Quale sarà la prossima tecnologia che rivoluzionerà il mondo dell'agricoltura? Nessuno lo sa, ma probabilmente arriverà da una startup. Realtà altamente innovative e visionarie, veloci e reattive, ma alla costante ricerca di sostegno economico e tecnologico, mentorship e accesso al mercato.

 

Per intercettare l'enorme potenziale rappresentato dalle startup molte grandi aziende del settore primario hanno creato dei propri fondi d'investimento, oppure degli acceleratori interni o più genericamente delle strategie di open innovation. Bayer ha lanciato nel 2015 Leaps by Bayer, il suo corporate venture fund attraverso il quale investe direttamente nelle startup.

 

"Investiamo sia nel campo della salute che in quello dell'agricoltura", ci racconta Derek Norman, vicepresidente di Leaps by Bayer, che incontriamo durante il World Agri-Tech Innovation Summit 2022, l'evento che si svolge ogni anno a Londra e a San Francisco e che raccoglie startup, investitori, aziende, ricercatori e agricoltori da tutto il Mondo.

 

Su quali direttrici si sviluppano i vostri investimenti?
"Abbiamo identificato quattro grandi sfide che guidano le nostre scelte di investimento: ridurre l'impatto ambientale dell'agricoltura, fornire la nuova generazione di colture salutari, sviluppare una produzione sostenibile di proteine ed infine ridurre lo spreco di cibo".

 

Partiamo dalla prima sfida, ridurre l'impatto ambientale dell'agricoltura. Come ci si può riuscire?
"Non c'è una soluzione che vada bene per tutto, ma crediamo che attraverso l'innovazione si possa ottenere una agricoltura che non solo sia carbon neutral, ma che anzi riesca a migliorare in maniera attiva il clima e l'ambiente in cui viviamo. Da questo punto di vista sono emblematici gli investimenti fatti nel settore della fertilizzazione".

 

In quali startup avete investito?
"Lo scorso anno abbiamo investito in Sound Ag, una startup californiana che ha messo a punto un prodotto per migliorare l'instaurazione di un rapporto benefico tra le piante e il microbioma del terreno. Questo permette alla coltura di assorbire meglio i nutrienti già presenti nel suolo, riducendo sensibilmente la necessità di impiegare fertilizzanti minerali o di sintesi".

 

In quali altre startup avete investito?
"Ad esempio in Joyn Bio, che lavora su microrganismi geneticamente modificati per migliorare la nutrizione e la difesa delle colture. Ma anche Pivot Bio lavora in questo settore e già negli Usa i maiscoltori possono usare i loro fertilizzanti a base di batteri azotofissatori. Inoltre investiamo anche nella tecnologia di applicazione degli agrofarmaci".

 

Ci può fare qualche esempio?
"Rantizo è una startup che si occupa di monitoraggio e applicazione mirata di prodotti tramite drone. Ma anche Guardian Agriculture lavora sullo stesso obiettivo".

 

Qual è la vostra strategia di investimento? E quali tipologie di startup cercate?
"Non abbiamo una strategia unica, ma costruiamo la partnership di investimento sulle esigenze nostre e della startup, disegnandola su misura di volta in volta. Possiamo investire in startup a livello seed come in società già avviate, le cerchiamo negli Usa, ma anche all'estero. Possiamo investire da soli, oppure insieme ad altri partner. Addirittura, come nel caso di Unfold, possiamo creare una società ex novo".

 

Di che cosa si occupa Unfold?
"Insieme al fondo di Singapore Temasek abbiamo creato questa società per sviluppare nuove sementi adatte alle vertical farm".

 

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Quando valutate una startup siete più interessati al team o alla tecnologia?
“Bella domanda, direi ad entrambi. La tecnologia è indispensabile per poi sviluppare un servizio o un prodotto, ma senza un team affiatato non si va da nessuna parte".

 

Le startup in cui investite devono trasferirsi negli Usa?
"Assolutamente no, dipende dalle loro necessità. Ad esempio Andes è una startup cilena che lavora sui microrganismi del suolo. Ma volendo entrare nel mercato statunitense ed essendo alla ricerca di nuove professionalità ha trovato conveniente spostarsi in California. Invece Apollo Agriculture è una startup keniota che fornisce ai piccoli agricoltori locali supporto tecnico, finanziario e di accesso al mercato. In questo caso non aveva senso che si muovessero da Nairobi".

 

Torniamo ai vostri obiettivi. Che cosa ci può dire rispetto alla seconda sfida: fornire la nuova generazione di colture salutari?
"Oggi le moderne tecnologie di miglioramento genetico ci permettono di avere colture buone e salutari, più efficienti nell'impiego degli input agronomici e maggiormente resistenti alle malattie. Abbiamo investito ad esempio in Pairwise, una startup che sta per lanciare una nuova varietà di insalata, dal gusto più buono e con un miglior profilo nutritivo. Ma stanno anche lavorando a more senza semi, oppure a varietà di soia con un contenuto maggiore di proteine".

 

E qui veniamo alla terza sfida: sviluppare una produzione sostenibile di proteine...
"Fornire all'umanità proteine di qualità in maniera sostenibile sarà una delle sfide del futuro. Noi abbiamo approcciato questo problema secondo tre direttrici. Prima di tutto, migliorando le performance delle colture attuali, come nel caso della soia. In secondo luogo sviluppando nuove colture con un alto contenuto di proteine. Terzo, mettendo a punto nuove tecnologie per produrre proteine".

 

A quali tecnologie si riferisce?
"Ad esempio alla cultured meat. Noi abbiamo investito in una startup che si chiama Fork&Goode che si occupa proprio di produrre carne di maiale attraverso la coltivazione cellulare. Si tratta di una tecnologia rivoluzionaria che permetterà in futuro di avere una filiera delle proteine animali più sostenibile".

 

Sia il tema dell'agricoltura cellulare che l'uso di organismi geneticamente modificati si scontrano con una opinione pubblica spesso refrattaria. Come si supera questo scoglio?
"Io credo che quando le persone possono toccare con mano i benefici di queste nuove tecnologie, che sono tra l'altro assolutamente sicure, optano per il cambiamento. D'altronde temi come la sostenibilità sono oggi di grande rilevanza. Credo che se potesse, il consumatore opterebbe per un cibo che è stato prodotto usando meno suolo, meno acqua, meno fertilizzanti o meno agrofarmaci, così come senza uccidere nessun animale".

 

Il quarto punto riguarda proprio lo spreco alimentare. C'è chi dice che invece di produrre di più dovremmo sprecare di meno.
"Abbiamo bisogno di entrambe le cose. Oggi ci troviamo davanti ad una popolazione mondiale in crescita e abbiamo il compito di fornire cibo sano e sicuro per tutti, ma in maniera sostenibile. È vero che occorre ridurre lo spreco di cibo, il cosiddetto food waste, ma dobbiamo anche essere più produttivi. Per farlo occorre ad esempio selezionare nuove varietà che siano maggiormente resistenti ai cambiamenti climatici, ma anche rigenerare i suoli agricoli".

 

In quali startup state investendo in questo frangente?
"Per migliorare la produttività dei campi Resson ha sviluppato una piattaforma di analisi dati che permette di avere delle analisi predittive sulla gestione del campo. Mentre una società come Understory, in cui abbiamo investito nel 2016, permette di assicurare i propri campi rispetto ai danni ambientali e ottenere i risarcimenti in maniera più veloce".

 

In definitiva, come vede l'agricoltura tra dieci anni?
"Credo che molte delle innovazioni su cui stiamo investendo oggi avranno applicazione in campo e spero che da parte dell'opinione pubblica ci sia maggiore accettazione delle opportunità che la scienza ci mette a disposizione".

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