Oggi i nemici principali del melo sono gli afidi grigio e lanigero, con i primi che compaiono fin dai primi stadi fenologici della pianta e attaccano i germogli e successivamente foglie e frutti in pre-allegagione. I danni che apportano alla coltura sono così importanti e la soglia di danno (basta la presenza) così bassa (accartocciamento delle foglie, aborti fiorali e deformità dei frutti) che il loro trattamento avviene anche alla comparsa delle prime infestazioni.
L'afide lanigero invece si sviluppa principalmente nel periodo di post-fioritura e si insedia sulla parte legnosa, spesso in prossimità delle cicatrici da potatura, causando lo sviluppo di tumori e nodosità che portano la pianta ad uno stato di sofferenza. Questo determina non solo una diminuzione delle produzioni, ma anche delle deformazioni e nodosità sulla vegetazione che influiscono anche sulla produzione dell'anno successivo.
"Le limitazioni all'utilizzo dei neonicotinoidi erano già nell'aria da tempo, è dal 2013 che ad esempio era stato limitato l'uso ai trattamenti in post-fioritura. Per questo molte imprese agricole hanno messo in campo nelle stagioni passate strategie alternative", spiega ad AgroNotizie Gastone Dallago, tecnologo della Fondazione Mach. "Senza contare che le aziende biologiche già da tempo portano avanti la lotta agli afidi del melo con soluzioni alternative, come l'utilizzo di Azadiractina, un principio attivo che trova oggi impiego anche nelle aziende convenzionali".
Si tratta di una molecola, consentita in agricoltura biologica, da utilizzare nelle fasi di pre-fioritura per il controllo dell'afide cenerognolo. E' un limonoide estratto dai semi dell'albero di Neem che agisce per ingestione e contatto. Interferisce nello sviluppo degli insetti e riduce lo stimolo alla nutrizione.
"Se in pre-fioritura l'Azadiractina trova il suo impiego ideale, anche se oggi la sostanza attiva più impiegata è il Flonicamid, in post-fioritura si possono usare altri prodotti già sul mercato, come lo Spirotetramat oppure il Sulfoxaflor. Una gestione dell'afide grigio con questi prodotti permette un controllo sufficientemente buono dell'insetto", spiega Dallago.
Per quanto riguarda l'afide lanigero i ricercatori della fondazione Mach hanno testato l'efficacia di una miscela a base di olio minerale e zolfo, ammesso anche in biologico, da applicare ad inizio primavera. Se le condizioni ambientali sono ottimali e il trattamento è eseguito a regola d'arte permette di bloccare la risalita dell'afide lungo il tronco.
"Qualche problema lo possono dare alcune varietà di melo, come la Fuji, che a causa della vigoria particolarmente accentuata rendono difficile la bagnatura completa della pianta anche negli strati fogliari più profondi", puntualizza Dallago. "In generale possiamo dire che le varietà meno vigorose sono quelle meno soggette all'attacco degli afidi". In post fioritura invece si può procedere con l'utilizzo di principi attivi come lo Spirotetramat in miscela con oli minerali.
Cauto ottimismo quello trapelato dall'evento. "C'era molta preoccupazione quando sono state bandite le molecole imidacloprid, clothianidin e thiamethoxam. Oggi invece c'è una certa tranquillità. Da quanto è emerso dal dibattito sembra che la gestione chimica con i prodotti oggi ammessi su melo, insieme alle pratiche agronomiche individuate per le varietà vigorose, metta gli agricoltori nelle condizioni di controllare adeguatamente gli afidi".
A mancare all'appello sono gli antagonisti naturali. Benché l'afide sia predato da un gran numero di insetti la loro presenza diventa significativa solo in estate, quando il grosso del danno è fatto. Ad esempio per quanto riguarda l'Aphelinus mali, un imenottero che parassitizza efficacemente l'afide lanigero, questo compare solamente quando le colonie sono già di una dimensione importante. E dunque il suo intervento è purtroppo tardivo.