Riscoprire il rispetto per il cibo, soprattutto quello etico. Non sprecare significa una riduzione dei costi energetici e risparmiare acqua, ma anche ridare valore a cose come il pane, di cui si è persa la memoria negli anni. Sono alcuni spunti emersi nel corso dell'incontro organizzato da Upa Siena intitolato "Produzioni alimentari, tra spreco e sostenibilità" che è possibile rivedere online.

 

Ben vengano norme e indicazioni ma tutto dipende dalle persone, dalla famiglia e dalle scuole, è necessario analizzare i comportamenti quotidiani da un altro punto di vista, come quello di chi non ha nemmeno il pane da mangiare.


Le note positive ci sono: i ristoranti, le maestre e le amministrazioni ragionano con il cuore e ci sono sempre più iniziative per aiutare a diffondere la cultura della riduzione degli sprechi.

 

Ma servono fatti concreti e più senso civico per ridurre i numeri allarmanti dello spreco: ogni anno si sprecano un miliardo e 300mila tonnellate di cibo, circa un terzo di tutto ciò che viene prodotto, e il fenomeno della perdita di cibo ancora commestibile si riscontra in tutta la catena di produzione e di consumo.

 

Ogni anno si sprecano 1,3 miliardi di tonnellate di cibo. Dati dell'Osservatorio Waste Watcher International con Distal

Ogni anno si sprecano 1,3 miliardi di tonnellate di cibo. Dati dell'Osservatorio Waste Watcher International con Distal

(Fonte: Upa Siena)

 

Numerosi gli interventi al convegno, di seguito alcuni estratti delle cinque sessioni, ma vi invitiamo a rivedere l'incontro completo nel video che trovate in fondo all'articolo e su YouTube.

 

Lotta allo spreco alimentare: non si può più rimandare

"Quello dello spreco alimentare è un tema di un'urgenza improcrastinabile" ha detto Armando Soreca, viceprefetto aggiunto della Prefettura di Siena, nei saluti introduttivi dell'evento, spiegando che gli alimenti finiscono nelle discariche e vengono smaltiti producendo gas serra, si tratta quindi anche di un problema di inquinamento. "Da alcuni anni c'è attenzione al tema sia a livello europeo per il recupero degli alimenti lungo la filiera di produzione, di distribuzione e di consumo finale proprio per i volumi del fenomeno".

 

L'Italia è uno dei primi Paesi che si è dotato di una legislazione in materia, prima nel 2003 con la Legge del Buon Samaritano e poi con la Legge Gadda. "A differenza di altri Paesi europei che puntano soprattutto sull'aspetto sanzionatorio o di repressione, la Legge Gadda mira invece ad un'azione congiunta di enti istituzionali, di privati, di imprese e di enti del terzo settore, proprio per realizzare un circolo virtuoso per recuperare questi beni e portarli a chi ne ha bisogno, nell'ottica di una società sociale" ha detto Soreca.

 

La Legge 166 del 2016 cosiddetta Antispreco

Proprio alla Legge Gadda è stata dedicata la prima sessione che ha visto l'intervento della firmataria: Maria Chiara Gadda, deputata, vicepresidente della tredicesima Commissione Agricoltura: "Servivano davvero delle leggi rispetto a un tema che può essere messo nell'ambito del buon senso, della prevenzione? Nel caso della Legge 166 sì, perché sicuramente da un lato dobbiamo agire sull'educazione e sulla corretta informazione, ma se pensiamo al rapporto tra profit e non profit nel recupero delle eccedenze alimentari, era fondamentale semplificare il percorso di recupero".

 

Nel caso del BelPaese la scelta è stata anche quella della premialità fiscale, quindi di premiare un comportamento virtuoso di responsabilità sociale da parte delle imprese.

"La donazione non nasce con la Legge 166 del 2016 - ha continuato Gadda -,  nasce con un percorso molto lungo che il nostro Paese ha vissuto sia sul fronte della buona pratica quotidiana ma anche sul fronte della legislazione, perché le prime norme fiscali che riguardano la donazione risalgono agli Anni Novanta. Un passaggio importante è stato quello della Legge del Buon Samaritano ma gli adempimenti burocratici nel caso della donazione erano ancora troppo onerosi. La Legge 166 mira quindi a dare un quadro chiaro di regole, di responsabilità, entro cui è possibile muoversi. Questo è l'altro aspetto: la Legge 166 non mette al centro il tema del rifiuto, ma fotografa l'attenzione sulla parola eccedenza, che di per sé non è negativa".

 

Il recupero dei sottoprodotti agricoli e alimentari: cosa può fare il consumatore?

Nella seconda sessione riflettori puntati sul recupero dei sottoprodotti agricoli e alimentari.

L'intervento di Vittoria Aureli, ricercatrice del Crea Alimenti e Nutrizione, ha avuto come focus il ruolo del consumatore italiano verso la transizione ad un sistema sostenibile.

 

Il sistema alimentare impatta sia sulla salute umana che su quella dell'ambiente
Dopo una breve descrizione della dieta planetaria, principalmente plant based, e degli effetti positivi che produce sulla salute e sull'ambiente, la relatrice si è soffermata sul perché il consumatore non segue le raccomandazioni nazionali ed europee. "La conoscenza dell'impatto che le abitudini alimentari hanno sull'ambiente risulta essere ancora poco considerata a livello mondiale".

 

Aureli ha in seguito illustrato i punti principali di uno studio sulle conoscenze del consumatore italiano dell'impatto delle proprie scelte alimentari sull'ambiente e la sua propensione al cambiamento.

Lo studio che ha preso in esame 815 intervistati, residenti in Italia e adulti, ha valutato inoltre di quali policy avrebbe bisogno per effettuare questo cambiamento e di quanto il consumo della carne impatti su tale cambiamento.

 

Nella prima analisi descrittiva è stato evidenziato che il 45% del campione non crede che le proprie abitudini alimentari abbiano effetti negativi sull'ambiente. Le maggiori barriere al consumo di prodotti sostenibili sono il prezzo e la carenza di un'etichettatura chiara.
Riduzione del consumo di carne: il 51% ha ridotto il consumo ma attualmente ancora la mangia, il 27% non ha intenzione di ridurla neanche in futuro perché ritiene il consumo della carne necessario per avere una dieta bilanciata.


Riguardo alle fonti proteiche con cui viene sostituita la carne, è stato risposto con pesce, uova e legumi, mentre per le "proteine del futuro" è stato riscontrato un no secco al consumo di insetti e derivati. Una maggiore propensione è stata riscontrata per assaggiare prodotti plant based senza Ogm.

 

Il consumatore è molto propenso ad adottare misure antispreco a livello domestico e a comprare maggiori prodotti di stagione. "Possiamo dire che i consumatori italiani richiedono maggiori regolamentazioni, in particolare con l'aggiunta delle informazioni sull'impatto a livello ambientale all'interno delle etichette dei prodotti che si vendono normalmente. Sono invece meno accettate le policy basate su tassazione e limitazione dei prodotti non sostenibili, in quanto già il prezzo è evidenziato come una delle barriere principali a tale cambiamento. La maggior parte del campione è effettivamente disposto a effettuare dei cambiamenti in senso più sano e sostenibile, ma non sa come attuarlo".

 

L'importanza della carne è sicuramente l'ostacolo principale che limita tale cambiamento, ha spiegato Aureli, aggiungendo che "attualmente le alternative percorribili sono quelle che vengono già consigliate dalle linee guida per una sana alimentazione, ma sicuramente i futuri adattamenti delle linee guida dovranno considerare anche l'aspetto sociale dell'alimentazione e l'impatto sulla salute. Le modifiche delle scelte alimentari del consumatore necessitano di tempo, lo sappiamo, e vogliamo proporre come successivo adattamento di questo studio una maggiore comprensione delle preferenze delle persone verso i nuovi alimenti sostenibili, ad esempio tramite esperienze sensoriali".

 

Sensibilità e prevenzione: arriva la app Sprecometro

La terza sessione, dedicata alla sensibilità e alla prevenzione degli sprechi è stata aperta dal contributo video di Andrea Segrè, direttore scientifico di Waste Watcher International, Campagna Spreco Zero, che ha parlato del contrasto, o meglio della prevenzione, allo spreco alimentare in particolare di ciò che non si può recuperare a fini caritativi, ovvero dello spreco domestico.

 

"Gettare via il cibo in un mondo legato all'agricoltura è veramente un peccato: produrre gli alimenti e poi non consumarli o non destinarli allo scopo principale per cui l'agricoltura opera, ovvero produrre beni alimentari per il consumo umano e animale. Non a caso parliamo di prevenzione, bisogna agire prima che il danno sia fatto. Il danno è a monte, è la dissipazione di un capitale naturale, il suolo, l'acqua, l'energia, che sappiamo bene essere limitato. Distruggere un bene alimentare come rifiuto una volta che non viene consumato genera altri costi, economici e ambientali".

 

Segrè ha illustrato le attività a cui sta lavorando da oltre vent'anni, come lo spinoff dell'Università di Bologna Last Minute Market e la campagna Spreco Zero, e la Giornata nazionale dedicata alla Prevenzione dello Spreco Alimentare, il 5 febbraio. Inoltre l'intervento da due anni alla Giornata Internazionale del 29 settembre "dove presentiamo con l'Osservatorio Waste Watcher, un Report che prende in esame diversi Paesi".

 

Per quanto riguarda l'ultimo dato italiano sullo spreco di alimenti a livello domestico "siamo intorno a 600 grammi, un po' più di mezzo chilo a settimana pro capite, sono tanti chili. Sono in realtà 6,5 miliardi di euro in valore. Proprio in occasione della giornata nazionale, il 5 febbraio, abbiamo deciso di provare a coinvolgere tutti sullo spreco domestico promuovendo un'applicazione che si chiama Sprecometro che consente in pochi passi di capire qual è il proprio livello di spreco alimentare, consente di misurare giornalmente lo spreco in grammi, valutarlo in euro e poi in impronta idrica, in impronta carbonica, per capire l'effetto di un'azione generalmente inconsapevole". L'applicazione inoltre rimanda a un mini corso di educazione alimentare che aiuta a ridurre questa impronta. "Si può fare da soli o anche lavorare in gruppo, o addirittura coinvolgendo le città".

 

I numeri dello spreco alimentare

I numeri dello spreco alimentare

(Fonte: Upa Siena)


Un aiuto a chi è in difficoltà

Viviamo in un mondo di contraddizioni, dove c'è chi si ammala perché assume troppo cibo e c'è invece chi muore perché non è ha o è malnutrito. Nella quarta sessione "Scarti alimentari, un aiuto a chi è in difficoltà" Valentina Carloni, Fondazione Opera Diocesana Senese, ne ha portato una testimonianza.

Dallo spreco il tema è passato ai bisogni "Oggi vogliamo un po' fotografare quali sono i bisogni che tutti i giorni tocchiamo con mano. Dietro a ciascuno di questi bisogni c'è un volto, quindi portiamo il volto di tante persone, e vi posso assicurare che questo è emotivamente molto impegnativo".

 

"Abbiamo forse l'inflazione alimentare più alta da quasi quarant'anni, sono saliti a tre milioni i poveri che hanno chiesto aiuto per mangiare facendo ricorso alle mense o ai pacchi alimentari, secondo una stima degli ultimi 12 mesi e ci prepariamo a mesi che ci sembrano sempre più cari e questo un po' ci spaventa. Coloro che chiedono cibo sono più di un milione nel nostro Paese, negli ultimi tre anni il numero delle persone costrette a ricorrere agli aiuti alimentari è salito. Vengono dati i cosiddetti 'pacchi alimentari', un termine che a noi piace poco. Si tratta di uno strumento ormai molto antico anche nel modo di proporsi come risposta ai bisogni. Nei pacchi c'è principalmente pasta, salsa di pomodoro, succhi di frutta, zucchero, tonno in scatola, farina, marmellate e fette biscottate. In questi pacchi manca tutto il fresco. A chi ha bisogno non diamo frutta, verdura e carne".

 

Carloni ha poi sottolineato le criticità che i volontari si trovano ad affrontare per ciò che riguarda il cibo fresco, le operazioni richieste, gli strumenti come gli abbattitori alimentari e la formazione dei volontari. "L'anno scorso in un corso di formazione per i volontari sulla necessità di una giusta alimentazione è emersa proprio questa problematica: la necessità di dare a chi ha bisogno anche questi alimenti".

 

Un piccolo passo è stato fatto: invece di dare a tutti una scatola con determinati alimenti, ciascuno sceglie le cose di cui ha bisogno, perché non si è tutti uguali. "La possibilità di scelta per noi è un segno di attenzione, perché queste persone le incontriamo, ci parliamo, hanno un volto e riusciamo in qualche modo anche a intercettare quella che è la loro vita per riuscire anche in un'operazione di riscatto" una cosa non di poco conto "perché c'è bisogno di cibo, ma c'è bisogno anche di attenzione" ha detto ancora Carloni che ha poi raccontato l'esperienza della mensa, altro strumento di riferimento.

 

Esperienze riproducibili: la botteghina della solidarietà

Al di là della normativa, è fondamentale una sensibilità, un'educazione a partire dalle scuole elementari. Veniamo da una tradizione contadina in cui non si buttava via nulla, oggi invece questa attenzione è venuta meno. La quinta e ultima sessione ha espresso il punto di vista della politica su questo tema.

 

Tra i relatori il senatore Silvio Franceschelli che ha portato esperienze territoriali che potrebbero essere riproducibili su vasta scala. "Nel nostro comune, il comune di Montalcino, così come il comune di Poggibonsi e in tanti altri comuni, abbiamo attivato una botteghina della solidarietà. È un'esperienza che abbiamo mutuato da Poggibonsi anche con l'ausilio della Curia. La botteghina della solidarietà è un luogo in cui molti prodotti locali vengono resi disponibili ai ceti meno abbienti e vengono riutilizzati, anche con un percorso di abbattimento e congelamento, i prodotti freschi che in questo modo hanno un prolungamento della loro vita alimentare".

 

"Grazie a questo modello, che si basa sugli avanzi di un piccolo punto di commercio di una località, implementandoli con gli stock alimentari vicini alla scadenza che compriamo da aziende agricole o prodotti sfusi che facciamo insacchettare, riusciamo a dare mangiare a circa quaranta famiglie al mese".

 

Come è emerso in precedenza è sempre più sentita "l'esigenza di rendere consapevoli anche i nostri ragazzi sul valore del prodotto alimentare e questo si fa partendo dalle scuole e credo che le mense siano un elemento essenziale. Nella nostra mensa scolastica c'è un percorso sui prodotti del territorio - ha proseguito Franceschelli -. Lo spreco alimentare sul prodotto fresco parte anche dal concetto della territorialità del prodotto stesso che ha un effetto salutare, sia in termini di alimentazione che in termini ambientali, perché comunque si riducono i trasferimenti".

 

Franceschelli ha poi sottolineato che l'educazione civica parte dalle scuole e che su questi temi spera che nei prossimi mesi il Parlamento possa attivare ulteriori norme per favorire questi processi, e che si faccia qualcosa per ridurre il gap tra il prezzo che viene pagato all'agricoltore e quello del prodotto finale al supermercato.

 

Questi sono solo alcuni estratti degli interventi al convegno, riguarda l'evento online sul canale YouTube di Upa Siena

 

 

Non perdere i prossimi appuntamenti con gli eventi di Upa Siena:

  • Lunedì 10 luglio 2023 - Pac 2023-2027, un inizio in salita - Scopri di più
  • Venerdì 14 luglio 2023 - AgriCat, i primi passi - Scopri di più
  • Lunedì 17 luglio 2023 - Richiesta danni, modalità operative - Scopri di più

upa-siena-loghi-unione-provinciale-agricoltori-impresa-tradizione-innovazione-2023.jpg

 

L'Unione Provinciale Agricoltori di Siena è un'Organizzazione professionale associata a Confagricoltura e a Confagricoltura Toscana composta da tanti agricoltori desiderosi di migliorare la propria attività, di preservare il territorio e l'ambiente. Upa Siena punta sull'innovazione, si rivolge al futuro con idee e confronti tangibili e produttivi, grazie a determinazione, immaginazione, conoscenza e condivisione. Upa Siena è così da tempo immemore, e così vorrebbe continuare ad essere

 

siena@confagricoltura.it - Tel 0577 533040 - Visita il sito web
Facebook - Instagram - YouTube