Restiture valore e competitività ai territori dell'Appennino attraverso la creazione di un nuovo paradigma di cibo biologico che mette al centro la salute, oltre a un modello imprenditoriale di agricoltura e di allevamento equilibrato e riproducibile. E' questo l'obiettivo del progetto AppenBio, guidato da Alce Nero, di cui sono stati presentati i risultati dei primi anni di attività questa mattina a Bologna, alla Regione Emilia Romagna.

Hanno partecipato all'evento Erika Marrone, direttore Qualità, ricerca e sviluppo Alce Nero, Giovanni Dinelli, docente dell'Università degli Studi di Bologna, Luca Berti, titolare dell'azienda La Cartiera dei Benandanti, Francesco Galli, docente dell'Università degli Studi di Perugia, Franco Berrino, medico, ricercatore e fondatore dell'Associazione La Grande Via, Marco Storchi, direttore Servizi di supporto alla persona dell'Ospedale Sant'Orsola, Tiberio Rabboni, presidente del Gal Appennino bolognese, e Simona Caselli, assessore all'Agricoltura, caccia e pesca della Regione Emilia Romagna.

I risultati dimostrano che "realizzare produzioni di elevata qualità in aree marginali, fare agricoltura e sostenere le comunità territoriali in aree lontane dalle grandi estensioni di pianura, dagli agglomerati urbani più connessi al tessuto socio-economico e dalle grandi vie di comunicazione è possibile", ha commentato Erika Marrone. "Agricoltura e allevamento biologici e sostenibili, realizzati in territori ad elevato valore ambientale, sono presupposto e garanzia per produzioni di materie prime, e quindi di alimenti, che si occupano della nostra salute, al punto da poter pensare di rientrare nella dieta dei pazienti del Policlinico Sant'Orsola".

Giovanni Dinelli ha seguito la realizzazione delle attività previste per la filiera dei cereali, con lo scopo di individuare valide possibilità di reddito per le aree interne e montane della regione: "Ci siamo concentrati in particolare sulle coltivazioni biologiche di frumenti antichi e del farro monococco - ha spiegato - che risultano avere buone capacità di adattamento a territori marginali, rappresentando una valida risorsa per restituire competitività alle aree appenniniche. Dall'analisi dei dati agronomici sono emerse una bassa incidenza delle infestanti e dei patogeni, con ottimi valori in termini di contenuto proteico".

Della filiera del latte si è occupato Francesco Galli, che ha lavorato attraverso la misurazione di ormoni steroidei nel latte vaccino, indicatore in grado di fornire elementi sia sulla qualità alimentare del prodotto, sia sullo stato di salute dell'apparato riproduttivo dell'animale. "I campioni di latte provenienti da stalle che producono latte fieno (vacche nutrite con foraggio) sembrano avere un migliore profilo degli ormoni steroidei presi in esame, con livelli più bassi sia di estradiolo sia di testosterone. Ciò suggerisce un impatto della tipologia di alimentazione sullo stato nutrizionale e sul benessere dell'animale (la vitamina E è il principale antiossidante lipidico dei tessuti), e quindi sulla qualità nutrizionale dell'alimento destinato al consumo umano".

Un ulteriore approfondimento è arrivato poi da Franco Berrino, che ha studiato la concentrazione di ormoni sessuali nel latte, poiché la contaminazione alimentare con queste sostanze può contribuire all'aumento di patologie dell'apparato riproduttivo nelle persone che lo consumano. Il suo studio ha permesso di verificare se la concentrazione di ormoni sessuali nel latte da fieno è effettivamente inferiore rispetto al latte da allevamento intensivo, come suggerito dallo studio preliminare.

Il circolo virtuoso del progetto AppenBio si conclude con la somministrazione dei prodotti ottenuti, verificando così l'obiettivo iniziale di realizzare un cibo della salute. Per questo, è stata scelta un'area particolarmente sensibile, quella dei pazienti ospedalieriMarco Storchi si è occupato dell'inserimento dei prodotti AppenBio (cereali e yogurt) nella dieta dei pazienti del Policlinico Sant'Orsola, e gli esiti sono stati decisamente incoraggianti: "Le caratteristiche nutrizionali in tutte le casistiche analizzate risultano nettamente migliori rispetto ai prodotti attuali - ha commentato - e riuscirebbero a garantire così, nell'eventualità di un'effettiva introduzione in sostituzione di prodotti standard, un valido sostegno per i pazienti".

"Le finalità del progetto AppenBio – ha aggiunto infine Tiberio Rabboni - offrono nuovo valore e opportunità all'agricoltura di montagna, confermando e rafforzando concretamente le potenzialità della strategia messa in atto dal Gal Appennino bolognese. Per questo partecipiamo convintamente con la funzione di futuri divulgatori delle acquisizioni a cui il progetto perverrà".