Nel Nord Italia è iniziata la raccolta del mais: le produzioni sono buone, ma il prezzo è crollato a livelli di due anni fa. Ciò ha colto di sorpresa il mondo agricolo, soprattutto in relazione alle enormi aspettative di redditività che aveva maturato al tempo delle semine.
Inoltre si trova a fare i conti con un aumento del 30% dei costi di produzione, soprattutto a causa dell'impennata dei prezzi di fertilizzanti, sementi e lavorazioni meccaniche.
Dal 1° gennaio 2008 il prezzo ha infatti segnato una flessione del 30% circa, attestandosi su valori di 120–130 euro per tonnellata di granella verde base 25% di umidità. Con produzioni medie di 10 tonnellate di granella verde per ettaro difficilmente il bilancio della coltura potrà segnare un pareggio. Se si escludono le aziende super produttive, si tratterà di registrare perdite medie di 100-200 euro per ettaro che verranno compensate solo dai contributi disaccoppiati della UE.
Ciò che vien da chiedersi è se la fame nel mondo sia improvvisamente finita o se la Cina o l'India hanno di colpo smesso di consumare o se i bombardamenti mediatici dei media sugli argomenti non fossero finalizzati al solo sostegno della speculazione da parte di chi ne aveva diretto interesse.
Con le ingenti speculazioni finanziarie che hanno condizionato i mercati dei cereali in seguito alla crisi della borsa americana, le multinazionali dell'agro-business hanno infatti aumentato i loro introiti dal 35% al 70% in un anno.Ma è sin troppo facile capire chi ne pagherà per l'ennesima volta il conto.