Con l’incontro con il ministro Scajola, il presidente della Confagricoltura Federico Vecchioni ha portato a termine un  positivo giro di consultazioni con i ministri competenti in materia di energia (oltre allo Sviluppo Economico, l’Ambiente e le Politiche Agricole), al fine di riportare al centro dell’attenzione lo sviluppo delle bioenergie.
Di fronte dell’aumento inarrestabile del prezzo del petrolio è necessario, a parere di Confagricoltura, percorrere in maniera decisa la strada dell’utilizzo della biomassa di origine agro–forestale e zootecnica per la produzione di energia, elettricità e calore
Per tale motivo Confagricoltura ha sottolineato l’esigenza di emanare i decreti attuativi delle leggi 222/07 e 244/07, che hanno ridefinito il quadro applicativo delle energie rinnovabili con particolare riferimento alle agroenergie. Solo con l’emanazione dei decreti attuativi, ricorda Confagricoltura, i nostri imprenditori avranno la possibilità di investire in nuovi impianti di produzione di energia da biomasse, con prioritaria attenzione a quelli che sfruttano i sottoprodotti per la produzione di biogas, dando seguito anche all’obiettivo di sviluppare la generazione distribuita con piccoli impianti di potenza inferiore a 1 MW che possono usufruire della tariffa omicomprensiva di 0,30 €/kw.
Altro problema da affrontare con urgenza, secondo Confagricoltura, è la questione del valore dei certificati verdi. Gli imprenditori agricoli che per primi hanno deciso di investire nella produzione di energia da biomasse, a causa del valore non remunerativo dei certificati verdi, dovuto ad una saturazione del mercato, rischiano di dover chiudere i propri impianti. In relazione a ciò, occorre individuare idonee soluzioni per riequilibrare l’offerta e la domanda di certificati verdi; solo così si potrà proseguire nel trend positivo di sviluppo dell’energia rinnovabile.
Le soluzioni possono essere diverse, non ultima quella di modificare il sistema di determinazione della quota minima di elettricità prodotta da impianti alimentati da fonti rinnovabili che, nell'anno successivo, deve essere immessa dai produttori e distributori di energia elettrica da fonti fossili: la base di riferimento dovrebbe essere tutta l’energia elettrica venduta e consumata in Italia, evitando di escludere alcune fattispecie come avviene oggi. Un primo intervento può essere quello di intervenire a livello normativo innalzando la quota d’obbligo (portandola quantomeno all’1%).