Di questo si è parlato al convegno della 14esima serata del vivaismo, l'appuntamento organizzato ogni anno dell'Associazione vivaisti italiani, che si è tenuto venerdì scorso sulle prime colline sopra Pistoia.
Un tema affrontato in un'ottica particolare, per molti versi nuova, e ovviamente di settore, mettendo a fuoco il ruolo che gli spazi verdi all'interno delle città possono giocare nell'azione di contrasto ai cambiamenti climatici e all'attenuazione delle sue conseguenze.
Così, dopo l'introduzione generale sul problema del riscaldamento globale spiegato da Simone Orlandini dell'Università di Firenze e accademico dei Georgofili, il tema è entrato nel vivo sottolineando tutte le funzioni che le piante hanno nel mitigare i cambiamenti climatici e i loro effetti negativi, dal sequestro della CO2, al raffrescamento dell'aria con la traspirazione e l'ombreggiamento, dalla permeabilità delle superfici a verde al contenimento del terreno.
Funzioni generali, che siamo abituati di solito a sentire associate all'importanza delle grandi foreste o al ruolo dei boschi nella tenuta idrogeologica delle nostre montagne, ma uno spazio verde in una città può avere effetti e importanze simili?
Sì, come ha sottolineato Francesco Ferrini dell'Università di Firenze, e non solo questo. Le piante in città, in quanto piante, svolgono anche nel contesto urbano tutte queste funzioni, creano ombra, fresco, producono ossigeno, sequestrano anidride carbonica e sono su superfici permeabili che assorbiranno acqua, magari di qualche sempre più frequente bomba d'acqua, che altrimenti ruscellerebbe sul cemento e sull'asfalto.
Ma non solo. Il verde urbano garantisce anche assorbimento del rumore, bellezza e benessere psicofisico alle persone, l'importante è che sia progettato e realizzato bene. E per questo il ruolo dei tecnici e dei vivaisti è fondamentale, perché il verde urbano è funzionale solo se ben fatto e se ben fatto ha anche un costo adeguato, a volte anche minore a una cementificazione.
Sui benefici del verde pubblico ha messo l'accento anche Fabio Masotta, architetto del paesaggio, che ha ribadito la necessità di superare il concetto di verde pubblico visto solo come elemento estetico e decorativo, per passare a una concezione degli spazi verdi come luoghi funzionali al benessere, tanto da cercare di inserirli anche nei piani e nei bilanci di prevenzione sanitaria.
Un'idea quella di vedere il verde pubblico anche come strumento di prevenzione sanitaria che è stato adottato dal comune di Prato nel progetto Giungla urbana, che vuol rilanciare in modo organico gli spazi verdi della città e della periferia.
Un progetto che è stato selezionato come uno dei migliori del programma europeo Azioni innovative urbane della Commissione europea e che vede la più industriale delle città toscane diventare un modello della riconversione verde del territorio, coinvolgendo anche nomi di spicco come l'architetto Stefano Boeri, famoso per i suoi grattacieli-boschi e Stefano Mancuso dell'Università di Firenze, noto per le sua attività di ricerca e divulgazione sulla cosiddetta 'intelligenza vegetale'.
Come ha spigato l'assessore pratese, Valerio Barberis, ripensare la città e i suoi spazi verdi è fondamentale nel contesto del contrasto ai cambiamenti climatici, dal momento che le città sono tra le principali responsabili delle emissioni di gas serra e che la popolazione mondiale tende e tenderà sempre di più ad inurbarsi.
La serata si è poi conclusa con la premiazione delle personalità che hanno svolto un ruolo centrale per il vivaismo pistoiese, premio che tra gli altri quest'anno è andato anche ai tecnici del Servizio fitosanitario regionale che sta svolgendo una funzione cruciale, soprattutto in questi tempi di Xylella e di altre emergenze.