A fine 2022 la discussione su glifosate tornerà ad accendersi pubblicamente a livello europeo, dopo cinque anni di braci sotto la cenere che hanno continuato a tener caldo l'argomento dal 2017, quando all'erbicida vennero concessi, appunto, altri cinque anni di rinnovo in attesa di ulteriori valutazioni. 

 

Parlare di glifosate e di agricoltura, in modo serio e circostanziato, con la stampa generalista poteva sembrare impossibile. Invece, l'impresa è riuscita presso la sede di Ager, l'Associazione Granaria Emiliana Romagnola che gestisce la Borsa Merci di Bologna. Un incontro organizzato da Bayer che ha coinvolto in qualità di relatori elementi della ricerca universitaria come pure del mondo associativo agricolo, coinvolgendo parimenti alcuni referenti legati ai mercati dei prodotti agricoli e analisti dei dati economici ad essi relativi.

 

Moderato da Donatello Sandroni, giornalista e divulgatore del settore agricolo, l'evento è stato aperto da Valerio Filetti, presidente di Ager Bologna, il quale ha riportato una fotografia dei trend di mercato italiani e globali circa le commodity. Gli eventi bellici si sono infatti inseriti, aggravandoli, in scenari che già stavano mostrando criticità da molti mesi. Ciò a causa delle tensioni dei mercati dovute ai rincari energetici che hanno fatto lievitare i costi dei fattori di produzione, fertilizzanti in primis, inducendo a cascata anche un aumento dei prezzi delle commodity stesse.

 

La dipendenza dell'Italia dall'estero è in tal senso un elemento di debolezza che va tenuto debitamente conto nella stesura delle politiche agricole, sia nazionali, sia europee. La perdita di strumenti produttivi, fra i quali glifosate, non può che aggravare tali scenari, penalizzando la redditività dell'agricoltura nazionale. 

 

A conferma di ciò, la testimonianza di Guido Zama, direttore di Confagricoltura Emilia Romagna. Le difficoltà del comparto agricolo regionale, già oggi sensibili, non potrebbero fare altro che inasprirsi in caso di eliminazione di glifosate a livello europeo. Alcune pratiche virtuose, come per esempio la semina su sodo, rischiano infatti di non poter essere più applicabili a causa degli insostenibili incrementi dei costi che tale pratica patirebbe se glifosate venisse abolito. 

 

Tali rischi sono stati ribaditi anche da Alberto Vicari, professore di Agronomia e Coltivazioni Erbacee presso l'Università di Bologna. Al docente bolognese è spettata la disamina degli aspetti tossicologici e ambientali dell'erbicida, entrambi confermati favorevoli anche dagli esperti di quattro differenti nazioni, ovvero quelli che hanno composto un gruppo congiunto di lavoro dal quale è derivato un report di oltre 11mila pagine, realizzato attingendo a 7mila studi scientifici pubblicati negli ultimi dieci anni. Un report che si esprime positivamente, cioè a favore del rinnovo di glifosate.

 

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Circa gli aspetti tossicologici sono state chiarite le differenze tra l'approccio metodologico utilizzato da Iarc e quello delle diverse autorità di regolamentazione in tema di agrofarmaci. La prima valuta il "pericolo intrinseco" di una sostanza, mentre le seconde stimano il "rischio" considerando cioè l'esposizione reale alla sostanza all'oggetto. Ovvie quindi le possibili differenze fra i due approcci in termini di conclusioni. Nello specifico, nella valutazione di Iarc su glifosate l'intero corpus di prove a carico dell'erbicida sarebbe risultato estremamente debole, facendo apparire come una dannosa forzatura il suo inserimento nel gruppo 2A, ovvero quello dei "probabili cancerogeni" per l'uomo. "Un gruppo - ha sottolineato Vicari - in cui sono inseriti peraltro anche le carni rosse o l'acqua al di sopra dei 65°C"

 

In termini di diffusione nell'ambiente, glifosate si mostra poco mobile nel suolo, motivo per il quale non si trova quasi mai nelle acque di falda. Nelle acque superficiali, invece, può giungere attraverso la deriva del pulviscolo dei campi coltivati, come pure da contaminazioni puntiformi dovute al risciacquo delle botti da diserbo. Un contributo che spesso supera il 50% del totale giunto alle acque. Chiarita da Vicari anche l'origine di Ampa, metabolita di glifosate, che alle acque può giungere anche dai detersivi. Un aspetto che mai viene debitamente sviscerato.

 

Infine, i gravi danni che l'abolizione di glifosate avrebbe per l'agricoltura conservativa, capace di minimizzare i consumi di carburanti come pure l'ossidazione della sostanza organica contenuta nei suoli. Ragguardevoli anche i benefici per la fauna terricola, lombrichi in primis, le cui preziose popolazioni vengono significativamente preservate dalla tecnica di semina su sodo. Una tecnica la quale, anche per il professore bolognese, non vi sarebbe speranza di sopravvivere se glifosate venisse abolito. 

 

Agricoltura ed economia

A fornire una disamina delle conseguenze economiche dell'eventuale bando di glifosate è stato infine Alberico Loi, senior analyst dell'Istituto Aretè


Secondo dati Eurostat, la produzione totale di frumento tenero in Emilia Romagna ammonta a 881.240 tonnellate annue. A fronte di ciò è stato prodotto uno studio economico, attualmente in fase di ultimazione, circa l'impatto nella regione di un'eventuale eliminazione di glifosate. Un impatto derivante in primis dalla riduzione delle rese: per la produzione del frumento tenero questa potrebbe variare dal -10% al -20%. Nella sola Emilia Romagna si subirebbe dunque una perdita compresa tra le 41.905 e le 86.080 tonnellate, con le produzioni che scenderebbero a 839.335 - 795.160 tonnellate.


Sempre in l'Emilia Romagna, l'attuale produzione totale di frumento duro ammonta a 426,645 tonnellate e un eventuale bando del glifosate provocherebbe una diminuzione delle rese compresa tra 41.149 e 66.566 tonnellate. Inoltre, nella regione si registrerebbero notevoli costi aggiuntivi per ettaro rispetto alla coltivazione convenzionale che prevede glifosate. Costi che potrebbero arrivare al +10,6% per il frumento tenero e al +9,5% per il frumento duro.


Anche per quanto riguarda il mais, in Emilia Romagna la produzione complessiva è oggi di 620.917 tonnellate. In caso di bando del glifosate, queste rese potrebbero ridursi di 17.078-35.566 tonnellate, a patto che i coltivatori si impegnassero a compensare tali perdite tramite maggiori interventi irrigui, ove ovviamente possibile. Un'eventualità che in un anno siccitoso come il 2022 non sembra praticabile.

 

Peggio sarebbe in caso non fosse disponibile la leva irrigua, con le rese che scenderebbero addirittura di 48,377-98,163 tonnellate. Ciò si tradurrebbe in un aumento dei costi di produzione sino al 18,7%, aggravando la dipendenza della regione e di tutta l'Italia dalle importazioni, le quali già oggi rappresentano il 46% del prodotto utilizzato a livello nazionale. 


Infine riso e soia. Nella coltivazione del primo, concentrata soprattutto nel Ferrarese, glifosate è utilizzato principalmente per la pulizia del letto di semina, sia nella semina in acqua, sia e soprattutto in quella in asciutta. Tale ultima tecnica si sta particolarmente diffondendo a causa dell'aumento di problematiche legate alla siccità. In tal senso, la possibilità di utilizzare glifosate in pre semina abbatte notevolmente i costi di tale pratica e ne rende quindi più vantaggiosa l'applicazione. L'eventuale bando di glifosate produrrebbe quindi gravi conseguenze ambientali, poiché aumenterebbe il consumo di acqua. Attualmente la produzione di riso in Emilia Romagna è pari a 38.973 tonnellate: in caso di bando del glifosate, potrebbe ridursi fino ad un massimo di 31.880 tonnellate


Circa la soia, la produzione regionale attuale si attesta sulle 131.590 tonnellate. A seguito di un eventuale bando dell'utilizzo di glifosate, tali rese potrebbe ridursi sino al 22,1%, pari quindi a 29.110 tonnellate. Inoltre, per quanto riguarda i costi aggiuntivi per unità di prodotto, essi potrebbero raggiungere 92.7 euro per tonnellata per la transizione verso tecniche "senza glyphosate".


Conclusioni: bene ma non benissimo

Sicuramente, i numeri condivisi sono stati "pesanti", a dimostrazione che a proibire si fa presto, ma poi resta una serie di problemi di grave entità da risolvere. E senza sostituti papabili in ballo, come nel caso di glifosate, ciò si trasformerebbe in un vero e proprio suicidio


Purtroppo, si conferma ancora una volta come la stampa generalista a volte senta ma non ascolti. Su La Repubblica, per esempio, nel pezzo relativo al convegno è stato pubblicato un occhiello che dà risalto a una dichiarazione dell'Istituto Ramazzini, secondo il quale per l'Oms glifosate sarebbe pericoloso. Ancora, nel pezzo viene riportata per l'ennesima volta la nota ricerca sul microbioma intestinale, argomento sul quale si sono già prodotti diversi approfondimenti, chiarendo come il concetto di "basse dosi" abbia significato pressoché nullo quando l'esposizione reale stalli alcune decine di migliaia di volte al di sotto delle dosi impiegate negli studi all'oggetto. 


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Circa poi l'Oms, non corrisponde al vero la dichiarazione per la quale glifosate sarebbe stato considerato pericoloso. Anzi: secondo gli esperti dei Jmpr, gruppi di lavoro in cui operano esperti tossicologi di Oms e Fao, glifosate sarebbe tutto tranne che "pericoloso". In sostanza, l'Oms avrebbe smentito la stessa Iarc, ponendosi in fitta compagnia con tutte le altre agenzie e autorità di regolamentazione al mondo che si sono espresse allo stesso modo.


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Si teme quindi che alcuni giornalisti generalisti non abbiano ancora capito, o proprio non vogliano capire, la notevole differenza tra Iarc e Oms, come pure sembra che prediligano singole ricerche di singoli istituti, all'imponente corpus di studi che afferma il contrario. A dimostrazione che presenziare per "sentire" non equivale a partecipare per "ascoltare".