Ad oggi le aflatossine sono una realtà palpabile e concreta, ma è estremamente necessaria “l’analisi del contesto per capire quale sia il modo più corretto di affrontare la situazione”, come afferma Giampiero Martini, vicepresidente del Consorzio agrario di Ferrara.

Le aflatossine sono micotossine prodotte da specie fungine appartenenti alla classe degli Ascomiceti (genere Aspergillus) oppure da alcune muffe che si trovano in particolare nelle aree caratterizzate da un clima caldo e umido.
Si tratta di elementi tossici che possono contaminare anche sostanze e prodotti alimentari come granturco, frutta a guscio, grano, soia, spezie, olii vegetali grezzi e semi di cacao.

Attualmente, sul panorama europeo, sono attivi il regolamento dell’Unione Europea n. 1881/2006 e la direttiva 2002/32/CE, che stabiliscono i livelli massimi di aflatossine consentiti per l’immissione degli alimenti sul mercato, comprese le materie prime per i mangimi.

I limiti imposti dalla normativa europea, tuttavia, sono molto più restrittivi rispetto a quelli consentiti in altri mercati (come ad esempio quello statunitense) lasciando spazio, dunque, ad una situazione in cui paradossalmente il mais europeo potrebbe essere venduto sul mercato statunitense ma non in Europa.

La disparità tra i livelli consentiti nelle varie parti del mondo crea notevoli disagi e restrizioni agli agricoltori europei, soprattutto dell’area mediterranea.

Per questo motivo - continua il vicepresidente Martini -  si auspica ad una uniformità nella regolamentazione internazionale che pareggi dei dati oggi discordanti. Rimangono al centro, naturalmente, i valori di assoluta tutela della sicurezza alimentare dei consumatori, ma accanto a questi si deve aggiungere un ragionevole allargamento di limiti troppo restrittivi per la realtà europea”.