La Commissione Sperimentale Nazionale (Csn) frumento duro ha tenuto l'11 ottobre scorso la prima seduta ufficiale, formulando la tendenza di mercato e il listino settimanale con i prezzi indicativi previsionali per le tre categorie merceologiche (fino, buono mercantile, mercantile), per areale di produzione (Nord, Centro, Sud).

In particolare per il frumento duro fino - peso specifico minimo 80 kg ogni 100 litri, contenuto proteico minimo 13% - la proposta di prezzo è stata di 509 euro alla tonnellata sui minimi e 514 euro sui massimi per il Nord Italia e di 508-513 per il Centro. Per il Sud - sempre per il grano duro fino, con peso specifico minimo 79 kg ogni 100 litri e contenuto proteico minimo 12%, è stato proposto il prezzo di 521 euro alla tonnellata sui minimi e di 526 euro sui massimi.

Le riunioni in questa fase sperimentale si terranno esclusivamente in videoconferenza valutando la situazione commerciale nel suo insieme e consentendo ancora la fissazione di prezzi a livello delle varie borse merci. Un passaggio essenziale per testare il funzionamento della commissione, prima di passare alla definizione di un prezzo indicativo e di una tendenza unici per tutto il mercato nazionale.

L'avvio dell'attività sperimentale della Csn, che si riunirà settimanalmente, è stata accolta con soddisfazione da Confagricoltura, che è rappresentata all'interno della Commissione da due qualificati imprenditori agricoli - Marco Caliceti e Saverio di Mola - designati per la compagine di parte venditrice.

"Stiamo lavorando
- si afferma in una nota di Confagricoltura - perché, nella Csn, ci sia piena trasparenza e una corretta visione degli scenari, con l'obiettivo di stabilire prezzi che indichino fedelmente l'andamento di mercato. L'impegno comune di parte venditrice e parte acquirente è di fare chiarezza e agire con la massima trasparenza".

La produzione nazionale di frumento duro è di 3,9 milioni di tonnellate (+1,5%). Il deficit per il fabbisogno nazionale è di circa il 40%. E secondo Confagricoltura "ci possono essere ampi margini di crescita se i cerealicoltori italiani saranno messi nelle condizioni di valorizzare il proprio prodotto, rispetto a quello d'importazione".