Rete Rurale Nazionale ha realizzato nuovo report sulle principali filiere delle colture proteiche, estremamente strategiche per l'agroalimentare sia a livello italiano che a livello comunitario, sia per il ruolo fondamentale per la gestione sostenibile delle risorse climatico ambientali che per la connessione con le produzioni zootecniche. Dal punto di vista dei prodotti si possono distinguere le colture proteiche a prevalente impiego nell'alimentazione animale, come soia, pisello proteico ed erba medica rispetto a quelle destinate esclusivamente all'alimentazione umana (fagiolo, lenticchia, cece).
Dal punto di vista dei dati di fatturato, il settore delle oleo proteaginose nel 2021 ha registrato un valore della produzione ai prezzi di base di soia, girasole e legumi secchi pari a 650 milioni di euro, pari al 3,9% della produzione delle coltivazioni erbacee e al 2% di quella totale delle coltivazioni agricole agricole. In termini di superficie, soia e girasole rappresentano rispettivamente il 61,7% e il 25,3% della Sau a colture industriali, mentre sul valore della Sau nazionale si tratta rispettivamente del 2,23% e 0,91%.
L'erba medica costituisce invece il 28% dela Sau a foraggere e quasi il 5,4% della superficie agricola nazionale. A livello di trasformazione industriale, con particolare riferimento alla componente proteica, la principale destinazione è la produzione di alimenti per animali da allevamento, con un giro d'affari pari a 6,66 miliardi di euro, in particolare trattasi di premiscele, piselli e fagioli conservati, farine vegetali.
Analizzando i principali dati della filiera, l'ammontare delle superfici di soia, girasole, colza ed erba medica, sommate, è sostanzialmente rimasto stabile fra il 2018 e il 2021, riducendosi lievemente da 1 milione e 188mila ettari a 1 milione e 154mila ettari. Produzione in calo da quasi 21 a 19,7 milioni di tonnellate, mentre in termini di valore si è accresciuto il valore della produzione industriale venduta. Relativamente a questo dato, interessante la struttura dell'industria mangimistica in Italia, con 417 mangimifici, in particolare dislocati al Nord Italia, per una produzione annuale di mangimi composti pari a 15,6 milioni di tonnellate nel 2021. Sul fronte dei prezzi, per tutte le principali commodity, nel 2021 si è registrato un sensibile rush dopo un biennio di sostanziale stallo.
Analizzando invece la situazione in termini di scambi commerciali, i semi di soia hanno presentato nel 2021 un passivo di bilancio di oltre 1 miliardo di euro, d'altronde si tratta del prodotto dal quale dipendiamo maggiormente dall'estero. Poi seguono, in ordine sparso, le panelle di soia (-552 milioni di deficit), farine di soia (surplus di +51 milioni di euro), olio di soia (+181 milioni), semi di girasole (-81 milioni), olio di girasole (-533 milioni), colza (-8 milioni), farine di erba medica (+45 milioni).
Le prospettive Ocse e Fao di medio-lungo periodo ci dicono che la produzione di soia dovrebbe raggiungere entro il 2031 411 milioni di tonnellate, con un aumento dell'1% annuo nel prossimo decennio. La crescita dovrebbe essere apportata grazie all'aumento delle rese e alla crescita delle superfici coltivate, con Brasile e Stati Uniti a farla da padroni con due terzi della produzione mondiale.
Per quanto concerne la coltivazione di altri semi oleosi, in particolare colza e girasole, le produzioni saranno meno concentrate, entro un decennio, nel 2031, la produzione dovrebbe attestarsi intorno a 188 milioni di tonnellate. Prospettive di crescita per il consumo di oli vegetali, che potrebbe raggiungere le 249 milioni di tonnellate, con il 66% destinato al consumo alimentare. 410 milioni di tonnellate infine dovrebbe essere la produzione futura annua nel 2031 per le farine proteiche, quasi interamente impiegate nell'alimentazione del bestiame, e limitate da un rallentamento della crescita delle produzioni zootecniche.