel resto del mondo? 
Nei  paesi extraeuropei il fenomeno è spesso molto più intenso ed ha una genesi diversa rispetto a quella che abbiamo illustrato. A livello generale è molto difficile fare previsioni sul livello di rischio futuro di  salinizzazione perché i fattori in gioco sono quanto mai numerosi e complessi.

 

Ulteriori immagini sono disponibili sul sito dell'ENEA.

 

Bibliografia
- Fierotti G., Dazzi C. e  Tusa D., 1999:  Riflessi dell'irrigazione con acque saline sulla qualità dei suoli. Convegno Progetto POM OTRIS, Foggia. 
http://www.inea.it/otris/ 
- EEA, 2003:  Europe's water: an indicator based assessment, Topic report 1. 2003
- Lasserre F., 2004: ACQUA, Spartizione di una risorsa, Ponte alle Grazie, Milano
- Colonna N., Iannetta M. e Palucci A., (a cura di) 2006: Salinizzazione e qualità delle acque: impatti e ipotesi di mitigazione. Volume edito da ENEA, Monografie RIADE - Roma
- Iannetta M. e Colonna N., 2008: A booklet on salinisation, Lucinda European Project 
http://geografia.fcsh.unl.pt/lucinda