Soprattutto, Constantin da ministro agricolo del suo Paese dovrà gestire alcuni passaggi importanti, come la liberalizzazione del mercato fondiario a partire dal 2014. Un aspetto che sta togliendo il sonno a più di un agricoltore locale.
Dai dati forniti dalla Direzione generale del ministero, che comprendono alcune elaborazioni sul 2011 (dati dunque non definitivi), si evince che il trend dell’agricoltura è in crescita, con la previsione di passare dal 6 al 6,5% del Pil nazionale.
Ministro, la Romania è uno Stato dell’Ue dal 2007. Come è cambiata in questi cinque anni l’agricoltura rumena?
“Ci sono stati un sacco di cambiamenti, forse non così rilevanti come ci saremmo aspettati, ma questi cambiamenti sono evidenti.
Non ho intenzione di fare un inventario sulle modernizzazioni del food processing a standard europei o di aziende dotate di tecnologie moderne, di chilometri di strade, di posti di lavoro creati nelle aree rurali (in grado di sostenere anche attività alternative).
Credo, piuttosto, che sia più importante quello che l’adesione all’Ue ha comportato: un cambiamento di approccio, sia dal lato degli operatori economici che sul fronte del governo. Abbiamo imparato insieme come progettare, valutare e realizzare progetti, abbiamo imparato insieme come leggere le mappe digitalizzate e in particolare su come lavorare con il sistema bancario".
Quale è stato il contributo dell’Unione europea?
“Il contributo dei fondi comunitari è stato determinante, ma non possiamo trascurare il sostegno grazie al bilancio dello Stato, che è stato concesso sotto forma di co-finanziamento per i Programmi di sviluppo rurale o come pagamenti diretti nazionali complementari, o ancora agli aiuti di Stato. Quando guardiamo al futuro, dobbiamo tener presente che a livello mondiale vi è una continua richiesta di cibo.
In questo contesto, ritengo che sia interesse della Romania valorizzare il suo intero potenziale agricolo, per continuare la ristrutturazione e la modernizzazione dei processi e individuare nuovi mercati. Sicuramente, ciò dipende dalla nostra capacità di migliorare le infrastrutture rurali e di creare fonti alternative di reddito, perché sono tra le nostre priorità di finanziamento quelle destinate a stimolare i giovani agricoltori e la crescita economica.
Allo stesso tempo, un altro obiettivo importante per noi è la gestione delle acque. Sulla base delle future prospettive finanziarie (2014-2020), la Romania contribuirà con i fondi strutturali a ristrutturare il sistema di irrigazione: abbiamo in programma di ristrutturare infrastrutture irrigue in grado di coprire una superficie di 800mila ettari. Questo con l’obiettivo di ottenere raccolti stabili e di elevata qualità e contemporaneamente di combattere la desertificazione”.
Quali saranno le priorità del suo mandato e quali sono le esigenze dell'agricoltura rumena?
“Tra le mie priorità vorrei sottolineare quelle destinate a stimolare la crescita della competitività degli agricoltori rumeni: accelerare sull’utilizzo dei fondi Ue e fornire tutto il supporto necessario per un uso efficace dei fondi; aumentare la dimensione media delle aziende e sostenere i processi di ricomposizione fondiaria; istituire un sistema di irrigazione moderno e attuare misure complementari per combattere gli effetti della siccità sulle colture; modernizzare le strutture agricole; ristabilire la catena di fornitura dei prodotti e l’organizzazione del mercato”.
Quanti sono gli investitori stranieri?
“A partire dal 1991, la nostra legislazione è stata sviluppata in modo da attirare gli investimenti stranieri nella nostra economia, anche in agricoltura. Per stimolare l’interesse degli investitori stranieri per lo sviluppo di nuovi progetti di investimento in agricoltura, la nostra legislazione nazionale è stata adeguata durante tutto questo periodo, al fine di individuare le soluzioni migliori e più efficaci sia per gli investitori che per il nostro settore agroalimentare.
Attualmente, a livello nazionale sono circa 800mila gli ettari gestiti da cittadini stranieri o da società estere. Il mercato fondiario sarà liberalizzato a partire dal 1° gennaio 2014, come previsto nel trattato di adesione”.
Pensa che gli investimenti stranieri debbano essere incentivati, fermati o regolamentati meglio? E in quale direzione?
“Penso che la soluzione migliore sia quella di sviluppare il quadro legislativo. La nostra agricoltura ha bisogno di investimenti, sia nazionali che esteri. Pertanto, stiamo valutando di creare un organismo per gestire una parte del mercato dei terreni con l’obiettivo di stimolare la ricomposizione fondiaria. Nel frattempo, consideriamo di fissare alcuni paletti: il limite massimo di terreno che può essere acquistato e anche una certa esperienza nel settore agricolo che l’acquirente deve avere.
Sono d’accordo che il nostro ministero deve individuare le linee guida necessarie per l’attuazione delle politiche di investimento. E quando si tratta di terreni agricoli siamo preoccupati non solo sui criteri di acquisto, ma anche sui criteri di locazione dei terreni”.
Lei è rumeno come il commissario Ciolos. Concorda sulla proposta di riforma della Pac Ciolos?
“La riforma della Pac proposta da Ciolos riflette la comprensione che gli Stati che hanno aderito all’Ue più di recente hanno bisogno di sviluppare il settore e la preoccupazione per una migliore preparazione per affrontare nuove sfide: lo sviluppo sostenibile, l’occupazione, i cambiamenti climatici.
Nel complesso, la Romania è d’accordo con i principi e gli obiettivi della riforma, ma durante il dibattito sulla riforma della Pac, compresi gli incontri del Consiglio, la Romania ha promosso i propri interessi e ha espresso le sue opinioni che si riferiscono in particolare alla semplificazione, alla necessità di sostenere i giovani agricoltori, una definizione semplice e chiara di agricoltore attivo, un buon equilibrio in termini di tutela ambientale, garantire la sicurezza alimentare e costanti investimenti nelle aziende agricole e nelle infrastrutture".
Quali parti di riforma della Pac vorrebbe migliorare?
“Per la Romania è molto importante poter attirare i giovani in agricoltura. Date le nuove sfide, le nuove tecnologie, i complessi meccanismi di condizionalità, va preso atto di una crescente richiesta di cibo, dobbiamo incoraggiare i giovani agricoltori qualificati che sono in grado di soddisfare tutti questi requisiti e dare risposte a questi cambiamenti. Pertanto, sosteniamo la proposta del Commissario di applicare il regime di giovane agricoltore su base obbligatoria, ma crediamo che per un migliore impatto del regime, la percentuale attribuita debba essere aumentata dal 2% al 5% (dal massimale nazionale), e la soglia massima dovrebbe essere istituita per 100 ha.
Allo stesso tempo, il programma scolastico deve essere rivisto in modo che le persone possano essere adeguatamente istruite e, quindi, poter acquisire solide competenze tecniche nel settore agricolo, le competenze imprenditoriali e tutto il know how necessario”.
Sul greening?
“Si potrebbe concordare il 30%, ma se si desidera che il sistema diventi più semplice e più flessibile, le modifiche proposte sono: aumentare a 10 ha l’area destinata alla diversificazione delle colture, ridurre il 7% di greening con l’impostazione di una soglia massima per azienda espressa in ha e prevedere l’ammissibilità delle colture proteiche. Inoltre, rivedere il sistema sanzionatorio”.
Cosa dice, ministro, della ripartizione dei fondi?
“Sosteniamo la proposta della Commissione sul bilancio della Pac 2014-2020 (l’intervista è avvenuta prima dell’ufficialità dello slittamento a “non prima del 2015”, ndr) e crediamo che qualsiasi tipo di riduzione comprometterà notevolmente la sicurezza alimentare, la posizione dell’agricoltura europea sul mercato globale, il reddito degli agricoltori e la loro competitività.
La ripartizione dei fondi tra gli Stati membri per quanto riguarda i pagamenti diretti, come proposto dalla Commissione, rappresenta una soluzione parziale all’iniquità e alle lacune storiche. Abbiamo proposto una formula di convergenza più ambiziosa (2/3 in base alla differenza tra il livello attuale dei pagamenti diretti e il 100% della media Ue), tenendo inoltre conto della superficie di 12 milioni di ettari per la Romania, tra cui l’assegnazione di diritti alle aziende zootecniche di conversione Uba (unità di bestiame) in ettari.
Quanto ai fondi di sviluppo rurale, proponiamo di applicare i criteri oggettivi sulla base del Pil, tenendo anche conto della ripartizione precedente (prendendo il 2013 come anno di riferimento). Allo stesso tempo, siamo interessati a mantenere l’attuale riparto di co-finanziamento e pre-finanziamento”.
Potrebbe essere possibile raggiungere un accordo sulla riforma della Pac fino al prossimo giugno e per iniziare con una nuova Pac in tempo? Ritiene che sarà possibile dare il via alla riforma della Pac nel 2014 con il secondo pilastro su 2014 e nel 2015 con il primo pilastro?
“Penso che tutti gli Stati membri desiderino raggiungere un accordo entro il prossimo giugno, in modo da poter completare il processo di adozione della legislazione necessaria e preparare gli agricoltori e l’amministrazione in tempo. Sicuramente questo processo può essere ostacolato, ma credo che ci siano ancora premesse favorevoli a tale riguardo. Speriamo che i due pilastri inizino contemporaneamente nel 2014”.
Il prossimo aprile 2015 il regime delle quote latte finirà. Come sta andando il settore lattiero caseario in Romania e quali sono le sue aspettative per il mercato libero?
“Abbiamo analizzato le possibili conseguenze del regime delle quote. Purtroppo, vista la crisi del mercato del latte, vista la forte flessione del prezzo del latte crudo, conseguenza della crisi economica e finanziaria, ma soprattutto a causa della cattiva organizzazione del settore della produzione nel nostro Paese, riteniamo che i produttori rumeni non siano preparati a fronteggiare la soppressione del sistema delle quote.
Negli ultimi anni, il processo di organizzazione di allevatori è stato accelerato. Insieme con i produttori, abbiamo sviluppato una legislazione nazionale in materia di contratti di fornitura obbligatori, allo scopo di aumentare il potere negoziale dei produttori. Tuttavia, riteniamo che questa soluzione potrà dare i risultati attesi a lungo termine.
Pertanto, la Romania insieme ad alcuni altri Stati membri ha iniziato il dibattito sull’opportunità di estendere il sistema delle quote o di trovare una soluzione con effetti equivalenti”.